BLOG – So’ de Latina. Elogio degli anni Ottanta

07/07/2020 di

Amo i bambini perché sono spontanei. Non tutti eh. Ci sono dei bambini che quando compiono qualche marachella perdono la loro spontaneità negando spudoratamente il fatto. Sono spontaneamente bugiardi.
Ma è giusto. Perché dovrebbero dire sempre la verità? Una piccola bugia a fin di bene è lecita.
Invece tutti a ripetere ai bambini “Devi dire la verità!”
Ok.

Oggi due bambini mi hanno detto che avevo i peli sotto le ascelle, con aria beffarda.
Viva la sincerità a caso.
Ricordavo di essermi depilata due giorni prima, con la lametta. Ho alzato il braccio per controllare ed ecco la verità: un po’ di ricrescita, ma quella ricrescita di mezzo millimetro che potresti anche tagliare ma pensi “vabbè, aspetto domani che sono troppo corti”.
Invece no. Per quei bambini erano troppo lunghi.

Ho spiegato loro che tutte le donne hanno i peli, che tagliarli con la lametta è diverso dalla ceretta e che comunque la ricrescita è un fatto naturale. Continuavano a guardarmi con aria beffarda.
Ok.

Ma io li capisco i bambini di oggi, sono nati nell’epoca del Silk-Epil 9 (che male) e del Gilette Venus, dove negli spot la ragazzina preadolescente è scontrosa e nervosa perché ha i primi peletti. La mamma le regala la lametta e finalmente la preadolescente è felice.
Una volta era la Mulino Bianco che rendeva le famiglie felici. Cosa è successo?
Ho sempre preferito i Pan di Stelle alle lamette.
Ma io sono degli anni Ottanta.

Ecco, forse in quest’epoca di bellezza e aspirazione alla perfezione, avremmo tutti un po’ bisogno degli anni Ottanta. Delle spalline nelle giacche, dei capelli bruciati dalla permanente che altro che Pantene. De “n’ascella sì, n’ascella no”.
L’epoca in cui una Ferragni, per essere consacrata a icona di stile, avrebbe dovuto almeno essere in grado di fare qualcosa. Tipo cantare. E invece ora si canta perché si è fighi e non viceversa.

Aspettate però. Non voglio dire che gli anni Ottanta sono bellissimi.
Della mia infanzia, ricordo tante cose spaventose e brutte, tra cui la copertina “Zerofobia” di Renato Zero. Mio padre aveva quell’album e io ero terrorizzata dall’immagine di Renato Zero, con la faccia dipinta di bianco e vestito come un Pierrot arrabbiato. Ora capisco perché si chiamava Zerofobia. Queste immagini degli anni Ottanta le eviterei volentieri ai bambini.
Ora che ci penso, però, i nostri bimbi hanno Achille Lauro. Anche alcune cose degli anni Duemilaventi le eviterei volentieri.
Scherzo. Forse.
Chiedo alla Ministra Azzolina di inventare una cattedra per l’ “educazione alla relatività del canone estetico”.

“Sofia, come è andata oggi?”
“Bene mamma, ho preso nove all’interrogazione di educazione alla relatività del canone estetico”.
“Brava! Almeno impari un mestiere, le estetiste guadagnano un sacco di soldi! Vuoi fare pratica con me? Mi metti lo smalto?”
“Mamma, sei bellissima così. Ho fame, mangiamo i Pan di Stelle?”
“Sì tesoro”

L’amore trionferebbe e la Mulino Bianco, industria italiana, recupererebbe il primato di azienda produttrice di felicità.
Viva il made in Italy.