Morto Vezio, lo storico barista di Botteghe Oscure

22/04/2011 di

Non era un bar qualsiasi, nossignori. Quello di via dei Delfini, a due passi da Botteghe Oscure, era il bar del Pci. E anche Vezio, che lo ha gestito dal 1969 al 2005, non era un uomo qualsiasi. Da lui, che dalla scorsa notte all’età di 69 anni, non c’è più, si poteva bere un caffè e immergersi nella storia del Partito comunista italiano. Quei pochi metri quadri di bar sono stati calpestati per più di trent’anni da dirigenti del partito, da Berlinguer a Occhetto, da D’Alema a Veltroni, e da tanti ‘compagnì che oggi lo piangono.

Vezio Bagazzini, per tutti Vezio, era un uomo minuto e provato dalla malattia. Il morbo di Alzheimer lo tormentava da anni e da una settimana era ricoverato, per un’infezione a una valvola cardiaca, all’ospedale San Camillo, dove è morto la scorsa notte. Accanto a lui la seconda moglie, Maria Arcidiacono. Quello del ‘Bottegonè non era solo un bar, era un museo pieno di cimeli del partito: con cura certosina e tanta pazienza, Vezio aveva tappezzato il suo locale con la storia e i suoi ricordi. C’era sul soffitto un tappeto proveniente dalle ex Repubbliche sovietiche con l’immagine di Lenin che era appartenuto a Pietro Secchia; poi la poltrona di Luigi Longo, un biglietto da visita di Fidel Castro, la prima pagina dell’Avanti del 1919, una mattonella di Guttuso realizzata per la Festa dell’ Unità del ’72, foto di Gramsci, Togliatti e Berlinguer. Ma soprattutto c’era lui, che mentre serviva dietro al bancone, faceva una lezione di storia della sinistra. Era l’unico, si era sempre vantato, che poteva accedere per portare un caffè all’ufficio privato di Enrico Berlinguer: «A parlarne mi emoziono ancora – raccontava in un’intervista di qualche anno fa – Quell’uomo aveva un carisma inspiegabile. Quando Berlinguer veniva al bar e mi salutava, mi faceva sentire importante con i clienti». Nella sua ‘latteria comunistà, Vezio snocciolava la sua visione della sinistra, degli errori del passato, di quelli da evitare in futuro. Condiva il tutto con racconti dettagliati, frutto dei suoi incontri con i leader del partito e della sua esperienza. Poi lo sfratto e il trasloco a Tor di Nona, sempre nel centro della Capitale. Un luogo che Vezio, dopo aver passato 36 anni in centro, non ha mai sentito suo, tanto da venderlo sette mesi fa. Unanime il dolore per la morte di Vezio nel mondo della sinistra: «Scompare un amico e un compagni», dice Massimo D’Alema, «una persona cara a tutti noi», gli fa eco Achille Occhetto. Saluta «l’amico appassionato di politica», Walter Veltroni. «Un’istituzione», lo definisce Emanuele Macaluso, che è stato membro della segreteria ai tempi di Berlinguer e direttore dell’Unità. Oggi chi gli voleva bene lo ricorda parafrasando una frase che lui amava ripetere: «A nuove lotte, compagno Vezio».