TUMORE AL POLMONE, ARRIVA IL FARMACO BIOLOGICO

24/06/2010 di

Una rivoluzione terapeutica segna l’inizio del tramonto della chemioterapia per il tumore del polmone. Un tumore che nella forma maligna ha visto in un anno più di 66mila italiani ricoverati, dei quali 7357 nel Lazio. La nuova frontiera, già disponibile, è rappresentata da un farmaco biologico appena arrivato in Italia: basta una compressa al giorno, da prendere a casa, e il tumore, nella gran parte dei casi, regredisce. Una rivoluzione, impensabile fino a poco tempo fa, messa a punto anche grazie alla Ricerca italiana coinvolta nelle principali sperimentazioni con 50 Centri su tutto il Territorio nazionale.

Una buona notizia per i malati di tumore al polmone – sono tantissimi anche nel nostro Paese – ma anche una doccia fredda per i fumatori: per loro questa terapia non funziona. Il farmaco (il nome chimico è gefinitib), infatti, è efficace sui malati di tumore al polmone ‘non a piccole cellule’ (sono la maggioranza, 80 su cento dei pazienti) che presentano una particolare mutazione del gene EGFR . Questa mutazione si trova quasi sempre solo in chi non ha fumato o in ex fumatori da lunga data e nelle donne.

Sembra quasi essere una ‘punizione’ per i fumatori. Ma le novità – purtroppo ancora pessime per i fumatori – non terminano qui. In Italia da poco tempo c’è anche un altro farmaco biologico – si chiama erlotinib, simile al gefitinib  – anche questo in compressa, che oggi viene usato al fallimento della chemioterapia, quindi in seconda o terza battuta su  pazienti non selezionati per caratteristiche cliniche o biomolecolari. Questo farmaco è al centro dello studio europeo EURTAC: con 40 Centri spagnoli (fra i quali il Coordinatore dello Studio, Rafael Rosell), 10 Centri italiani (coordinati da Filippo de Marinis) e 20 Centri francesi. Grazie a questo studio, e  anche grazie alla luce delle conoscenze  provenienti dallo  studio italo-canadese TORCH (con Cesare Gridelli tra i coordinatori internazionali dello studio), potrebbe essere prescritto subito. Infatti, oggi il farmaco erlotinib viene usato al fallimento della chemioterapia, entro il prossimo anno si potrà usare alla fine della chemioterapia per “mantenere” il risultato ottenuto e presto, forse già alla fine del prossimo anno,  potrebbe essere prescritto subito, in prima battuta ai malati che presentano la particolare mutazione genica di EGFR, come abbiamo detto  poco presente nel fumatore. Così come il gefitinib.  Ed infine, si profila l’arrivo di un terzo farmaco – si chiama crizotinib – anche questo in compressa, legato anche esso  ad una mutazione genica  (quella del gene ALK), quasi sempre assente, sembra una costante, nel tumore del fumatore. «I farmaci biologici bloccano il tumore e, in molti casi, lo fanno regredire ma soprattutto non danno quegli effetti tossici negativi che, purtroppo, sono correlati alla chemioterapia» dice Filippo de Marinis Presidente della II Italian Conference on Thoracic Oncology (CIOT), promossa dall’Associazione Italiana Oncologia Toracica (AIOT) presieduta dallo stesso de Marinis, che si inaugura venerdì mattina all’Auditorium della Musica, presentata in una conferenza stampa.

«E’ una svolta clamorosa – aggiunge de Marinis – al punto che i più noti esperti al mondo sono giunti a Roma al Congresso CIOT proprio per disegnare il percorso terapeutico al quale dovrebbero attenersi i Clinici. In pratica, a Roma si decreta l’inizio del tramonto dell’era della chemioterapia nel cancro del polmone, con la sua drammatica tossicità, i suoi pesanti effetti collaterali, i suoi limiti temporali (non si può protrarre oltre 4-6 cicli) e di efficacia (solo un paziente su quattro ne trae vantaggio). Un tramonto da sempre atteso perché la chemioterapia agisce sia sulle cellule tumorali che quelle sane mentre la compressa salva in gran parte quelle non malate. E poi tutto il bagaglio di flebo, iniezioni, sale d’attesa e day hospital. Anche se, è bene sottolinearlo, la chemioterapia resta un’arma importante nelle mani del medico perché queste nuove terapie sono efficaci solo su alcune categorie di pazienti con tumore al polmone».

Una doccia fredda per i fumatori. «L’arrivo di queste nuove terapie è una buona notizia per tutti i malati di tumore al polmone ma è una doccia fredda per i fumatori – aggiunge Cesare Gridelli, segretario dell’Associazione Italiana Oncologia Toracica (AIOT) – perché per loro ci sono pochi farmaci. Le sostanze biologiche che vengono presentate alla CIOT di Roma sotto forma di compressa quotidiana al posto della chemioterapia o al suo termine funzionano soprattutto nei pazienti colpiti da  particolari forme di tumore del polmone “non a piccole cellule”, quelle presentano particolari mutazioni geniche.Quest’ultimo è un elemento cardine per poter intraprendere questa terapia. Queste mutazioni, che si rilevano con un esame specifico dopo la biopsia, si trovano quasi sempre in malati che non hanno mai fumato e nelle donne.  I malati con tumore che presentano la mutazione genica EGFR sono il dieci per cento, quelli con mutazione ALK il cinque.  In totale, 15 pazienti su cento possono trarre vantaggio da queste nuove terapie. Solo una parte dei malati di tumore, dunque, ma sono pur sempre tanti considerata l’elevata incidenza di questo big-killer (più di un milione e 200mila casi all’anno nel mondo e 40mila in Italia). E’ un grande passo in avanti, al punto che da tutto il mondo gli esperti vengono a Roma proprio per disegnare il percorso terapeutico e intravedere gli sviluppi a breve termine».

Tumore al polmone nel Lazio: tutte le cifre. In un anno i ricoveri ospedalieri per tumori maligni dei bronchi e dei polmoni nel Lazio sono stati 7357, tra regime ordinario (5850) e day hospital (1507). I ricoveri hanno interessato soprattutto gli uomini (5404) rispetto alle donne (1953). La fascia d’età più interessata è stata quella degli over 65.

Il tumore al polmone in Italia. Tutte le cifre. Il tumore del polmone rappresenta la prima causa di morte per neoplasia nei Paesi industrializzati. La sua incidenza è in costante e continuo aumento. In Italia il numero dei nuovi casi per anno si aggira intorno ai 35-40 mila. L’incidenza aumenta con l’aumentare dell’età: alla diagnosi l’età media dei pazienti è 60 anni, oltre un terzo di nuovi casi è diagnosticato in soggetti di età superiore ai 70 anni. Negli USA rappresenta la principale causa di morte nel sesso maschile ed ha ormai superato il cancro della mammella nel sesso femminile portandosi al primo posto nella mortalità. I principali responsabili dell’incremento dell’incidenza dei tumori polmonari sono anche l’inquinamento atmosferico e l’esposizione ad agenti tossici di origine industriale ma, soprattutto il fumo di sigaretta il cui consumo è in aumento costante  (25% della popolazione italiana).

La relazione tra neoplasia polmonare e fumo è ormai dimostrata da ampie casistiche ed è stato stimato che i forti fumatori (più di 40 sigarette al giorno) abbiano un rischio 60 volte superiore ai non fumatori di sviluppare la malattia. Lo stesso rischio diminuisce in rapporto al numero di anni dalla cessazione del fumo.

Mentre per annullare il rischio cardiovascolare legato al fumo sono necessari 3-4 anni, per portare il rischio oncologico quasi pari a quello di un non fumatore sono necessari 10-15 anni ed il rischio è azzerato se si smette di fumare prima dei 35 anni.

Nel nostro Paese in un anno si sono registrati 66.368 ricoveri ospedalieri per tumore maligno dei bronchi e dei polmoni e hanno interessato nella grande maggioranza dei casi gli uomini (51.645 contro 14.723 donne). La fascia d’età più colpita quella degli over 65 anni.

Sempre nell’ambito delle neoplasie, senza fare distinzioni sul tipo di tumore trattato, anche i ricoveri per chemioterapia rappresentano un aspetto imponente del Servizio Sanitario Nazionale. Infatti, in un anno si sono registrati 241.566 ricoveri, tra regime ordinario e day hospital, sia uomini che donne.

De Marinis – La lotta al tumore del polmone ha nuove armi: i farmaci biologici.

«Particolari fattori di crescita- dice Filippo de Marinis, Direttore della I Unità Operativa di Pneumologia Oncologica dell’Azienda Ospedaliera San Camillo – Forlanini di Roma – riescono ad entrare nelle cellule tumorali e ne provocano la moltiplicazione dando origine a metastasi a distanza. Attualmente si ricorre ai chemioterapici per combattere il tumore nella consapevolezza che la chemioterapia colpisce tutte le cellule che incontra senza fare distinzione: distrugge le cellule tumorali ma anche quelle sane. Inoltre, dobbiamo sperare che distrugga più cellule tumorali possibili. I nuovi farmaci “intelligenti” – a bersaglio molecolare, non tossici – non vanno ad aggredire le cellule ma “intelligentemente” puntano solo a quelle malate e si posizionano proprio su quella porta d’ingresso della cellula dove entrano i fattori di crescita, in pratica una sorta di ‘tappo’. Il vantaggio quindi è duplice: non solo non aggrediscono le cellule sane ma agiscono su tutte le cellule malate, nessuna esclusa. I farmaci biologici anti-EGFR sono già disponibili, si tratta di compresse, e si chiamano: erlotinib, gefinitib (in Italia da una settimana) e crizotinib (nel prossimo futuro). Hanno una grande potenzialità ma con un limite: agiscono solo su pazienti che presentano particolari mutazioni geniche, sono circa il 15 per cento della totalità di quelli con tumore del polmone, tutti per lo più non fumatori, in grande prevalenza donne. Il 10 per cento può essere trattato con un farmaco, il gefitinib, (inibitore delle tirosin-chinasi del recettore di epidermal growth factor (EGFR), il 5 con il crizotinib nel prossimo futuro, inibitore del gene ALK. L’erlotinib, un’altra molecola che si assume ugualmente in compresse giornaliere a casa, rappresenta l’altra possibilità terapeutica innovativa che è quella di potere continuare il trattamento dopo la chemioterapia iniziale in pazienti con EGFR se la stessa ha solo fermato e non ridotto la malattia. Questo capita in un paziente su due con malattia avanzata. Da due anni in Italia somministriamo l’erlotinib al fallimento della terapia chemioterapica e presto, ci auguriamo già a partire dall’inizio del 2011, sarà possibile darlo alla fine della chiemio per ‘mantenere’ la stabilità ottenuta con la terapia tradizionale. La chemioterapia,infatti, non può essere protratta oltre un certo periodo perché i danni provocati alle cellule sane rischiano di essere superiori ai vantaggi ottenuti sulle cellule malate: per questo la chemio si interrompe alla fine dei primi 2-3 mesi, anche in presenza di risultati positivi  e si riprende solo alla ricomparsa del cancro. L’introduzione dell’erlotinib mette in condizioni il medico, dopo i primi 4 cicli di chemioterapia, di passare a questa nuova terapia che, non avendo gli effetti devastanti sulle cellule sane, continua ad agire su quelle malate. Ed è proprio sull’erlotinib che è incentrato lo studio EURTAC condotto su 170 malati in collaborazione fra i dieci Centri italiani (che ho l’onore di coordinare) e gli altri 60 Centri del Gruppo Spagnolo del Cancro del Polmone (GECP con il coordinatore principale Rafael Rosell) e francesi. I risultati sono attesi per l’anno prossimo ma visto come stanno andando le Ricerche si ritiene che a dicembre si possano già conoscere. Un’anticipazione alla Conferenza: il farmaco utilizzato fin dall’inizio al posto della chemioterapia nei pazienti con mutazione genica, dà migliori risultati rispetto alla chemioterapia e in pazienti non fumatori e donne».

Gridelli: perché la compressa funziona solo se c’è la mutazione genica. «Lo studio clinico multicentrico randomizzato di fase III TORCH (Tarceva or Chemotherapy) – aggiunge Gridelli, Direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia e Direttore dell’Unità Operativa di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera “S.G. Moscati” di Avellino – che ha coinvolto 40 Centri italiani e 10 canadesi (che ho coordinato insieme ai colleghi Ronald Feld di Toronto, Charles Butts di Edmonton, Fortunato Ciardiello, Ciro Gallo e Francesco Perrone di Napoli e sponsorizzato dall’Istituto Tumori di Napoli)  dimostra che il tumore del polmone ‘non a piccole cellule’ può essere aggredito dal farmaco biologico erlotinib: basta una compressa al giorno, nessuna chemioterapia, ma solo in presenza nel tumore di una particolare mutazione genica chiamata EGFR. Adesso viene utilizzato in seconda o terza battuta dopo la chemioterapia. Lo studio dimostra che può essere essere utilizzato in prima battuta non su tutti i pazienti  ma solo in soggetti con la mutazione genica EGFR. I pazienti – 760 non selezionati – sono stati divisi in due gruppi. I pazienti del primo gruppo sono stati trattati inizialmente con la chemioterapia tradizionale e, successivamente, a quelli che hanno mostrato un peggioramento è stata somministrata la compressa. I pazienti del secondo gruppo, invece, hanno ricevuto subito il farmaco biologico e successivamente, in caso di peggioramento, la chemioterapia tradizionale.  Dallo studio, che illustrerò ampiamente al vertice di Roma dopo la relazione orale all’ASCO a Chicago, è emerso che l’erlotinib in prima battuta non funziona e quindi non va usato in prima linea indiscriminatamente su tutti i pazienti ma funziona maggiormente nei pazienti con tumore con mutazione di EGFR. Mutazione presente, soprattutto, nei non fumatori e nelle donne».

«In pazienti con tumore ‘non a piccole cellule’ – aggiunge Gridelli- è possibile trovare, ancora una volta esaminando il tessuto prelevato con la biopsia, una nuova mutazione genica, denominata ALK (Anaplastic Linfoma Kinasi). Ebbene, in questi soggetti somministrando come prima linea di trattamento un farmaco biologico il cui nome chimico è crizotinib, anche questo con una compressa giornaliera, si ottiene una regressione tumorale nel 90 per cento dei casi. Inoltre, in circa la metà in soggetti pretrattati che avevano ricevuto più cicli di chemioterapia si ottengono grandi vantaggi. Purtroppo la mutazione, anche in questo caso, è presente quasi sempre in chi non ha fumato e in chi ha smesso da molto tempo. Si trova nel cinque per cento di tutti i pazienti con tumore polmonare, fumatori e non. Sembra poco ma si va ad aggiungere a quel dieci per cento che presenta l’altra mutazione genica. C’è poi un altro farmaco biologico, il nome chimico è bevacizumab, anticorpo monoclonale inibitore dell’angiogenesi che blocca il fattore di crescita endoteliale, in pratica “affama” il tumore. Si può utilizzare solo nel cancro tumore ‘non squamoso’ che è presente soprattutto nel non fumatore dove prevale, invece, il tumore ‘squamoso’. Ancora una volta a rimetterci sono i fumatori».

Come si scopre la mutazione. «L’esame – spiega de Marinis – si fa solo con la biopsia, possibile solo quando il tumore non è in area periferica (qui si utilizza l’ago aspirato). Occorre un frammento di polmone che va inviato ai Centri di anatomia patologica per la “caccia” alle mutazioni. Ma Centri così specializzati sono molto pochi. Bisogna che aumentino. Questo deve essere l’obiettivo delle Istituzioni. Si dirà: sono una spesa. Ma quanto si risparmia salvando un malato di tumore? Bisogna anche sensibilizzare i Clinici. Ecco perché alla Conferenza di Roma nelle Linee Guida si precisa che la biopsia va sempre fatta quando è possibile e il frammento di tumore prelevato va sottoposto ad analisi”.