Sabaudia perde il processo, i giudici salvano le ville dei vip sulle dune

07/02/2018 di

Il Comune di Sabaudia perde la battaglia legale per rivendicare i diritti di proprietà sulle dune di macchia mediterranea dove sorgono le ville di tanti vip.

Il Comune in guerra da anni con la vicina amministrazione di Terracina e un centinaio di proprietari di ville e resort – vip e imprenditori come Francesco Totti e Giovanni Malagò, la famiglia Fendi e i Volpi di Misurata – non ha mai avuto nessuna titolarità su quei terreni, che non erano classificati come demaniali, e che negli anni ’50 furono venduti ai privati.

La parola fine alla guerra giudiziaria pluridecennale l’ha messa la Cassazione che ha detto no al ricorso del Comune di Sabaudia. Il regime fascista, con regio decreto del 1933, aveva costituito il Comune prendendo pezzi di territorio dai Comuni limitrofi ma non il relativo patrimonio, beni mobili e immobili, che rimaneva nella disponibilità degli enti così ridimensionati.

Per questo motivo – hanno stabilito i giudici – il Comune di Terracina aveva il pieno diritto – era il 1952 – a vendere a un privato i fondi, non demaniali, in proprio possesso di Ponte, Pantanelli e i tumuleti del lago di Paola, dove sono sorte le splendide residenze.

La diatriba legale era iniziata nel 1962, quando il Comune di Sabaudia aveva citato in giudizio quello di Terracina e i nuovi proprietari dei terreni. Nel contenzioso si inserì anche la famiglia Scalfati che, oltre ad essere proprietaria del lago di Paola, sosteneva di aver diritto sui terreni circostanti.

A dare una speranza a Sabaudia era stata nel 2006 la clamorosa sentenza di un giudice onorario del tribunale di Latina che aveva dichiarato l’inefficacia dell’atto di compravendita con il quale il Comune di Terracina aveva venduto i suoi fondi, ordinando la restituzione dei terreni, salva intervenuta usucapione.

La Corte d’appello di Roma nel 2011 aveva ribaltato la decisione di primo grado. E ora anche la Cassazione, respingendo il ricorso del Comune di Sabaudia, ha infranto una speranza coltivata dall’amministrazione della città per oltre 50 anni. Le sentenze della corte d’appello di Roma, prima, e della Cassazione (sentenza n. 2805 della seconda sezione civile) poi, si fondano sulla distinzione tra bene demaniale e bene patrimoniale.

In sostanza, il regio decreto del 1933 con il quale era nato il Comune di Sabaudia dalla bonifica dell’agro pontino, aveva trasferito i beni demaniali, sui quali è sorta la nuova città, ma non prevedeva alcuna cessione di beni patrimoniali dai Comuni limitrofi, quali erano appunto i fondi poi venduti da Terracina nel ’52. La Cassazione ha anche condannato il Comune di Sabaudia a pagare le spese legali in favore delle controparti, che ammontano circa 149mila euro.