Sesso, se il partner dice sì ma poi cambia idea è stupro

03/04/2013 di

Un rapporto sessuale per essere consenziente deve esserlo per tutta la sua durata. E se il partner dopo aver detto sì ci ripensa mentre questo è in corso chiedendo di interromperlo, il rifiuto a questo suo desiderio lo trasforma in violenza sessuale. Poco importa il fatto che possa trattarsi di un gioco erotico di tipo sadomaso: è comunque stupro se il consenso viene meno e non dura per tutto il tempo del rapporto.

Per la Corte di cassazione, infatti, «integra il reato di violenza sessuale la condotta di chi prosegua un rapporto sessuale quando il consenso della vittima, originariamente prestato, venga poi meno a causa di un ripensamento o della non condivisione della modalità di consumazione del rapporto». La suprema corte ha così condannando in via definitiva un ventenne piemontese, tornando su un argomento che in precedenza è stato affrontato con esiti diversi, stabilendo in questo caso che «il consenso della vittima agli atti sessuali deve perdurare nel corso dell’intero rapporto senza soluzione di continuità».

A vedersi confermata la condanna pronunciata sia in primo che in secondo grado è stato un ventitrenne della provincia di Novara: 3 anni e sei mesi. È stato riconosciuto colpevole di stalking, per aver perseguitato, minacciato e molestato la sua ex fidanzatina -all’epoca minorenne-, e di violenza sessuale perchè con violenza, minaccia e imbavagliandola, l’ha costretta a rapporti sessuali «estremamente violenti». Il ragazzo aveva tra l’altro imposto alla ragazzina pratiche sadiche, sotto la minaccia di diffondere foto che la ritraevano durante gli atti sessuali. Il giovane era quindi stato condannato dal Tribunale di Novara e poi dalla Corte d’Appello di Torino. Nel ricorso in Cassazione la difesa ha sostenuto che «trattandosi di un rapporto sadomaso, non si potrebbe ritenere che in ogni momento l’imputato avesse l’obbligo di verificare la persistenza del consenso». La Terza sezione penale, che ha bocciato i motivi di ricorso, concordando con i giudici di merito, ha sottolineato che la ragazza «pur avendo prestato il proprio consenso ad alcuni rapportI, ha manifestato un esplicito dissenso alla successive pratiche estreme poste in essere dall’imputato. Di conseguenza la responsabilità dell’imputato è stata correttamente ritenuta sussistente».

Nel 2006, esaminando il caso di un giovane diLatina, la Cassazione aveva stabilito che non è sempre configurabile come reato di violenza sessuale un rapporto iniziato con l’assenso di entrambi i partner, ma non interrotto su richiesta di uno degli amanti: i giudici avevano quindi annullato, rinviando a nuovo giudizio, la condanna a quattro anni di reclusione per un ventenne di Latina giudicato colpevole di violenza aggravata e continuata nei confronti di una minorenne.