Anni Novanta, cancellato l’ergastolo a Ettore Mendico

15/10/2010 di
zagaria_michele

Confermata la condanna all’ergastolo per il boss della camorra Michele Zagaria (nella foto, latitante da diversi anni e ritenuto da tempo uno dei capi dei Casalesi); riduzione delle pene per altri 6 imputati, per uno dei quali è stata cancellata la condanna del carcere a vita.

È l’esito del processo d’appello nell’ambito dell’inchiesta di Latina denominata “Anni Novanta” che vedeva davanti ai giudici di secondo grado sette persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidio ed estorsione.

In particolare, la prima Corte d’assise d’appello di Roma, presieduta da Guido Catenacci, ha inflitto l’ergastolo a Zagaria, cancellando la pena a vita per Ettore Mendico (ritenuto il capo di un gruppo criminale del sud pontino, è stato comunque condannato a 12 anni per il reato associativo), e condannando Orlandino Riccardi a 12 anni, Domenico Buonamano e Antonio Antinozzi a 7 anni ciascuno, Luigi Pandolfo a 5 anni, nonchè Antonio La Valle a 2 anni e 8 mesi di carcere. Tutte pene, queste, ridotte rispetto a quelle inflitte in primo grado il 17 luglio 2009 dalla Corte d’assise di Latina.

Per quanto riguarda lo specifico delle contestazioni, Zagaria e Mendico erano stati processati perchè accusati degli omicidi dell’imprenditore Giovanni Santonicola e del sorvegliato speciale Rosario Cunto. I giudici d’appello hanno ordinato la trasmissione della sentenza al pm di Latina per le sue valutazioni in ordine alla posizione di Francesco Bidognetti, ritenuto elemento di spicco della fazione dei Casalesi, in relazione proprio all’omicidio di Santonicola.

Le indagini dei carabinieri di Latina, iniziate nel 2005 in collaborazione con la procura di Napoli, partirono proprio
dall’uccisione, nel 1990, a Santi Cosma e Damiano, dell’imprenditore Giovanni Santonicola. Ritenuto dagli inquirenti legato al clan La Torre, secondo l’accusa fu ucciso per vendicare la morte di Alberto Beneduce. Ma nell’inchiesta finì anche l’omicidio di Rosario Cunto, un sorvegliato speciale della polizia ucciso nello stesso anno. In sede di giudizio di primo grado, la Corte d’assise di Latina ritenne reale l’esistenza di un’associazione mafiosa nel sud pontino, costola dei Casalesi, e ritenute provate le responsabilità per l’estorsione alla ditta dell’imprenditore fondano Giovanni Grassi. Con la condanna dei sei imputati, oggi i giudici d’appello hanno confermato l’esistenza, a loro avviso, dell’associazione.