De Amicis: “A Latina il disagio è invisibile”

02/01/2011 di
enzo_de_amicis

di Enzo De Amicis *

Sarebbe utile all’inizio di questo nuovo anno affrontare la situazione del disagio nella città di Latina, per tentare di ridare un senso agli sforzi delle Istituzioni che prima di intervenire sullo stato-sociale devono prendere coscienza di quanto sia vasto questo problema.

Certamente i disagi sono cambiati rispetto a 40/50 anni fa. Negli ultimi quindici anni, è diminuita la zona del disagio conclamato. La tossicodipendenza non è piu’ sulle strade, ma nelle case. Durante le feste ci si droga e al mattino le persone sono perfettamente incravattate e pronte per il lavoro; dai minori devianti si è passati al bullismo diffuso, dai “matti” ai borderline che frequentano i servizi: entrano ed escono e non si sa piu’ come diagnosticarne il disagio.

A loro volta anche i cosiddetti “normali” diminuiscono perche’ anche loro attraversati da qualche forma di disagio. Dal 1970 la depressione è la malattia piu’ diffusa dell’Occidente.

La stessa disabilità un tempo era congenita, oggi sta aumentando quella acquisita. Malattie autoimmuni di cui non si capisce la genesi, prodotte da noi stessi. Poi ci sono gli incidenti stradali: i post-traumatizzati da incidenti stradali hanno una curva di aumento costante.

Sono trasformazioni del disagio che non hanno letture diagnostiche già pronte, né categorie amministrative per poterle mappare, non hanno nemmeno servizi che possano rispondere, ma stanno trasformando la geografia del disagio.

C’è poi lo spaesamento provocato dalla presenza degli stranieri. L’immigrato diventa pretesto di una paura relativa al cambiamento del contesto fisico. Hanno chiuso tutti i negozi che l’anziano vedeva nel suo Quartiere: il panettiere,l’edicolante,ecc. La sparizione di questi luoghi, che erano luoghi di socialità, ha fatto sì che il territorio si depauperasse di reti, venisse meno voglia di uscire. Lo spaesamento è dovuto anche a questa trasformazione fisica del territorio, alla sparizione di punti di riferimento che erano cruciali.

Fino a circa vent’anni fa si potevano distinguere abbastanza nettamente due aree di famiglie: da un lato famiglie (e giovani da queste provenienti) indigenti, portatrici di disagi evidenti, rispetto alle quali erano efficaci alcune precise politiche di integrazione (casa, lavoro e formazione);

dall’altro lato famiglie (e giovani da queste provenienti) in grado di farcela da sole di fronte a difficoltà e imprevisti, in buoni rapporti con le Istituzioni e, anche in assenza di consistenti risorse culturali ed economiche, dotate di un ragguardevole patrimonio di reti.

Oggi tra le due si colloca una fascia sempre piu’ ampia di disagio invisibile, estremamente difficile da intercettare per i servizi, che riguarda ampi strati della popolazione che da una condizione di “normalità” scivolano nel disagio a causa di eventi imprevisti, ad esempio la malattia del capofamiglia, un divorzio, la perdita del lavoro.

Provando a dividere la popolazione della Città in tre fasce secondo una lettura delle loro risorse economiche, relazionali e culturali, emerge uno scenario sociale di questo tipo:

Un’area, che da sempre costituisce il “target” dei servizi sociali, negli ultimi venti anni si è andata cronicizzando; le persone faticano a uscirne soprattutto a causa dello sbriciolamento dei legami sociali di vicinato e di una crescente e diffusa intolleranza verso le fragilità che ha reso le nostre comunità locali sempre meno ospitali.

Un’altra area ha sempre avuto al suo interno due strati: un ceto piu’ istruito e benestante e un ceto popolare, uniti da una caratteristica in genere poco considerata nelle analisi sociali: la tenuta interna alla famiglia. E’ questa l’area che ha da sempre fornito le risorse piu’ importanti per le varie forme di imprenditoria politica e sociale.

Le velocissime e tumultuose trasformazioni che caratterizzano la nostra epoca hanno prodotto un restringimento consistente di questa tipologia di famiglie, favorendo la crescita di una terza, sempre piu’ vasta area: si tratta dei cosiddetti “vulnerabili”, persone spesso proprietarie di una abitazione, con un titolo di studio che va oltre la scuola dell’obbligo, con un reddito da lavoro e tuttavia ascrivibili a quello che si usa definire “ceto medio impoverito” perché, permeate dalla cultura dominante del “no limits” e dell’ipertrofia delle opportunità da cogliere obbligatoriamente, vivono al di sopra dei propri mezzi (a diversi livelli di reddito e di status sociale), facendo un consistente ricorso ad acquisti rateali di ogni tipo. Quest’area, che va da chi “non arriva alla quarta settimana” e tenta la fortuna al Superenalotto a chi ha una condizione economica migliore ma si impasticca e tenta la fortuna in borsa, presenta alcuni tratti trasversali ricorrenti: a) scarsa tenuta interna alla famiglia; b) debolezza delle reti parentali e di vicinato; c) difficoltà (vergogna) nel chiedere aiuto, per timore di vedersi affibbiata l’etichetta di “fallito”, vale a dire non all’altezza della nostra società iper-performativa; d) posizione ostile verso l’Amministrazione Comunale ed il Governo sulle quali si scarica lo smarrimento dovuto all’incapacità di darsi ragione di un tenore di vita che non solo non è all’altezza delle aspettative e delle opportunità che ci circondano, ma che rischia di scivolare verso la povertà.

Prendere coscienza di tutto cio’ è l’invito che faccio a me stesso e a quanti si stanno accingendo ad intraprendere la strada, da diversi mesi ormai, per amministrare questa Città.

E soprattutto ai candidati alle Primarie del centro-sinistra rivolgo l’appello di costruire una mappa della realta’ socio-economica della propria Città, fotografando le famiglie secondo le direttrici che ho sviluppato in questo intervento per poter intraprendere delle iniziative di formazione socio-economica conoscendone il contesto sul quale ci si colloca.

* segretario IDV Latina

  1. però ha detto una cosa giusta. non me ne frega niente di chi è, da che parte sta, con chi mangia e bla bla bla. ha detto una cosa giusta: latina si è provincializzata del tutto, basta vedere l’inciviltà che si crea ai semafori per ricollegarsi al discorso qui sopra!

  2. Per me le primarie creano solo una grande conflittualità-competizione interna, ci si fa la guerra in casa, io la vedo così.
    Meglio i vecchi metodi.
    Inoltre le primarie esaltano troppo i personalismi e le megalomanie del narciso di turno (questo ragionamento vale in generale, non nel caso singolo).
    Inoltre è evidente che questo metodo delle primarie non ha risolto un emerito cazzo, nel centrosinistra, né a Latina né in ambito nazionale.

  3. …vivono al di sopra dei propri mezzi (a diversi livelli di reddito e di status sociale), facendo un consistente ricorso ad acquisti rateali di ogni tipo…
    Praticamente ha descritto i clienti di Ciarelli!!..con gente del genere è praticamente lecito fare l’usuraio!!

  4. L’analisi proposta da De Amicis mi pare interessante.
    Mi colpisce però come venga sempre sottovalutato il problema del potere d’acquisto delle pensioni. Oggi la maggior parte degli anziani ha trattamenti da fame e va in crisi per qualsiasi imprevisto. C’è gente che prende 4-500 euro di pensione…

    E’ una vergogna

  5. Quindi con questi voli pindarici tu vorresti il voto?
    L’IDV ultimamente sta toppando di brutto anche perchè non vogliono persone nuove, ma come tutti gli altri partiti solo gente “approvata” dalla NmenKlatura!
    P.s. credo che mi sia stato cancellato un commento nn capisco perchè..

  6. salve sono una mamma distrutta dalle politiche di una citta demolita dai mangia mangia e dalle supposizioni di chi ci ha gestito fino ad ora senza tenere conto della realta della famiglia che veramente soffre e non viene calcolata ma si calcola solo gente che spaventa la citta ecco cosa e diventata latina un icubo per le famiglie disagiate serimente e con seri problemi lavorativi e di salute e di casa ….lei ha analizzato una realta che sara sempre peggio visto le risposte dei servizi adetti al sociale ….mi scuso cper lo sfogo….