Protesi al seno, class action del Codacons
Class action in vista per la vicenda delle protesi prodotte dall’azienda francese P.I.P e considerate a rischio. Sarebbero infatti «decine di migliaia le donne che in Italia sono state sottoposte ad impianto» di questo tipo di protesi. A dirlo è il Codacons che, lanciando l’azione collettiva, ha contestato il dato ufficiale finora fornito, secondo il quale sarebbero solo 4.300 le pazienti coinvolte. Lo stesso Codacons domani presenterà inoltre un esposto a 104 procure.
La situazione è tenuta sotto controllo dal gruppo ad hoc, già operante nell’ambito del Consiglio superiore di sanità, anche durante queste feste. Il gruppo tornerà a riunirsi nei prossimi giorni per esaminare ed elaborare protocolli per la gestione clinica dei casi. Nel frattempo – si è appreso – non ci sono motivi di allarme nè segnalazioni. In Italia, ha ribadito il ministero della Salute nell’ultima nota informativa dello scorso 23 dicembre, «non ci sono le premesse per creare allarmismi sulle protesi mammarie» ribadendo «quanto già affermato dal Consiglio superiore di sanità, cioè che non esistono prove di un legame tra le protesi Pip e l’insorgere di tumore, ma esiste solo una maggiore probabilità di rottura delle stesse». Da parte loro le Regioni stanno già lavorando secondo le indicazioni del ministero che ha chiesto di identificare tutte le strutture che hanno acquistato e utilizzato protesi P.I.P. (Poly Implant Prothese) mentre i Comandi dei carabinieri dei Nas di tutta Italia stanno effettuando verifiche presso i distributori di dispositivi medici per rintracciare i centri e i professionisti che potrebbero aver acquistato e utilizzato le protesi ora sotto accusa. Inoltre in un’ordinanza del ministro Renato Balduzzi, si fa obbligo a strutture e professionisti che abbiano impiantato queste protesi di notificare all’autorità sanitaria regionale i dati relativi agli interventi. In Italia dal 2001 al 2010 sono stati effettuati, come risulta dalla banca dati del ministero, 121.699 interventi di mammoplastica di ingrandimento e di ricostruzione totale della mammella. L’ipotesi di stima di impianti con protesi P.I.P. avanzata nell’ambito della discussione tecnico-scientifica del Consiglio superiore di sanità è pari al 3-4 per cento rispetto al totale.
Resta valido l’invito del ministero alle persone che hanno subito un impianto di protesi mammaria P.I.P. di approfondire la loro situazione con il proprio medico curante e il chirurgo che ha effettuato l’operazione. In Francia il governo ha raccomandato «a titolo preventivo» e «senza carattere d’urgenza» la rimozione delle protesi alle 30 mila donne che si sono sottoposte all’impianto. È stato poi chiarito, infine, che l’avviso di ricerca internazionale nei confronti di Jean Claude Mas, fondatore della società Pip, era stato emesso dall’Interpol per guida in stato d’ebbrezza in Costa Rica, e non per la vicenda delle protesi. Mas rischia una pena di tre anni di carcere.