Borgo Montello, biogas tra luci ed ombre: il silenzio del Comune

29/11/2016 di
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È filato tutto liscio come l’olio. Dalle stanze del civico n.1 di Piazza del Popolo – ancora scosse dall’uragano Olimpia –  non si è mossa una foglia, così come negli uffici dell’ARPA. Il via libera al nuovo impianto di trattamento alimentato a biogas targato Ind.Eco, tramite una determinazione di chiusura della conferenza dei servizi, è stato concesso senza problemi dalla Provincia. Si aggiunge così un altro tassello – che per i residenti di Via Monfalcone, ma anche dell’intera zona potrebbe avere le sembianze di un altro macigno – a quel disastroso puzzle che è il sito di Borgo Montello.  Dopo il pericolo scampato dell’impianto della Chiesuola (la società proponente si è fatta da parte), osteggiato da un acceso comitato locale denominato No Biogas, la determinazione arrivata da Via Costa rievoca quasi un deja-vu. Ma stavolta la trincea è occupata dai residenti di Borgo Montello e Bainsizza che, con alle spalle decenni di servitù per la presenza della discarica, vedono lo spettro di PM10 e PM2,5 –  le principali sostanze che formano la miscela del particolato, cancerogeno di classe 1 – prendere forma assieme all’imminente potenziamento della capacità di trattamento e di estrazione delle istallazioni presente nel sito.

Il progetto e il doppio filo con il nuovo sito di discarica. Il biogas è una miscela di sostanze gassose quali metano, anidride carbonica e idrogeno molecolare, prodotto dalla fermentazione batterica della frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata del rifiuto solido urbano, la cosiddetta Forsu. Può avere, in realtà, un’origine più ampia, dagli scarti industriali a fanghi di depurazione. Un trattamento che rimanda ad un triplice utilizzo: come combustibile per la produzione di energia elettrica e calore o addirittura come concimi grazie ad un’integrazione con il processo di compostaggio. Attualmente nel sito di Borgo Montello gestito da Ind.Eco – società vent’anni stanziata nell’area in questione – sono già presenti due unità di recupero energetico; uno alimentato dal biogas estratto dagli invasi di discarica S4, S5, S6 che produce 0,998 MWe e l’altro da S7 e S8. Tutti bacini esauriti in gestione post-operativa. Quello presentato dalla holding del gruppo Grossi è un progetto che prevede l’installazione di due elettrogeneratori con una potenza nominale di 2,6 Mwe a livello del bacino S8, invaso oggetto di una procedura di Via, sulla quale si è aperta una conferenza dei servizi. Alla base dell’istanza un’operazione che conferirebbe un aumento di volumetrie di 165.000 metri cubi, contestata già in fase di istruttoria dalla stessa Provincia tramite lo stesso funzionario – Nicoletta Valle, dirigente del settore Ambiente – che ha siglato l’autorizzazione per l’impianto biogas in questione datata 22 novembre.

Planimetria dell'impianto Ind.Eco

Planimetria dell’impianto Ind.Eco

La scorciatoia dell’Autorizzazione Unica. In sintesi, quello che chiedeva Ind.eco con la procedura avviata lo scorso maggio, era di aggiornare l’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale)  rinnovata dalla Regione a settembre 2014 (contro cui il Comune di Latina ha fatto ricorso, poi non accolto dal Tar) e di far passare il potenziamento dell’impianto come una “variazione non sostanziale” a tale determinazione. Richiesta accolta con un atto pubblicato il 15 giungo dall’Area Ciclo Integrato dei Rifiuti facente capo all’ente regionale, il quale ha segnalato il semaforo verde per l’indizione di una consultazione pubblica –  iniziata poi il 12 settembre – per un’ulteriore valutazione del progetto.

L’intervento proposto, tuttavia, rientra nel programma della direttiva europea 2001/77 sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, e in tale ambito l’iter di approvazione del progetti è posto sotto l’egida dell’organo provinciale e non di quello regionale, come per varie autorizzazioni concernenti ad esempio discariche, Tmb e termovalorizzatori. Un contesto normativo che prevede una procedura semplificata, volta al rilascio della cosiddetta Autorizzazione Unica, atto subordinato al parere di una conferenza dei servizi con non avviene in forma istruttoria ma decisoria. In parole povere, non vi è una fase preliminare con un successivo tavolo di confronto tra la parti. Il tutto deve essere portato a termine entro 45 giorni dalla pubblicazione della nota con cui l’ente proponente – nel caso specifico la Provincia – va ad indire la Conferenza dei Servizi.

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Il silenzio del Comune. L’unico parere ad essere arrivato sul tavolo della Provincia è stato quello del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, che ha presentato osservazioni positive. Alla consultazione sono state invitate Arpa Lazio, il Servizio Igiene Pubblica della Asl, l’Area Infrastrutture Energetiche della Regione, il Servizio Ambiente e Territorio del Comune. Non una parola da nessuno di questi. Un quadro desolante dipinto dal lassismo delle parti in causa, tra le quali spicca proprio quella dell’amministrazione comunale, in dovere di prendere una posizione sulla questine– sia in senso negativo che positivo. Ma dalla stanze del palazzo comunale tutto tace. Sta di fatto che in procedimenti di istanza come questo, vale il principio del silenzio-assenso, e pertanto un mancato invio del parere all’amministrazione provinciale è stato tradotto come un via libera. Più propriamente, sulla scorta dell’assenza di manifestazioni di dissenso, ha potuto adottare la determinazione di chiusura della conferenza dei servizi, e quindi al rilascio dell’autorizzazione per la costruzione e l’esercizio dell’integrazione alla struttura impiantistica.

Una consultazione a porte chiuse (ma solo per i cittadini). Oltre ai soggetti competenti in materia citati, a partecipare alla Conferenza dei Servizi sono stati la e-distrubuzione spa del gruppo Enel e addirittura l’Agenzia delle Dogane di Gaeta. Ma non i cittadini riuniti nel comitato Borgo Montello-Borgo Bainsizza, i quali più volte hanno preso parte a tale tipologia di sedute propedeutiche ai vari rinnovi Aia che si sono succeduti negli anni nella gestione della discarica. E più volte, capitanati dal loro consulente tecnico – l’attivista Giorgio Libralato – hanno potuto dire la loro, arrivando anche ad esporre le note e conclamate criticità con cui devono fare i conti nel quotidiano, davanti alla commissione d’inchiesta parlamentare sulle Ecomafie. Impugnando, tra l’altro, più di qualche provvedimento. Proprio Libralato, con una nota in cui esprime alcune considerazioni su tali avvenimenti, intona parole di fuoco: “Una centrale a biogas approvata all’insaputa dei cittadini, saranno cambiati i suonatori, ma la musica è sempre stonata.” Un commento che sottende una stoccata all’amministrazione comunale “Ci eravamo illusi – continua – che a Piazza del Popolo si cambiasse libro, che fosse arrivato il bene comune, che un medico, diventato sindaco, fosse in grado di considerare i danni delle emissioni cancerogene sulla salute umana. O che almeno, da medico, applicasse il principio di precauzione”. E non risparmia, ovviamente, l’ente provinciale: “Un mese fa la Provincia annunciava fuoco e fiamme, – tuona riferendosi al muro alzato dal consiglio provinciale contro il Piano Rifiuti Regionale – il che potrebbe sembrare l’ennesimo diversivo per distogliere l’attenzione dei cittadini”.

L’interrogativo dell’invaso sequestrato. C’è però una questione di fondo su cui si pone un ingombrante interrogativo. Un particolare non riportato nella determinazione varata da Via Costa. L’invaso S8 che ospiterà la nuovo istallazione è stato posto sotto sequestro preventivo lo scorso gennaio su disposizione del gip Giuseppe Cario. Le verifiche che hanno preceduto il provvedimento cautelare hanno riscontrato un abbancamento illegale di ben 114 mila metri cubi di rifiuti in più rispetto a quanto previsto dall’Aia. Secondo i rilievi topografici la discarica era più alta di 3 metri rispetto ai paletti imposti.  Una situazione valutata nell’ordinanza come un “pericolo per la salute collettiva” a causa di un quantitativo di immondizia che grava su un strato di impermeabilizzazione non adatto per tale surplus e pone il rischio di infiltrazione del percolato nella falda sottostante. Il quesito dunque è se si può autorizzare o meno la costruzione di un impianto su un terreno posto sotto sequestro. Un indizio circa la risposta ci arriva dal decreto legislativo 387/2003, più specificamente dall’art.4-bis, che recita: ”Per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa, ivi inclusi gli impianti a biogas e gli impianti per produzione di biometano di nuova costruzione e per impianti fotovoltaici, ferme restando la pubblica utilità e le procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto.” Cosa attualmente non dimostrabile visto che quell’appezzamento è sotto il controllo della Procura, dalla quale – almeno in linea teorica – dovrebbe partire l’autorizzazione per l’utilizzo. Sic stantibus rebus. Una situazione molto simile a quanto accaduto con il rinnovo dell’Aia Ecomabiente, i cui terreni vennero posti sotto sequestro nel 2014. E si attendono proprio da Via Ezio chiarimenti sulla vicenda.

discarica-borgo-montello-latina-24oreMancano i dati catastali, le garanzie fideiussorie, e un piano economico per il post-esercizio. Il nodo sul disponibilità dell’area su cui dovrebbe sorgere la centrale non è l’unica ombra sulla questione. Non sono presenti ad esempio le garanzie economiche sull’impegno di dismissione dell’impianto una volta terminata la vita utile. Eppure il bidone delle polizze fideiussorie “carta straccia” avrebbe dovuto richiamare l’ente ad una valutazione più stringente circa la presentazione di tali garanzie. Emblematico il caso Agri Power, che gestisce la centrale biogas dell’Acciarella. La società aveva stipulato polizze fideiussorie con la Gable Insurance Ag, la compagnia del Liechtenstein sull’orlo del crac, salita agli onori della cronaca per aver rilasciato fideiussioni – che ora valgono zero – a mezzo calcio italiano. Il Comune infatti lo scorso ottobre, forte del parere espresso dall’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni, ha posto il diniego all’atto presentato da Agri Power. Proprio Libralato aveva anticipato i rischi di tali polizze assicurative, alle quali dovrebbero essere preferite garanzie bancarie. Tra le prescrizioni dell’Autorizzazione Unica rilasciata da Ind.Eco c’è anche quella di fornire all’ente comunale, un piano economico di ammortamento dell’investimento della attività post-esercizio. E dulcis in fundo, mancano i dati catastali della struttura. “Quindi la Ind.Eco potrebbe costruire la sua centrale dove vuole, speriamo proprio in Piazza del Popolo”, ironizza Libralato. Ma, messe da parte iperboli sarcastiche, quel che resta, ancora una volta, è l’amaro in bocca di chi abita quel fazzoletto di terra abbandonato dalle istituzioni.