LA LEGGE CHE UCCIDE L’INFORMAZIONE LIBERA

19/06/2008 di

I cittadini non potranno più essere informati sull’andamento delle indagini giudiziarie a causa di “un segreto addirittura tombale di tipo staliniano anni Trenta” che il disegno di legge del governo sulle intercettazioni impone. La considerazione, che coincide con quella dei cronisti, è del Procuratore Generale del Veneto Ennio Fortuna che, invece, mostra di apprezzare la parte del Ddl riservata alla disciplina delle intercettazioni che presenta “norme equilibrate e comunque accettabili”.

 
Il giudizio dell’alto magistrato conferma la denuncia dell’Unione Nazionale Cronisti: il disegno di legge ha ben precisa la volontà di impedire l’informazione giudiziaria e di nascondere la realtà dietro la favola di impedire l’uso distorto delle intercettazioni. Le norme infatti impongono l’obbligo del segreto su tutta l’attività di indagine del Pm e della polizia giudiziaria: non si potrebbero più pubblicare neanche le ordinanze di custodia cautelare.


I cronisti – spiega una nota dell’Unione Nazionale Cronisti – potrebbero scrivere che un uomo è stato ucciso, ma non che l’assassino è stato arrestato e ha ammesso l’omicidio, oppure che una società finanziaria ha truffato decine di migliaia di risparmiatori ma non che il responsabile è indagato. Tutta l’informazione ai cittadini è rimandata al momento del processo pubblico. Cioè a distanza di anni, quando l’impatto sociale è ormai scomparso e solo per meno del 10% dei reati. In Italia infatti il 90% dei processi avviene con rito abbreviato e patteggiamenti in camera di consiglio: di loro non si sa quasi nulla.


Il Procuratore Fortuna sottolinea che questo segreto di tipo staliniano protratto per tanto tempo rischia di provocare un “grave pericolo per la stessa tenuta dell’ordine democratico. Ogni iniziativa liberticida sarebbe possibile perché la libera stampa non potrebbe denunciare il fatto e neanche registrarlo”.


I cronisti sono ben consapevoli che la loro battaglia in difesa della libertà di informazione si gioca tutta sul mantenimento del pieno diritto costituzionale dei cittadini di sapere cosa accade. I giornalisti e le loro istituzioni, Fnsi, Associazioni Ordine nazionale e regionali, sono schierati in modo convinto e compatto e si batteranno con determinazione e tenacia a tutela del diritto-dovere di cronaca.
 

Luci e ombre di un disegno di legge da emendare

di Ennio Fortuna (Procuratore generale del Veneto)


Il disegno di legge del Governo in materia di intercettazioni telefoniche (ma come vedremo, il provvedimento va ben oltre) presenta norme equilibrate e comunque accettabili, ma anche innovazioni singolari e perfino grottesche, al punto da far dubitare della loro stessa legittimità sotto il profilo costituzionale.

Il divieto di intercettazione per reati punibili con meno di 10 anni di reclusione nel massimo appartiene alla prima categoria, specie se si muove dalla convinzione (a mio giudizio fondata) che da noi si esagera negli ascolti disposti dal magistrato. Ugualmente deve dirsi del limite di tre mesi al massimo (forse troppo drastico) in cui può protrarsi l’ascolto, delle mutate e assai più rigorose condizioni richieste per l’autorizzazione e per l’utilizzazione, e infine della competenza, non più attribuita al singolo G.I.P., ma addirittura ad un collegio di tre magistrati (ciò che rende però assai più complessa la tenuta del segreto, oltre a creare non poche difficoltà di organico e per tutti i casi di maggiore urgenza).


Tutto sommato, fin qui le disposizioni rientrano nella logica di un provvedimento volto a limitare un mezzo di indagine per sua natura invasivo per meglio tutelare la privacy del cittadino e risparmiare sui costi davvero intollerabili di oggi. Va aggiunto che il Governo ha mostrato sensibilità ed equilibrio nel prevedere la possibilità di procedere alle intercettazioni anche per i reati contro la pubblica amministrazione, se punibili con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, ancorché non si sia fatto lo stesso con l’abuso di informazioni privilegiate e con la manipolazione del mercato, fattispecie altrettanto, se non più gravi, e che, a maggior ragione, richiedevano la stessa eccezione.


Ma come anticipato, il Governo ha fatto molto di più, rendendosi responsabile di un’iniziativa assolutamente inaccettabile. Propone infatti la modifica di un articolo del codice di procedura, a cui è collegata strettamente la fattispecie punitiva della pubblicazione arbitraria di atti, ovviamente più aspramente sanzionata, secondo cui fino alla fine delle indagini preliminari ovvero fino alla fine dell’udienza preliminare è vietata la pubblicazione anche parziale o del semplice contenuto di singoli atti del procedimento, nonché di quanto acquisito al fascicolo del PM o del difensore, e anche se il segreto è cessato.


In sostanza fino alle soglie del dibattimento non si potrebbe scrivere del procedimento in alcun modo, neppure per semplici riferimenti o richiami: un segreto addirittura tombale di stile staliniano anni trenta e francamente ingestibile, e probabilmente lesivo del diritto-dovere di informazione, costituzionalmente tutelato. Come il Governo possa illudersi che un simile segreto resti osservato per tutto il tempo in cui da noi dura un’indagine (spesso anni) è abbastanza incomprensibile. Ma a parte la mancanza di ogni realismo, non è difficile sottolineare la grave preoccupazione che deriverebbe da una simile impostazione. Se davvero la norma passasse (e non lo credo), e se davvero si chiudesse la barriera del segreto su ogni tipo di indagine e per tanto tempo, a parte l’incostituzionalità del divieto, sarebbe assai difficile negare il grave pericolo per la stessa tenuta dell’ordine democratico. Ogni iniziativa liberticida s arebbe possibile perché la libera stampa non potrebbe denunciare il fatto e neppure registrarlo.


C’è di più. La stessa categoria dei cronisti giudiziari cesserebbe di esistere, non avendo più nulla da dare al servizio dell’informazione. Ma il Governo dovrebbe anche spiegare come conciliare la norma con l’altra pure tenacemente voluta dal Governo Berlusconi due anni fa, e ormai in vigore, tutto sommato, con buoni risultati. Mi riferisco alla disposizione con cui riordinandosi su schemi vorticistici l’ufficio del PM, si è deciso che fosse solo il Procuratore (o altro magistrato da lui appositamente delegato) a mantenere i rapporti con gli organi di informazione, salva la raccomandazione (o l’ordine) che ogni notizia sia data in modo impersonale escludendo ogni riferimento ai magistrati assegnatari. Ma che cosa dirà ormai il Procuratore ai giornalisti, se è vietata la pubblicazione di ogni notizia, anche indipendentemente dal segreto in senso tecnico, e se anche il Procuratore è ovviamente te nuto alla riservatezza, pena la sua stessa personale responsabilità penale per il concorso nella divulgazione arbitraria? Se non è un mero incidente tecnico, dovuto all’evidente difetto di coordinamento tra le due disposizioni, il Governo dovrà spiegare come sia possibile la coesistenza di norme tanto contraddittorie.


Naturalmente la speranza di ogni osservatore è che il Parlamento elimini le aporie e soprattutto le troppo evidenti e insostenibili esagerazioni, salvando dal disegno di legge quello che c’è di buono e che, come ho detto, non manca.


Ma staremo a vedere, tenendo sempre presente che se anche la stampa non è mai ben vista dal potere, tuttavia la sua funzione in difesa della democrazia è e resta assolutamente insostituibile. E tutti, perfino i Governi, dovrebbero convenirne.
 
L’ANALISI DEL DECRETO, ECCO COSA CAMBIA NEL DETTAGLIO

di Alessandro Galimberti – Consigliere nazionale Unci e componente Giunta Gruppo Cronisti Lombardi


Articolo 1.


c.1) Amplia i doveri di astensione del <giudice>, aggiungendo l’ipotesi <se ha pubblicamente rilasciato dichiarazioni sul procedimento affidatogli>


c.2 e 3) Prevede una nuova ipotesi che obbliga il procuratore capo a sostituire il pm durante l’udienza, se questi è stato nel frattempo indagato per il reato di rivelazione di segreti d’ufficio (relativi al suo procedimento). Analogo potere ha il procuratore di corte d’appello su capo e sostituti della procura.

 

Articolo 2.


Modifica la disciplina del segreto, stravolgendo la norma chiave della procedura penale, art 114 cpp (copiando pedissequamente dal ddl Mastella). Vieta la pubblicazione del contenuto degli atti di indagine, anche parziale e in forma riassuntiva, sia degli atti del pm sia della difesa fino alla chiusura dell’indagine preliminare ovvero fino dopo l’udienza preliminare, anche se non sussiste più il segreto.


Pertanto non potranno più essere pubblicate nemmeno le ordinanze di custodia cautelare.


Inoltre , come il ddl Mastella, vieta per sempre la pubblicazione di conversazioni intercettate e anche di flussi telematici (posta elettronica etc) di cui sia stata disposta la distruzione – perché non rilevanti ai fini del procedimento per cui sono state attivate -, senza distinguere tra posizione dell’indagato e quella di terzi estranei.

 

La modifica dell’art. 115 cpp impone poi al procuratore della repubblica di informare immediatamente il Consiglio dell’ordine dei giornalisti per le violazioni del divieto di pubblicazione: il consiglio dovrà adottare un provvedimento entro 30 giorni, potendo disporre la sospensione disciplinare fino a tre mesi del giornalista.



 

Articolo 3


Nuovi limiti per intercettazioni telefoniche, acquisizione tabulati, e intercettazioni ambientali. Alza da 5 a 10 anni la pena che rende attivabili tali mezzi di prova. Il limite resta a 5 anni solo per i delitti contro la pubblica amministrazione. Limite di 5 anni di pena anche se si tratta di reati contro la persona, ma solo se sia la parte offesa a chiedere l’attivazione nei luoghi (e/o utenze telefoniche) di sua disponibilità.


Articolo 4


Il decreto che autorizza le intercettazioni è firmato dal tribunale collegiale, e non più dal giudice preliminare. Le intercettazioni devono essere <assolutamente indispensabili> per provare il reato e analiticamente giustificate dal pm che le chiede (ma per mafia, terrorismo e minaccia con il mezzo del telefono bastano <sufficienti indizi). Il decreto vale 15 giorni, rinnovabile di volta in volta per un massimo di tre mesi.


Articoli 6/7/8.


Modalità di svolgimento e acquisizione delle intercettazioni. Tra l’altro: consentito l’uso in un procedimento diverso solo se si tratta di gravi reati (mafia, terrorismo, traffico di armi, di droga, violenza sessuale, rapina, sequestro di persona etc).

Articolo 9.

Modifica l’art 292 cpp. Il giudice non può più inserire le intercettazioni telefoniche all’interno dell’ordinanza di custodia cautelare; può richiamarle solo nel contenuto e deve allegarle a parte nel fascicolo del futuro processo.


Articolo 10.


L’obbligo del segreto si allarga a tutta l’<attività> (e non più solo agli <atti>) di indagine di pm e polizia giudiziaria.

 

Il pm non potrà più disporre in via eccezionale e con decreto motivato (quindi per necessità di indagine) la pubblicazione di atti dell’inchiesta.


Articolo 11.


Allargamento dei casi dell’arresto obbligatorio in flagranza.


Articolo 12


Istituisce il funzionario responsabile della conservazione di verbali e dei supporti informatici contenenti le intercettazioni.

Nuove regole di informazione obbligatoria alle amministrazioni da cui dipendono impiegati dello stato e ministri di culto indagati o arrestati.


Articolo 13


Modifiche al Codice penale.

– Rivelazione illecita di segreti relativi a procedimento penale: pena aumentata fino a 5 anni per agente qualificato (magistrato, ufficiale di pg, cancellieri e impiegati), 1 anno se la rivelazione è <per colpa>. Pena di un anno anche per i testimoni che parlino dopo aver deposto.

– La violazione di domicilio (3 anni di reclusione) si estende a ogni luogo <privato>.


– Nuovo reato di <accesso abusivo (informatico, ndr) ad atti del procedimento penale>. <Chiunque> è soggetto a pene da 1 a 3 anni,

– Pubblicazione arbitraria di atti del procedimento. Modificato l’art. 684 del codice penale: l’arresto (nel massimo) passa da 30 giorni a sei mesi, l’ammenda (nel massimo) da 258 a 750 euro.

Se la pubblicazione riguarda però le intercettazioni telefoniche, tabulati, intercettazioni ambientali o di flussi informatici, l’arresto sale fino a 3 anni e la multa fino a 1032 euro.


Articolo 14


Responsabilità dell’editore per in relazione all’art 684cp (pubblicazione arbitraria di atti). Sanzione pecuniaria da 100 a 300 quote (cioè da 25.800 euro a 465 mila euro, a seconda delle dimensioni e dei bilanci aziendali)


Articolo 15


Rettifiche. Modifiche alla legge sulla stampa (47/1948). Per radio e tv la rettifica deve essere pubblicata entro 48 ore dalla richiesta con le medesime modalità e fascia oraria della notizia cui si riferisce Per i siti informatici entro 48 ore dalla richiesta con le stesse caratteristiche grafiche, modalità di accesso e visibilità.

La rettifica va pubblicata senza commento.

Per la stampa non periodica l’autore e i co-obbligati devono provvedere entro 7 giorni alla pubblicazione della rettifica a proprie spese su due quotidiani nazionali.


Articolo 16


Abrogazione tecnica.





Articolo 17

 

Modifiche al codice della privacy (196/2003). In caso di violazione nella modalità di trattamento dei dati, il Garante può disporne il blocco quando <vi e’ il concreto rischio del verificarsi di un pregiudizio rilevante per uno o più interessati>. Il Garante può disporre anche la pubblicazione della decisione su una o più testate; l’Ordine nazionale e i consigli regionali, ma anche le associazioni di editori, possono far pervenire memorie difensive, o chiedere di essere sentiti.

L’inosservanza delle decisioni del Garante è punita con la reclusione da tre mesi a due anni.

 

Articolo 18

Le modifiche contenute in questo dlgs non si applicano ai procedimenti pendenti alla data dell’entrata in vigore della legge.