Ucri, si evolve l’assistenza ai pazienti in stato vegetativo

27/02/2011 di

Il concetto di assistenza dei pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza si evolve. Per loro, la presenza dei parenti è importante, forniscono un’assistenza continua e sono i primi a rendersi conto dei progressi. Per questo, nell’Unità di cure residenziali intensive (Ucri), recentemente inaugurata all’ospedale San Camillo-Forlanini di Roma, mariti, mogli e genitori dei pazienti possono restare anche la notte, in stanze adibite ad ambiente residenziale. È il tratto innovativo della struttura, l’unica in Italia interamente pubblica presente in un Dea (Dipartimento d’emergenza e accettazione) di secondo livello.

Dei 10 posti disponibili, ne sono occupati 8 ma a regime ci saranno 30 posti. Una paziente è una giovane donna che ha subito un’emorragia cerebrale dopo il parto. Sul letto c’è un cuscino su cui è riprodotta la foto della sua bambina. Nella stessa stanza c’è un ragazzo in stato vegetativo dal 2007, in seguito ad un incidente stradale. Gli otto pazienti provengono dalla Casa di Cura San Giuseppe, riconvertita in residenza sanitaria assistita e non più in grado di fornire le cure necessarie. Oggi, nell’Ucri del San Camillo, il commissario straordinario, Aldo Morrone, (indicato dalla governatrice Renata Polverini come prossimo direttore generale), insieme al direttore sanitario, Simonetta Massafra danno disposizioni per gli ultimi ritocchi all’arredamento dell’unità, per le stanze dove i parenti potranno trascorrere la notte. «Qui i parenti possono stare sempre – afferma Massafra – solo così sono realmente vicini ai loro cari. Danno un’assistenza competente e continua». «Abbiamo ricevuto numerose richieste di ricovero sia dal Lazio che da altre regioni – dichiara Morrone – e stiamo predisponendo l’unità per ricevere altri pazienti».

Nell’Ucri lavorano due medici, sei infermieri e due fisioterapisti, «c’è una palestra dove i malati ogni giorno fanno fisioterapia – aggiunge il primario dell’unità di rianimazione, Remo Orsetti – . Nelle stanze non ci sono interruttori per la luce o manopole da girare, è tutto regolato da fotocellule. Ci sono telecamere a circuito chiuso, perchè i pazienti non possono suonare campanelli in caso d’emergenza e televisioni con dvd, dove si rivedono filmati della loro vita prima che avvenissero i traumi che li hanno immobilizzati». Anche questa è terapia.