Morto Giuseppe Nardi, tetraplegico in sciopero della fame a Sermoneta

10/05/2014 di
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E’ morto nella notte tra il 9 e il 10 maggio Giuseppe Nardi, paralizzato da 23 anni dopo un incidente stradale. Sabato 3 maggio Nardi aveva iniziato uno sciopero della fame e della sete. Martedì 5 maggio pomeriggio è stato ricoverato in gravi condizioni per un blocco renale. Da subito i medici giudicarono gravissime le sue condizioni.

CHI ERA. Giuseppe Nardi di Sermoneta (Latina) era tetraplegico da 23 anni per un grave incidente nel 1991. Dopo averle tentate tutte e dopo aver sperato invano di essere inserito nel programma di ricerca sulle cellule staminali, ha chiesto più volte allo Stato di riconoscere il suo “diritto di morire”.

Il 61enne abitava con la moglie Giorgia a Sermoneta, assistito 24 ore su 24, con l’assegno di accompagno e la pensione di invalidità erogati dall’Inps che sommate ammontano a 730 euro. La convinzione di combattere la battaglia per l’eutanasia è maturata in Giuseppe Nardi nel corso degli anni, dopo aver tentato ogni cura possibile nei migliori ospedali di Francia e Russia e dopo aver seguito la vicenda di Piergiorgio Welby, ora portata avanti da sua moglie Mina.

LA DICHIARAZIONE DI MINA WELBY. “Nel 1991 Nardi aveva avuto sul suo libretto di lavoro 23 anni di contributi lavorativi. Quando due anni fa l’INPS lo chiamò per accordargli la pensione contributiva, capì che gli era spettata fin dal 1991. All’atto della pratica allora il CAAF gli aveva fatto, sbagliando, la pratica per l’invalidità civile. Giuseppe tramite il suo avvocato, membro di giunta dell’Associazione Luca Coscioni, chiese all’INPS la somma di differenza tra assegno di invalidità civile e la pensione di inabilità al lavoro. La sua disperazione alla fine è arrivata al punto di scegliere una battaglia non violenta per ottenere giustizia, vedendo la sua famiglia in continue difficoltà per la sua cura, in un Paese dove l’assistenza per i malati è troppo spesso subordinata ad altri tipi d’interventi e ad altre priorità che in paese democratico non dovrebbero derubricare i diritti di chi è malato. Con il nostro rammarico per l’esito così tragico della sua vicenda, giunga alla famiglia la solidarietà dell’Associazione Coscioni tutta, con l’impegno di sostenerli fin d’ora nell’intraprendere le vie che il caso consiglia”.

 

  1. Grande Giuseppe, quello che è successo a te potrebbe capitare ad ognuo di noi o dei nostri cari.
    La tua battaglia non sia inutile.