NEL LAZIO 5 CENTRI DI SOCCORSO PER TARTARUGHE MARINE

19/01/2010 di

Entro il 2010 il Lazio sarà dotato di una rete di almeno cinque centri di pronto soccorso per le tartarughe marine. Il fiore all’occhiello sarà nel parco di Gianola, una frazione di Minturno, in piena Riviera di Ulisse nel golfo di Gaeta. Lo annuncia Luca Marini dirigente di Roma Natura e curatore del progetto Patma per il Lazio, il piano d’azione nazionale per la conservazione delle tartarughe marine, promosso dal Ministero dell’Ambiente, cui la
Regione Lazio ha aderito.


«La Regione Lazio – ha detto Marini oggi nel corso della II conferenza del sistema delle aree protette del Lazio – ha appena firmato il protocollo d’intesa col Ministero per il recupero e il salvataggio delle tartarughe marine. Si tratta ora di avviare l’azione con l’apertura di punti stazione di pronto intervento all’interno di strutture di monitoraggio già operativi in alcune aree protette del litorale laziale da Viterbo a Latina. Si tratta delle Saline di Tarquinia, Macchiatonda a Santa Severa, le Secche di Tor Paterno a Ostia, il Circeo, oltre al parco di Gianola. Questa sarà l’unica sede che nascerà appositamente per il monitoraggio delle tartarughe e dell’ecosistema marino con un progetto ad hoc già finanziato. In futuro vorremmo farne un centro ospedaliero per tartarughe importante». Al momento, infatti, i casi meno gravi possono essere curati nel Lazio, ma nelle situazioni più rischiose le tartarughe vengono portate dalla capitaneria di porto al Centro di Napoli. Quello dell’assistenza sanitaria alle tartarughe marine è un’azione importante se si considera che ogni anno almeno un centinaio di esemplari vengono trovati. Dalle tartarughe Caretta Caretta di circa un metro, alle tartarughe Liuto di oltre due metri, non necessariamente originarie del Mediterraneo, ma provenienti da ogni parte, anche dalla Bahamas, devono soccombere a traffico nautico che causa spesso ferite da speronamento, a reti da pesca seppur involontarie, a inquinamento, ma anche a mancanza di luoghi di nidificazione. «I centri – avverte Marini – saranno attrezzati con vasche dove poter far stare gli esemplari in acqua pulita e a riposo per le cure. I problemi possono essere di varia natura, ami in bocca, carapaci rotti, stress. E dopo le cure possono essere marcati con placchette metalliche sulle pinne o telecamere sul guscio per seguirne poi le rotte. I centri saranno dotati di un’equipe di veterinari in accordo con Asl o privati, ma conterà molto il volontariato».