Ecografie e mammografie? A Latina si aspetta fino a un anno

16/05/2014 di
medico-ospedale

«Sono fuori legge le attese per una visita specialistica o per un esame diagnostico. In ospedale e negli ambulatori pubblici del Lazio si aspetta fino a un anno per una mammografia, una tac al torace, un ecocolordoppler alle carotidi o ai vasi periferici e per una colonscopia.

E nei grandi ospedali, policlinici inclusi, non si prendono appuntamenti: agende chiuse per quasi tutti gli esami diagnostici. È una pratica vietata. Ma se si mette mano al portafogli, con gli stessi medici in attività libero professionale, l’intramoenia, tempo qualche manciata di ore e si è serviti». Lo scrive Carlo Picozza su La Repubblica.

Occorrerebbero 30 giorni al massimo per una visita, 60 per un esame diagnostico; 72 ore per le urgenze. Ma per una mammografia, per esempio, si aspetta fino a 355 giorni nella Asl di Latina e al San Camillo. Un po’ meno a Frosinone, 278 giorni, e a Rieti, 171 – si legge nell’articolo – Tranne che nella RmC, dove in 18 giorni si esegue l’esame, il resto delle Asl e degli ospedali è fuori legge. Supera i tempi prescritti dallo stesso decreto 437 firmato in autunno dal governatore Nicola Zingaretti come commissario di governo per la Sanità regionale, recependo il Piano nazionale 20102012, sulle liste di attesa. L’atto prevede anche l’inserimento dei privati nelle agende del Recup, il centro regionale per prenotare le prestazioni.

Va meno peggio per le ecografie, ma non c’è Asl o ospedale che garantisca l’esecuzione in un mese. Si va da un minimo di 73 giorni (Asl RmA) a un massimo di un anno (Latina). I grandi ospedali, policlinici inclusi, hanno le agende chiuse. Una gastroscopia? Proibitiva con il Servizio sanitario. Senza soldi, in lista di attesa, passano fino a 191 giorni al San Camillo e 188 nelle Asl Rm A e B. Anche per le visite specialistiche, pochissime Asl rispettano i 30 giorni come limite massimo.

Un parere dell’endocrinologo? Dai 32 giorni, nella Asl RmF (Civitavecchia), ai 328 nel policlinico Tor Vergata. “Indisponibili”, le grandi aziende ospedaliere, dal San Camillo, al San Filippo Neri, al San Giovanni, passando per i policlinici Umberto I, Sant’Andrea, Tor Vergata che, con una pratica al bando, chiudono le agende.

“Mancano coraggio, coerenza e celerità – critica Mario Bertone, segretario della Cisl Lazio – non si vuole ridurre o sospendere l’intramoenia nei reparti dove le attese superano i tempi prescritti; sono mancate le direttive alle Asl per rendere pubblica e trasparente la gestione delle agende dei ricoveri; la Regione è in forte ritardo anche nell’inclusione dei privati nel Recup’. Le attese si allungano anche per i 2 milioni e 200mila pazienti che ogni anno passano per i Pronti soccorsi (oltre il 60 per cento in condizioni non gravi) e per il milione e 200mila che vengono ricoverati. Il posto letto resta un miraggio. Si aspetta la degenza in reparto sdraiati sulla barella nei corridoi delle Emergenze. E con i pazienti, aspettano le ambulanze che li hanno soccorsi e trasportati: 220mila ore all’anno in sosta per riavere a bordo la lettiga “sequestrata” dagli ospedali con carenza di letti.

“Mia nonna, 90 anni, si sfoga Federica Travia, è al suo terzo giorno in barella nel Pronto soccorso del San Camillo”.

  1. altro che spread e calo del P.I.L., questa sì che è la vera emergenza ed i politici……….. li trovi nei ristoranti e nei locali perchè c’è la campagna elettorale per le europee…..sempre le stesse facce, i conciliaboli, i gruppetti……. ogni tanto qualcuno viene chiamato al cellulare da chissà chi e si apparta per concertare altre porcherie…….. ieri sera al Teatro Cafaro di Latina uno spettacolo deprimente…..

  2. Ma il bravissimo e bellissimissimo zingaretti non aveva promesso che avrebbe risoluto tutti i problemi delle ASL della regione?

  3. Quanti ci hanno preceduto hanno fatto solo guai… ora, gli umani, provino a riaggiustare il bel Paese