Incendio a Pomezia, Osservatorio amianto: Effetti tra 20 anni

08/05/2017 di

«C’era amianto nello stabilimento Eco X da cui si è generato il rogo di Pomezia, la cui nube tossica ha avvolto un’ampia porzione della campagna romana e del nord della provincia di Latina». Lo sottolinea l’Osservatorio nazionale amianto (Ona), che ricorda come alcuni cittadini abbiano segnalato «odori acri, bruciore agli occhi, nausea e vomito», chiedendo aiuto all’unità di crisi costituita dall’Ona e coordinata dal presidente Ezio Bonanni e da Antonella Franchi, che ormai ininterrottamente da sabato mattina rispondono al telefono e all’email osservatorioamianto gmail.com.

Gli effetti dell’amianto possono manifestarsi «anche dopo 20-40 anni», ricorda l’Ona. Oltre 100 le segnalazioni arrivate finora, fa sapere l’Osservatorio. L’attività di assistenza proseguirà nei prossimi giorni, con l’auspicio che «anche l’amministrazione comunale di Pomezia voglia collaborare con l’associazione, mettendo a disposizione un locale per permettere ai volontari di poter ricevere anche in loco». Fin da subito l’unità di crisi si è attivata con medici, tecnici e avvocati, per cercare di arginare le conseguenze dello sprigionarsi degli agenti tossico-nocivi del rogo che dalla Pontinia Vecchia, in territorio di Pomezia, era percepibile anche a distanza di chilometri. Il pericolo non è solo l’amianto, avverte l’Ona. La combustione di materiale plastico (Pvc) provoca la formazione di diossine, che sono cancerogene e causano diversi tumori (Iarc, Gruppo I dei cancerogeni). L’Osservatorio lancia dunque l’allarme anche per quanto riguarda le diossine e i loro effetti sulla salute umana, che si sommano a quelli dell’asbesto e degli altri agenti patogeni e cancerogeni che si sono diffusi nell’ambiente in seguito all’enorme incendio.

L’amianto – prosegue l’Osservatorio – provoca patologie fibrotiche (asbestosi, placche pleuriche, ispessimenti pleurici) e cancerogene (mesotelioma, tumore polmonare, cancri degli altri organi delle vie aeree e gastrointestinali), con tempi di latenza che possono arrivare fino a 40 anni. Non sussiste una soglia al di sotto della quale il rischio si annulla e anche poche fibre possono essere sufficienti per provocare il mesotelioma e altre gravi patologie. L’Ona stima che solo in Italia, nel 2016, sono decedute più di 6 mila persone per esposizione ad amianto. Le diossine, invece hanno un effetto cancerogeno ritenuto causa di linfomi e tumori ai tessuti molli data la tendenza ad accumularsi nelle cellule adipose, e determinano alterazioni epatiche, neurologiche e polmonari. Interferiscono con il funzionamento cellulare, provocando l’alterazione delle ghiandole endocrine, soprattutto tiroide, timo e ipofisi, con un’azione pre-cancerogena, con squilibrio ormonale e rischio di malformazioni genetiche fetali. Possono causare disturbi della crescita e dello sviluppo psicomotorio e determinare sterilità e scarso sviluppo dell’apparato riproduttivo. L’Ona prende atto che, alcuni mesi prima del disastro, già i cittadini avevano comunicato una situazione di rischio e purtroppo non c’è stata efficace prevenzione. L’Osservatorio pertanto chiede: che il sindaco di Pomezia e dell’intero comprensorio emani un’ordinanza con la quale si imponga la immediata bonifica di altri siti con amianto che i cittadini hanno segnalato e l’immediata rimozione di eventuali altri rifiuti che fossero presenti; supporto alle attività dell’unità di crisi istituita dall’Ona, in relazione alle richieste dei cittadini preoccupati per la loro salute; provvedimenti specifici per quanto riguarda i luoghi/aziende private.

Non solo. L’incendio ha provocato una calamità per l’agricoltura, continua l’Ona. Già la sola ordinanza emessa dal sindaco di Pomezia e dal commissario di Ardea, di divieto di raccolta, vendita e consumo di prodotti ortofrutticoli coltivati, di pascolo e l’utilizzo di foraggi, colpisce 4.000 ettari di terreno e 150 aziende agricole. Risultano però interessate centinaia di altre aziende agricole. Per questi motivi «si chiede che il Governo intervenga con la sospensione dell’obbligo di pagamento delle tasse e con altre misure di sostegno per il settore, per evitare il suo tracollo e la perdita di posti di lavoro, e un danno irreversibile più grave rispetto a quello di immagine già subito». Si chiede inoltre una più rigorosa normativa in materia di impianti chimici, ovvero di lavorazione chimica, con l’obbligo di un servizio di istituzione di un presidio antincendio interno a tutti gli stabilimenti in cui c’è il rischio di incendio di materiali tossici; e di ultimare la mappatura dei siti in cui vi è presenza di amianto nella Regione Lazio.

  1. ma sarà un caso che questi depositi di rifiuti speciali una volta saturi prendono fuoco? Non è il primo ne sarà l’ultimo… forse è un modo per i gestori d’evitare di pagare lo smaltimento in discarica autorizzata?