Donne uccise a Cisterna, l’assassino: “Ero minacciato da mesi”

Sarà interrogato domani mattina Raj Kumra, l’autore del duplice omicidio di Cisterna. L’uomo ha sgozzato madre e figlia: Stefania Di Grazia e la 18enne Martina Incocciati. Questa mattina il medico legale Saverio Potenza riceverà l’incarico dal magistrato per eseguire l’autopsia sulle salme di madre e figlia. I funerali forse ci saranno domani.
L’indiano di 36 anni, assistito dall’avvocato Benedetto Faralli, sarà ascoltato dal giudice per le indagini preliminari Costantino De Robbio. L’interrogatorio probabilmente si svolgerà oggi o domani, c’è comunque tempo fino a giovedì. L’uomo, reo confesso, ha spiegato al magistrato che segue la vicenda, il sostituto procuratore Giuseppe Miliano, di aver agito perché esasperato dalle continue richieste di denaro di Stefania che andavano avanti da mesi. Poi ha ricostruito il delitto, ha detto che una volta uccisa lei ha dovuto eliminare anche la figlia, testimone scomoda dell’omicidio.
«Era spaventato dalle minacce della donna che gli diceva continuamente che l’avrebbe fatto cacciare dall’Italia – spiega l’avvocato Faralli – sapeva che voleva soldi, sabato mattina aveva portato 100 euro, lei ne pretendeva almeno 500 e l’uomo ha reagito. Erano mesi che pagava». Gli investigatori avevano parlato di un debito di 8.000 euro riferito dallo stesso Raj Kumra.
LE PRATICHE DI IMMIGRAZIONE. «Stiamo verificando – spiega il colonnello De Chiara – le pratiche aperte dalla donna presso l’Inps e con l’ufficio stranieri della Questura». Non si esclude, a questo punto, un giro più vasto legato ai permessi di soggiorno. Lo stesso assassino ha confermato l’attività della donna e ha detto che lei lo minacciava di farlo andar via dall’Italia se non avesse saldato il debito di 8.000 euro.
ATTIVITA’ DI COPERTURA. Francesca Di Grazia aveva un’azienda con sede a Latina in via Alfieri 27. Lì aveva sede anche la sua ditta individuale di «commercio al dettaglio di utensili per la casa, cristallerie e vasellame». Alla luce di quanto emerso in questi giorni probabilmente si trattava un’attività di comodo, utilizzata per la richiesta di lavoratori stranieri, facendo così ottenere i permessi di soggiorno. Nel 1991, infatti, la vittima era stata amministratrice di una società di «confezioni in serie di abbigliamento esterno», con sede in provincia di Teramo. Azienda che risulta chiusa nel 2005.
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