FROSINONE CONTRO ROMA, UNA REGIONE LAZIO SENZA CAPITALE

29/04/2010 di

Potrebbe essere ribattezzata come la ‘Secessione in salsa ciociarà, quella annunciata dal presidente della Provincia di Frosinone Antonello Iannarilli. Dopo aver definito la neonata giunta regionale del Lazio di Renata Polverini «una porcata», rubando l’espressione resa nota dal ministro leghista Calderoli, Iannarilli ha parlato chiaro: «Vogliamo una Regione a tutti gli effetti senza Roma».

Una richiesta non nuova, quella dell’autonomia dalla Capitale, ma rispolverata oggi anche in conseguenza, fa notare qualcuno, del mal di pancia delle province e in particolare del Pdl ciociaro che lamenta la mancanza di un ‘suò assessore nella giunta Polverini. Una grana che, per la neo-presidente della Regione, si aggiunge a quella con l’Udc, orfano degli assessorati promessi. Non a caso il presidente Iannarilli fa parte di un gruppo di esponenti del Pdl, tra ex consiglieri regionali e parlamentari come Fabio De Lillo, che oggi si sono definiti «non allineati», giudicando «inadeguati» i dirigenti locali del partito e sostenendo che la composizione della giunta Polverini avrebbe «tradito le indicazioni di Berlusconi».

Il malumore degli esclusi e del neonato moto ‘anti-romanò prenderà compiutamente forma il 17 maggio all’Abbazia di Fossanova quando «si riuniranno in seduta congiunta i consigli provinciali di Frosinone e Latina per disporre la delibera – annuncia Iannarilli – con cui chiederemo di staccarci da Roma. La delibera deve essere approvata da un terzo dei consiglieri comunali delle aree interessate. A quel punto andremo al referendum e se avrà esito positivo lo Stato sarà costretto a concedere l’autonomia» perchè «non è più possibile dipendere dalla Capitale per qualsiasi decisione, dalla sanità all’urbanistica. Non siamo secessionisti ma ci arriveremo». Sulla stessa linea anche il sindaco di Viterbo e deputato del Pdl Giulio Marini: «Il Lazio, così com’è, non è più attuale.

O ci stacchiamo da Roma o diventiamo una regione a statuto speciale, nella quale i poteri della Capitale siano estesi a tutto il territorio». Soprattutto, afferma, alla luce dell’approvazione in autunno dei decreti attuativi per Roma Capitale, grazie ai quali «la Capitale potrà promuovere uno sviluppo con il turbo, mentre le province, come del resto sta già avvenendo, saranno sempre più relegate ai margini». La soluzione allora, a suo avviso, potrebbe essere quella di trasformare il Lazio nella sesta regione italiana a statuto speciale o autonoma. Il problema è annoso, spiega il vicesindaco Mauro Cutrufo: «Dal 1970 Roma avrebbe dovuto essere la 21/ma regione, l’errore nasce allora. Capisco il mal di pancia delle province, ma tutti in Italia dovrebbero rendersi conto che Roma ha uno Stato che non la sostiene come un unicum, quale è. Allora si faccia un percorso politico-amministrativo con Polverini perchè è vero che è necessario cercare un equilibrio che non penalizzi le province, ma nemmeno Roma. Far diventare Roma regione poi è una modifica costituzionale. Non se ne occuperebbe la Regione ma il parlamento». Il nodo, secondo il vicesindaco, è tra le altre cose che «la Regione è stata appena eletta. È normale che le province si sentano schiacciate fino a quando la regione sarà composta per un terzo intero geograficamente da Roma. In verità le province hanno i loro rappresentanti eletti proporzionalmente. Ma il problema non è Roma, è lo Stato».