Procreazione assistita, Italia a macchia di leopardo per l’accesso alle tecniche

23/02/2016 di
neonato-foto-generica

neonato-latina-bimbo-467527622Italia “a macchia di leopardo” per quanto riguarda l’accesso alle tecniche di Procreazione medicalmente assistita (Pma): forti sono infatti le differenze regionali per numero di centri, offerta privata e pubblica e sostegno economico alle coppie. È il quadro che emerge dal Rapporto 2015 dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità, curato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato (Tdm) e presentato oggi.

I 2/3 dei centri, rileva il Rapporto, sono concentrati in 5 regioni (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto) ma con grande squilibrio fra centri pubblici, privati convenzionati e centri privati; il 68% dei centri nel Sud e il 58% nel Centro è privato; nel Nord Est sussiste parità di offerta tra pubblico e privato e nel Nord Ovest vi è prevalenza di offerta nel pubblico. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e PA di Trento e Bolzano hanno inserito la Pma nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) regionali (le prime tre regioni sia l’omologa che eterologa, le due province autonome solo l’omologa).

Inoltre, alcune (PA Trento e Bolzano, FVG, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata) prevedono un sostegno economico per le coppie che ricorrono alla Pma. Anche sull’età delle coppie le regioni applicano criteri diversi: Lombardia, Abruzzo e Campania non pongono alcun limite; in Veneto la Pma è consentita fino ai 50 anni; in Valle d’Aosta e Umbria fino a 41 anni.

La regolamentazione diversa per ogni regione e la differenza di offerta, afferma il Tdm, «ha creato enormi difficoltà per le coppie che non hanno certezza su dove poter rivolgersi e quali costi sostenere. Ciò concentra l’offerta in alcune regioni, creando una forte disomogeneità di accesso e una discriminazione di fatto delle coppie che risiedono in regioni dove l’offerta pubblica è scarsa o nulla come in Molise».

Vi sono inoltre regioni come la Sicilia, evidenzia il Rapporto, in cui «non si attuano le delibere predisposte da anni e altre dove i centri Pma risultano ancora non autorizzati pur operando, come nel Lazio, che risulta al primo posto per disomogeneità di regole e accesso nello stesso territorio regionale».