Elezioni, l’amarezza di Bersani: “Agiremo per il Paese”

26/02/2013 di

Un risultato inferiore alle attese per il Pd ma soprattutto un exploit, solo in parte previsto, di Beppe Grillo e un recupero oltre le aspettative di Silvio Berlusconi. È un’analisi amara per Pier Luigi Bersani che sperava di «smacchiare il giaguaro» ed invece ora si troverà a dover discutere proprio con il Cavaliere per uscire dal cul de sac dell’esito elettorale.

«È evidente a tutti – è l’unico commento in serata – che si apre una situazione delicatissima per il paese. Gestiremo le responsabilità che queste elezioni ci hanno dato nell’interesse dell’Italia». Il leader Pd, dopo aver lasciato Piacenza all’ora di pranzo, ha raggiunto la capitale. Il programma prevedeva una breve sosta a casa per poi raggiungere il partito, dove era riunito il ‘gabinetto di guerrà dei big, e in serata festeggiare alla Casa dell’Architettura. Ma il film non è andato così e alla fine Bersani è rimasto a casa, in contatto con collaboratori e dirigenti Pd. «Parlo solo a dati certi», ha fatto sapere il segretario democrat verso le 20 e la scorta, che lasciava l’abitazione del leader, è stato il segnale per i cronisti che per oggi Bersani avrebbe scelto il silenzio. Solo domani mattina, smaltita la delusione, il candidato premier del centrosinistra riunirà la stampa sempre alla Casa dell’Architettura. Solo in tarda serata, la vittoria alla Camera mitiga la delusione e spazza la selva di interpretazioni che già cominciavano a circolare. Bersani, spiegano i suoi, non ha alcuna intenzione di gettare la spugna e dimettersi ma domani, insieme allo stato maggiore democrat e agli alleati, deciderà il da farsi. Certo gli spazi di manovra sono strettissimi: il ritorno al voto è un rischio altissimo, con Grillo che potrebbe diventare primo partito anche alla Camera, ma è piena di insidie anche l’ipotesi di un governo che duri lo spazio della riforma della legge elettorale. Anche perchè, è il dubbio tra i democrats, sembra difficile che il Cavaliere possa rinunciare proprio a quella legge che gli permette di essere determinante al Senato.