LA FICTION CHE RINO GAETANO AVREBBE PRESO IN GIRO

14/11/2007 di
Io non ho conosciuto personalmente Rino Gaetano, ma abito a Crotone nel quartiere dove viveva la nonna e dove Rino tornava ogni estate. Conosco i suoi parenti, i suoi amici d’infanzia, coloro che lo accompagnavano ogni volta (quasi sempre) che tornava a Crotone. Ho cominciato ad ascoltare le sue canzoni da ragazzino, da quando ricordo un mare di gente sotto casa mia che aspettava che arrivasse Rino per andare a stare dalla nonna. Lo ascoltavo per induzione all’inizio, cioè attraverso i dischi di mia sorella e mio fratello, ma poi me ne sono perdutamente innamorato fino a diventare un promotore delle iniziative crotonesi (non tutte). Voglio solo dire una serie di cose. 


Non so quale fosse lo scopo di chi ha creato e pensato la fiction su Rino Gaetano. Non lo so e sto ancora cercando di capirlo. Sono rimasto a pensarci per molte ore dopo aver visto lo spot pubblicitario proposto dalla Rai al termine della seconda puntata. Uno spot entrato come un carro armato in un negozio per bambini, uno di quei passaggi pubblicitari che arriva così veloce che i famosi titoli di coda li puoi scordare. Ma ormai è brutale abitudine tagliare sui titoli di coda e mandare i sonanti euro di pubblicità. Diciamo subito che la fiction ha un solo grande merito: fare arrivare Rino Gaetano nelle case di tutti gli italiani. Badate che il successo di pubblico, a mio avviso, non è dovuto al film in quanto tale, ma sicuramente alla persona e all’artista Rino Gaetano. Dopo, il diluvio. Sono ancora a chiedermi cosa doveva raccontare questo film o questo sceneggiato (come si diceva un tempo). Non certo la vita di Rino, non chiamatelo biografico per carità. È stata fatta una scelta, quella di raccontare una parte molto sconosciuta, e perciò altrettanto manovrabile a proprio piacimento, che è quella sentimentale. La prima parte è passata come un collage di videoclip delle canzoni di Rino Gaetano con annessi quelli che gli americani chiamano bloopers: manifesto di Lucio Dalla nella Rca che sarebbe uscito solo anni dopo, i dossi di gomma antivelocità, le strisce blu, ecc., ma, soprattutto, orrori storico-temporali e stravolgimento di alcune situazioni.

Intanto nella fiction la mamma dell’artista crotonese parla siciliano e il papà campano, ma sono entrambi crotonesi. Il rapporto col padre, descritto come padre-padrone, in realtà non è stato altro che uno scontro generazionale di quelli che abbiamo avuto tutti: ma avete provato da giovani a dire a vostro padre, cresciuto negli anni della guerra, vado a fare teatro anziché lavorare in banca (non alle Poste come nella fiction)? Cosa vi avrebbe risposto? Poi l’autocelebrazione della famiglia Celentano (vista la produzione di Claudia Mori), con Rosita a fare la parte della prostituta amica di Rino e Laura Chiatti che canta “Una carezza in un pugno” sul balcone dell’albergo. Insomma una prima parte che mi ha lasciato davvero senza parole (forse avevo ragione a non volerla vedere, però sono troppo innamorato di Rino Gaetano).

Si è scelto di raccontare il personaggio e non la persona Rino Gaetano attraverso una travagliata vita amorosa (che fa sempre bene nelle fiction) e che è molto lontana dalla realtà vissuta da Rino. Il menestrello calabro-romano viene descritto, soprattutto nella seconda parte, come un dissoluto dedito all’alcool, psicopatico che perde il suo mondo dopo il successo (fiction zeppa di stereotipi) uno che corre dietro la prima gonna, ma soprattutto molto superficiale e poco propenso ai rapporti di amicizia.

L’unica cosa di buono che fa chiarezza una volta per tutte è la frequentazione politica. Del resto il nulla. Non si è scelto di raccontare la sua arte attraverso il dolore dell’emigrazione da Crotone a Roma, e non lo dico per una sorte di complesso di inferiorità e di provincialismo, ma semplicemente perché avrebbe aiutato chi non conosce Rino e il Sud a capire cosa significa abbandonare i luoghi della tua infanzia e della tua spensieratezza, portarseli dentro per sempre. Il suo primo pensiero d’estate era quello di arrivare a Crotone dal suo mare e dalla sua nonna tanto amata. Le straordinarie melodie che raccontano il suo Meridione (fichi d’india e le spine dei cardi, la donna nel nero del lutto di sempre, le pere mature, le lampare, il cielo se mare), i tramonti crotonesi sulla spiaggia (quella dove tornava quasi ogni estate), i suoi amici romani e quelli crotonesi. Quelli intellettuali e quelli disoccupati della strada.

C’è una cosa di Rino Gaetano che mi lascia la sensazione di un pugno nello stomaco. Quando egli racconta l’Italia, la politica ecc., lo fa con grande ironia e maestria nell’usare i ritmi e i termini della satira, ma quando parla del suo Sud lo fa con toni molto seri, con ritmi melanconici e con una amarezza di immensa commozione. Ma nella fiction non c’è stato spazio per tutto ciò. C’è stato, invece, per le critiche a Sanremo, per le bottiglie di gin, per far passare “I love you Marianna” come una canzone assolutamente mediocre mentre ti fumi una canna (che negli anni ’70 era anche molto normale e segno di liberazione dagli schemi) e non dedicata ad una persona speciale. È stata una fiction ed è bene prenderla per tale. Un lavoro anche come regia, fotografia, sceneggiatura, assolutamente mediocre e che non avrà grandi citazioni nelle enciclopedie del film. Insomma credo che si poteva e si doveva fare molto di più.

In prima serata forse meritava di andare la puntata trasmessa ieri mattina su RaiTre di “La storia siamo noi”. Un ritratto di Rino Gaetano fatto magistralmente da Giovanni Minoli con le testimonianze di cantanti, amici, la ragazza che stava per sposare, la sorella Anna e filmati delle teche Rai. Quella era una trasmissione da mandare in prima serata e non una fiction che il defenestratore di Enzo Biagi elogia. Del resto ogni scarrafone è bello a mamma sua. Anzi sembra che RaiFiction (con il suo capo Agostino Saccà) stia preparando un lavoro su San Francesco di Paola, magari lo faranno vedere mentre mangia funghi allucinogeni.

Un ultima cosa vorrei dirla: se il film come racconto storico si basa su alcuni libri scritti su Rino Gaetano stiamo freschi. Chi li ha scritti non sa nemmeno di cosa sta parlando. In uno si dice (e la fiction lo riprende) che andava a piedi da casa sua a Gabella (che è una zona alla periferia nord di Crotone con spiaggia bianca, nota mia), bene sapete quanto chilometri sono? Al di là di tutto credo che Crotone, e lo dico perché mi sento a pieno titolo ideatore di un progetto, debba ancora fare di più per amare questo suo figlio e per farlo conoscere ulteriormente. Voglio solo ricordare che dal 1999 e fino al 2001 gran parte di quello che è stato fatto su Rino Gaetano a Crotone è uscito da una testa malata di “gaetanismo” come la mia (lo testimoniano i miei scritti, la sorella Anna e amici e parenti crotonesi di Rino, oltre le splendide serate di musica e convegni a lui dedicati). Ero tornato dall’Università con lo scopo di far parlare di Rino a Crotone e non solo. Il premio a lui intitolato non si faceva più da anni e, tra l’altro, lo si era sempre fatto in Abruzzo.

Voglio chiedere scusa ai miei tanti compagni di appartamento all’Università di Arcavacata (Cs), ai quali ho fracassato i timpani (e non solo) con Rino Gaetano dalla mattina alla sera. Forse mi sono laureato anche grazie a lui, ma forse all’epoca lo sentivo più intimo. È giusto che un grande poeta e artista, però, sia universale. La grandezza di Rino rimarrà ancora intatta perché è stato capace di raccontare il suo tempo e proiettarlo in avanti.

Quanto alla fiction speriamo che non la ripropongano più, spero, invece, che la puntata di Minoli di ieri mattina possa essere subito fruibile in dvd. Ora scusate le troppe parole, ma attacco lo stereo e ascolto “Ad esempio a me piace il sud” e “Metà Africa, metà Europa”.

Bruno Palermo  (fonte: Il Messaggero)
 
 
 
La vera storia di Rino Gaetano
 
Salvatore Antonio Gaetano viene al mondo a Crotone, in Calabria, il 29 ottobre del 1950. Lì, inizia a respirare l’aria di una città che gli resterà per sempre nei polmoni. A dieci anni, segue a Roma i genitori, impiegati come portieri di uno stabile in via Nomentana. L’estro crescente di un artista in piena formazione inizia a colpire l’ambiente capitolino. I suoi studi da geometra vengono distratti dal palcoscenico e dai primi approcci alla chitarra. La passione per il teatro (nel "Pinocchio" di Carmelo Bene interpreterà la volpe) come strumento di comunicazione è letteralmente surclassata dall’espressione sotto forma-canzone. Comincia ad esibirsi nello storico Folkstudio di Roma dove conosce molti tra quelli che in seguito saranno suoi "colleghi", come Antonello Venditti e Francesco De Gregori. Il suo scopritore sarà però Vincenzo Micocci (colui che negò nel ’78 un’audizione ad Alberto Fortis e al quale lo stesso Fortis dedicò le invettive di "Milano & Vincenzo" e "A Voi Romani").

Nel 1973, la It licenzia i due singoli "I love you Maryanna" e "Jaqueline", incisi da Gaetano con lo pseudonimo di Kammamuri’s. L’esordio nel mondo della discografia non è poi così felice. Neppure il suo primo album Ingresso libero, dato alle stampe nel 1974, riesce ad attirare l’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori. Eppure, il destino gli avrebbe sorriso ben presto. Forse l’Italia non è ancora pronta per la sua sottile ironia, per il suo amore sincero per la vita, per la sua gentile e cortese denuncia. "Tu, forse non essenzialmente tu", vitale passione per l’amore, "Ad esempio a me piace il sud", nel ricordo incancellabile della sua Calabria, e "Supponiamo un amore" sono solo l’inizio di un graduale distaccamento di Rino Gaetano dal cantautorato italiano degli anni 70.

Dodici mesi più tardi, i padiglioni auricolari dei più accorti iniziano a essere stuzzicati dal colore dei suoi testi. Nel 1975, infatti, il singolo "Il cielo è sempre più blu" attira l’attenzione su di lui, nonostante il brano non sia stato mai incluso in nessuno dei suoi sei album. La canzone nasce inizialmente divisa in due parti (probabilmente per l’eccessiva durata per un solo lato del 45 giri), solo successivamente riunite nella "extended version" che tutti conosciamo, di otto minuti e venti. Il testo è un tipico saggio del songwriting di denuncia di Gaetano: "Chi vive in baracca/ chi suda il salario/ chi ama l’amore chi sogni di gloria/ chi ruba pensioni/ chi ha scarsa memoria".

Passa poco, trascorre solo un altro anno, ed ecco un nuovo lavoro. Mio fratello è figlio unico segna finalmente l’ingresso di Gaetano nell’olimpo dei cantautori italiani. L’open-track omonima, struggente ballata in bilico tra affetti familiari e denuncia sociale, vanta uno dei testi più ironici e toccanti della scena italiana di quegli anni. Apparenti frasi nonsense come "mio fratello è figlio unico perché è convinto che Chinaglia non può passare al Frosinone" o "perché non ha mai criticato un film senza mai prima vederlo" o "perché è convinto che nell’amaro benedettino non sta il segreto della felicità" diverranno delle strofe cult più per le generazioni successive che per quelle dell’epoca. Ma "Mio fratello è figlio unico" è soprattutto un amaro j’accuse che svela l’animo politico del cantautore crotonese: "E’ convinto che esistono ancora gli sfruttati, malpagati e frustrati/ mio fratello è figlio unico sfruttato represso calpestato odiato". Nel disco non mancano anche brani delicati e sognanti come "Sfiorivano le viole", "Cogli la mia rosa d’amore" e "Al compleanno della zia Rosina".

Passati i primissimi anni di carriera e il semianonimato, il giovane Gaetano si incammina verso una sincera e tangibile maturazione, senza lasciare, però, che la candida poesia degli esordi rifugga i brani di Aida, suo terzo lavoro pubblicato nel 1977. Aumenta il numero dei musicisti, dei collaboratori e migliora la produzione. Un altro album vario, più veloce e ritmato dei precedenti. "Spendi Spandi Effendi" ed "Escluso il cane" sono il degno prosieguo delle passate incisioni, nel solco di un sarcasmo sempre tagliente e mai volgare. "La Festa di Maria", con una chitarra popolare-spagnoleggiante, preannuncia un corposo interesse per queste ritmiche. "Standard", invece, volge lo sguardo al più semplice e pulsante rhythm’n’blues.

La ruvidezza delle corde vocali di Gaetano, unitamente a un’aria sempre più scanzonata e divertita, trovano un decisivo supporto nell’esibizione sanremese. Il cantautore di Crotone sale sul palco del Festival nel 1978 vestito in camicia a righe rosse, frac, cilindro e scarpe da ginnastica, e con "Gianna" conquista il terzo posto dietro ai Matia Bazar e Anna Oxa. E’ la consacrazione.

Sempre nel 1978, viene pubblicato Nuntereggae Più. L’omonima canzone (con la partecipazione di Lino Banfi, anche se Bruno, l’amico di sempre di Rino, giura di essere lui a esclamare "nuntereggaepiù" a ogni strofa del brano) è un colossale sberleffo a ritmo di reggae contro tutto e contro tutti, da Gianni Agnelli alla P2, dalle P38 a Berlinguer (praticamente un sacrilegio nell’epoca in cui tutta l’intellighenzia era devota al Pci), dal giornalismo proto-padano di Gianni Brera allo scandalo della spiaggia di Capocotta (dove venne trovata morta Wilma Montesi dopo un festino a base di stupefacenti in una altolocata residenza, frequentata da importanti politici e noti facoltosi dell’epoca). Il brano viene inciso anche su 45 giri in lingua spagnola, con il titolo di "Corta la cuerda", insieme a "E cantava le canzoni", divenuto per l’occasione "Y cantabas las canzonas". "Gianna", invece, raggiunge la Germania dove, tradotta in lingua tedesca, scala le classifiche sino al ventiduesimo posto, mentre in Italia (accompagnata dalla blueseggiante b-sides "Visto che mi vuoi lasciare"), si piazza al primo posto e vi resta per tutto il mese di marzo.

Nuntereggae Piùè il disco della svolta. Il pubblico aumenta e Gaetano lascia la It per approdare alla major Rca, con la quale nel 1979 produce il suo quinto album Resta vile maschio, dove vai?, aperto dal salace brano omonimo firmato da Mogol. Importanti arrangiamenti ritmici, onnipresenti archi e fiati, caratterizzano questo disco. Alcune versioni, tutt’ora in circolazione, recano un errore di stampa: in copertina c’è scritto "Contiene Hai Maria". Il riferimento è, ovviamente, alla canzone "Ahi Maria", altro grande successo del cantautore crotonese, che riprende la sua passione per le ritmiche spagnoleggianti, e decide di inciderla anche in lingua iberica. Non manca il ricordo del suo soleggiato Sud, dolcemente baciato dalle onde del mare, mentre i pescatori ritirano le reti in barca, perché "Anche questo è Sud". E brilla uno dei gioielli satirici del suo repertorio: l’irriverente ballata "Nel letto di Lucia", dove il giaciglio dell’amata diventa un caravanserraglio di ministri, scaldapoltrone, reggimoccolo, colonnelli, sanfedisti, vecchi santi e chiromanti: "Falsifichi assegni cambiando grafia nel letto di Lucia/ dipingi scommetti e ti scordi la via nel letto di Lucia/ guarisce d’incanto la tua malattia nel letto di Lucia/ il prossimo anno ci porto tua zia nel letto di Lucia/ non trovi mai nebbia penombra o foschia nel letto di Lucia/ vorrei ritrovarti vorrei fossi mia nel letto di Lucia".

Gateano entra in una importante fase della sua carriera. Il successo non sembra voler distrarsi e voltargli le spalle. Ancora un passo avanti per il trentenne di Crotone, che resta, però, saldamente ancorato alle sue radici. Sempre nel 1979, registra "Solo con io", inedito mai apparso in un singolo, ma inserito nelle raccolte Gianna e le altre e Superbest. Dopo poco, appare una seconda versione della canzone, più lunga di soli undici secondi e contenuta, unicamente, in La Storia. Pubblicata postuma, insieme a "Solo con io", è anche "Le beatitudini", registrata nel 1980 e presente in Gianna e le altre e La Storia.

Tornando agli album ufficiali, nel 1980, E io ci sto rappresenta l’ennesima conferma del genio compositivo del cantautore calabrese. "Ti ti ti ti" è una dedica a tutti coloro i quali, ascoltando la canzone, sorrideranno sulle note di "a te che ascolti il mio disco forse sorridendo/ giuro che la stessa rabbia sto vivendo/ siamo sulla stessa barca io e te". Accostate all’esordio Ingresso Libero, le tracce del suo ultimo album appaiono splendida filiazione e degno proseguimento di un cammino artistico che non ha temuto, neppure per in un istante, di arrestarsi, fossilizzandosi.

Nei primi mesi del 1981, il successo lo conduce in tournée con Riccardo Cocciante e il New Perigeo di Giovanni Tommaso. Dalle date del 4, all’Auditorium di Pistoia, e del 5 marzo al Palasport di Novara, nasce Q Concert, Ep con quattro brani: "Ancora insieme", "A mano a mano", "Aida" e "Aschimilero". "A mano a mano" e "Ancora insieme", quest’ultima in versione live, sono state successivamente inserite anche in "Margherita e le altre", raccolta doppia di Riccardo Cocciante, pubblicata nel 1998.

Nel corso dello stesso anno, Gaetano registra insieme con Maria Monti l’inedito "Al bar dello sport (ovvero sogghigni e sesso)" e "Confusione, gran confusione ovvero il processo", con la Monti, Lucio Dalla, Anna Oxa, Nino Buonocore, Ivan Cattaneo, Perigeo Special e Jenny Sorrenti. Entrambe le canzoni sono parte del concept-work "Alice".

Gli archivi della Rai, inoltre, custodiscono presumibilmente una vera chicca. Nel 1981, infatti, negli studi della Rai, Rino Gaetano e Anna Oxa interpretano un brano composto da Mogol e Battisti, dal titolo "Il leone e la gallina". La notte del 2 giugno dello stesso anno, mentre percorre Via Nomentana a Roma, all’altezza di via XXI Aprile, Rino Gaetano va incontro a una tragica morte. La sua Volvo 343 si schianta contro un camion. Cinque ospedali ne rifiutano il ricovero. La sua salma viene sepolta al cimitero del Verano di Roma. Ironia della sorte, una delle sue prime canzoni del periodo del Folkstudio, "La ballata di Renzo", narrava la storia di un giovane che, a seguito di un incidente automobilistico, non trovava un ospedale che riuscisse a ospitarlo… Rino Gaetano avrebbe dovuto sposarsi pochi giorni dopo.

L’industria discografica provvederà a ricordarlo sfornando raccolte a ripetizione. Nel 2003, esce Sotto i cieli di Rino, che non aggiunge nulla alla precedente La Storia del 1998, se non una discutibile versione remixata de "Il cielo è sempre più blu", a cura di dj Molella, che suscita l’irritazione della maggior parte dei fan del cantautore di Crotone.

Per l’ironia e l’intelligenza dei suoi testi, per il suo songwriting schietto e graffiante, Rino Gaetano merita davvero un posto accanto ai più grandi esponenti della canzone italiana. Il suo universo è affollato di santi che salgono sul rogo "vestiti d’amianto"; di donne immaginarie che filano la lana e fiutano tartufi; di cieli blu e di notti stellate, di amabili puttane e detestabili politici d’ogni schieramento. Irride e commuove, con l’anarchica eccentricità dei poeti cantastorie. L’Italia delle P38 e della strategia della tensione, nelle sue canzoni, diventa un paese surreale, diviso tra fiaba e dramma, passioni sentimentali e contraddizioni sociali. Un paese che Gaetano ha sempre amato, ma che quasi mai l’ha voluto comprendere. (fonte: ondarock.it)

  1. ciao…inizialmente nn ascoltavo molto rino gaetano o meglio conoscevo solo le canzoni piu celebri …dopo aver visto “la fiction” ho iniziato a leggere biografie e diverse testimonianze cm qst ke hai tu hai scritto…ho constato ke cio ke