Nel Lazio boom di detenuti minorenni italiani

«Nel Lazio cambia il volto della detenzione minorile. Se, fino a pochi anni fa, detenuti minorenni e giovani in carico ai Servizi Minorili erano in maggioranza stranieri, negli ultimi tempi è cresciuta in maniera preoccupante la quota degli italiani. Cambia anche il tipo di reati: gli stranieri commettono soprattutto reati contro il patrimonio, (furti) gli italiani sono autori di condotte più gravi. I dati sono stati diffusi alla presentazione del Protocollo d’Intesa fra Garante dei Detenuti Angiolo Marroni e Donatella Caponetti, Dirigente del Centro per la Giustizia Minorile del Lazio, organo decentrato del Dipartimento Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia». Lo comunica, in una nota, l’ufficio regionale del garante dei detenuti.
«Nel 2009 all’Istituto Penale Minorile (IPM) di Casal del Marmo – prosegue la nota – si è registrato un aumento delle presenze medie giornaliere, con 52,2 ragazzi a fronte dei 49,6 del 2008 e dei 46 del 2007. In valore assoluto lo scorso anno all’IPM sono passati 192 giovani: 50 italiani (48 uomini e 2 donne, la maggioranza fra i 16-17 anni) e 142 stranieri (97 uomini e 45 donne). Gli italiani sono passati dagli 8,1 di media del 2007 (17,6%) ai 17,8 del 2009 (34,1%), Scende la media degli stranieri passati dai 37,9 del 2007 (82,3%) ai 34,4 dello scorso anno (65,9%). Per quanto riguarda le imputazioni, gli stranieri sono accusati sopratutto di reati contro il patrimonio. Più gravi i reati dei minori italiani: omicidio (2 accusati), tentato omicidio (6), violenza sessuale di gruppo (3), rapina (22) ed estorsione (5 accusati). Lo scopo del Protocollo è di garantire i diritti fondamentali alla formazione professionale, allo studio, alla salute e al reinserimento sociale dei giovani reclusi mediante la promozione di interventi di qualità e di misure strutturali volte a migliorare i Servizi offerti ai minori detenuti». «La Giustizia minorile – ha detto il garante dei detenuti Angiolo Marroni – è un pezzo pregiato del nostro sistema di esecuzione penale preso ad esempio in Europa visto che le professionalità che vi lavorano si sono dimostrate all’altezza dei cambiamenti che si registrano negli ambiti giovanili. Da anni lavoriamo, con reciproca soddisfazione, con il Centro per la Giustizia Minorile del Lazio perché siamo convinti che, in una fase socialmente critica come quella attuale, è importante assicurare una rete di garanzia ai minori che hanno problemi con la giustizia. In più, la giustizia minorile presenta numerosi ambiti di riflessione per il mondo giudiziario degli adulti come la gestione del trattamento del minore, in carcere e fuori, e in particolare alla messa in prova. Una misura che, pur essendo punitiva, ha dato risultati positivi per ridurre l’ingresso in carcere».
«L’intesa prevede una ‘collaborazione fra le partì – conclude la nota – per garantire l’attuazione della protezione giuridica del minore, del trattamento, della prevenzione e del recupero della devianza minorile. Gli ambiti riguardano problematiche relative alla condizione e alle esigenze di minori e giovani adulti sottoposti a procedimento penale e del personale che con essi lavora: per i giovani la collaborazione riguarda attività culturali, sportive, di orientamento e formazione-lavoro e di mediazione culturale. Per il personale, attività di formazione e aggiornamento, di studio e ricerca mediante seminari e spazi di riflessione e valutazione congiunta sulle tematiche di rilievo del settore penale minorile. Il Centro Giustizia Minorile si impegna a favorire la collaborazione con i Servizi minorili dipendenti e a fornire al Garante dati ed elementi sul fenomeno della devianza minorile e sulla operatività dei servizi minorili del Lazio.
Nel Lazio il Centro per la Giustizia Minorile si occupa dell’IPM di Casal del Marmo, del Centro di Prima Accoglienza di Roma, dell’Ufficio di Servizio Sociale per i minorenni di Roma con sedi staccate a Latina e Frosinone». «Il rischio che oggi corre la Giustizia Minorile – ha concluso Marroni – è quello di perdere la sua autonomia, in nome dell’ottimizzazione delle risorse, per essere accorpato nell’organizzazione del Ministero della Giustizia. Siamo fortemente preoccupati perché affossare questa esperienza nell’organizzazione ministeriale, significa non solo disperdere professionalità, competenze e sensibilità ma, soprattutto, decretare la fine di una esperienza molto positiva. Se proprio occorresse una ristrutturazione, per mantenerne l’autonomia si potrebbe pensare ad un ritorno della Giustizia Amministrativa all’interno del DAP , come è stato in passato».
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