Maroni lancia l’allarme: autunno caldo, ecco i gruppi eversivi

19/10/2011 di

Anarchici che abbandonano la casa madre assumendo comportamenti «eversivi ed improntati alla violenza», skinhead antifascisti che si richiamano anche nella simbologia a quegli ‘Arditi del Popolò che vent’anni prima della Resistenza iniziarono a contrastare lo squadrismo fascista, autonomi e marxisti-leninisti che «non si sottraggono allo scontro» con gli sbirri, come i loro predecessori dell’Autonomia Operaia negli anni settanta. Realtà provenienti da percorsi diversi ma uniti contro un unico nemico: lo Stato capitalista e imperialista.

Nell’informativa al Senato il ministro dell’Interno Roberto Maroni parla di un «autunno caldo» in arrivo e ne indica alcuni dei protagonisti: un gruppo di sigle, non più di dieci, sparse tra Torino, Milano, Roma, Napoli, Livorno, Firenze, Padova, e qualche migliaio di persone che «ha individuato nelle proteste No Tav il laboratorio ideale dove sperimentare pratiche di guerriglia». Sono loro, secondo l’intelligence, i protagonisti del «terrorismo urbano» per le strade di Roma e sono loro che vanno monitorati con attenzione per evitare il bis. Ma non è un compito facile, soprattutto per quanto riguarda la componente anarchica che, dice il ministro, «è caratterizzata dallo spontaneismo» ed opera «attraverso gruppi informali» che si muovono come «unità autonome».

Gruppi cresciuti «in pericolosità», che hanno portato la «teoria insurrezionale nelle grandi manifestazioni di piazza». Qui arrivano alla spicciolata, con mezzi propri e spesso senza armi, che trovano lungo il percorso. L’altra componente dei ‘nerì sabato in piazza, secondo la nostra intelligence, era composta dal gruppo Rash, che sta per Red and Anarchist Skin Heads e ha la sede in via dei Volsci, nel quartiere San Lorenzo a Roma, a due passi da quella che negli anni settanta era la sede storica dell’Autonomia. Secondo il ministro tra le loro fila ci sono diversi appartenenti ai Fedayn della Roma, uno dei più antichi gruppi ultras italiani. «Siamo ragazzi, uomini, donne – scrivono nel loro sito – Veniamo dalle grandi periferie romane: dai quartieri-simbolo della lotta partigiana contro l’invasore nazi fascista, dai quartieri-ghetto dei giovani nati nel posto sbagliato al momento sbagliato. I salotti e le poltrone dei partiti non ci piacciono: facciamo politica di strada. Per la strada». Secondo il ministro «hanno certamente partecipato alle violenze». Loro non negano di esserci stati, criticando gli «indignati di partito con le loro immancabili bandiere arcobaleno» ma anche gli «atti di teppismo puerile» e i «gesti irrazionali da frustrati». Poi ci sono gli antagonisti più duri. Quelli del Laboratorio ‘Acrobax’ di Roma, di Askatasuna di Torino – protagonisti delle lotte No Tav – del Gramigna di Padova, dei Carc di Latina, Livorno e Napoli, del Camillo Cienfuegos di Firenze. Tutta gente che, dicono i servizi, «ritiene strumentale ai propri fini offrire sostegno sul campo ai gruppi anarchici, concorrendo fattivamente agli incidenti». Anche loro, sui siti di riferimento, non negano di essere stati a piazza San Giovanni. Ma arrivano a ben altre conclusioni. «Sabato è stata una giornata di lotta straordinaria – è l’editoriale ‘Roma Burning’ pubblicato da Infoaut – altro che black bloc! In piazza a resistere alle cariche c’era l’ ‘indignazionè italiana, c’era l’espressione del movimento globale in lotta per il cambiamento». E ora la «contrapposizione e il conflitto sociale vanno saputi accumulare e far crescere». Un concetto su cui si dovrà riflettere visto che – e su questo sono d’accordo sia gli analisti sia i manifestanti – sabato lungo via Cavour e via Labicana quelli che hanno provocato i disordini, spesso insultati dal corteo, non erano più di 3-400. Ma in piazza San Giovanni erano diventati almeno il triplo.

LE MISURE – Sabato scorso Roma è stata colpita da una forma inedita di terrorismo, quello urbano, da parte di «tremila delinquenti incappucciati», il cui obiettivo «era ricreare l’incidente di Genova». Per contrastarlo efficacemente in vista di quello che si preannuncia «un autunno caldo», non servono leggi speciali, come la Reale evocata ieri; bastano norme specifiche: dal Daspo esteso alle manifestazioni agli arresti in flagranza differita, ai fermi preventivi. Vanno inoltre responsabilizzati gli organizzatori dei cortei obbligandoli a «prestare idonee garanzie patrimoniali per gli eventuali danni provocati». Questa la ricetta del ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Aperture sono arrivate dalle opposizioni. Il bilancio della guerriglia urbana nella Capitale, ammonisce Maroni, avrebbe potuto essere anche peggiore: «c’era infatti l’intenzione di assaltare le sedi delle istituzioni repubblicane, in primo luogo Camera e Senato, e ciò è stato evitato. Solo la professionalità delle forze dell’ordine ha impedito che ci scappasse il morto». Ma non è vero, precisa, «che non si è fatto abbastanza sul fronte della prevenzione per impedire a questi violenti di giungere a Roma. Le informazioni sui loro movimenti c’erano tutte, ma le attuali norme di legge non hanno consentito e non consentono di procedere ad azioni preventive di polizia (fermi o arresti) di chi è solo sospettato di voler partecipare a iniziative di violenza di piazza». Da qui nasce la necessità di nuove misure legislative, che consentano «alle forze dell’ordine di fare ciò che ora non possono fare, cioè intervenire con efficaci azioni di prevenzione per impedire che le violenze vengano effettivamente attuate». Ed ecco le misure illustrate dal ministro: fermo di polizia e arresto obbligatorio per bloccare, ad esempio, chi in prossimità di manifestazioni risulta in possesso di veri e propri kit di guerriglia urbana; estensione dell’arresto in flagranza differita anche alle pubbliche manifestazioni, come già avviene per quelle sportive; un provvedimento di polizia preventivo per impedire a chi ha precedenti specifici di partecipare alle manifestazioni di piazza, sul modello del Daspo (misura proposta per la prima volta lo scorso anno dal sottosegretario Alfredo Mantovano, dopo i disordini del 14 dicembre); uno specifico reato associativo per chi esercita violenza organizzata nelle manifestazioni; aggravanti speciali per reati comuni, commessi però in occasione di manifestazioni di piazza; maggiori tutele giuridico-legali per gli operatori di polizia, sia sotto il profilo penale che sotto quello civile. Per esempio, osserva Maroni, «c’è una norma prevista nell’ordinamento giuridico, che prevedeva la preventiva autorizzazione del procuratore generale per procedere contro un poliziotto o un carabiniere per presunti reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni». Si tratta, ha proseguito il titolare del Viminale, «di iniziative che investono la sfera di diritti costituzionalmente garantiti e per questo intendo avviare da subito una preventiva consultazione con tutte le forze politiche, prima di presentare un provvedimento di legge al Consiglio dei ministri, cosa che peraltro intendo fare in tempi molto rapidi». Anna Finocchiaro (Pd) definisce «utili» l’arresto in flagranza differita ed il Daspo, ma esprime «un’ostilita chiara e limpida nei confronti del fermo preventivo» e ricorda che «qualcosa non ha funzionato se una città, già presidiata e allarmata da giorni sulla gravità dei disordini che potevano accadere, è stata in parte messa a ferro e fuoco». Marcia indietro da parte del leader dell’Idv Antonio Di Pietro sul ripristino della Legge Reale, perchè bisogna comunque «salvaguardare i diritti costituzionali dei cittadini» e ok a «mutuare le norme già vigenti per i facinorosi degli stadi alle manifestazioni politiche». Da parte sua, il ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, ricorda che «siamo usciti dal terrorismo senza leggi speciali e riusciremo nello stesso identico modo ad arginare l’area del dissenso». Innovazioni normative «si faranno sempre comunque con grande attenzione ai diritti dei cittadini e alle libertà costituzionalmente garantite».