Ripuliva i soldi della criminalità, sequestri anche a Latina e Sabaudia

12/12/2012 di
guardia_di_finanza_auto_latina24ore

Trent’anni di affari all’ombra di attività criminali le più disparate, dalla Banda della Magliana alla camorra passando per la mafia. Avrebbe costruito così il suo impero Danilo Sbarra, noto immobiliarista molto potente a Roma negli anni 80. In particolare avrebbe avuto, per circa 30 anni, relazioni con associazioni criminali dedite soprattutto all’usura, alla bancarotta fraudolenta ed al traffico internazionale di stupefacenti.

La sua ascesa economica, secondo le indagini, sarebbe stata legata al suo ruolo di riciclatore, non solo per conto di noti gruppi criminali operanti nella Capitale, quali la «Banda della Magliana» e la «Banda della Marranella», ma anche di esponenti di spicco di «Cosa Nostra» siciliana e della «Nuova Famiglia» di matrice camorrista, da qui il nome dell’operazione. Collaboratori di giustizia Pasquale Galasso e Maurizio Abbatino segnalavano come Sbarra fosse molto vicino a Pippo Calò, cassiere della mafia e luogotenente dei Corleonesi.

Anche il boss di Cosa Nostra Salvatore Contorno divenuto collaboratore di giustizia sottolineò gli interessi che Calò aveva nella società «Sbarra Costruzioni», impresa all’epoca titolare di numerosi cantieri a Roma. E sempre Calò parlò del fatto che Calò investiva, nel settore immobiliare, i proventi dei traffici illeciti avvalendosi «di un tale Sbarra come prestanome». Ancora, i collaboratori di giustizia ed ex boss della Banda della Magliana Antonio Mancini e Maurizio Abbatino, segnalavano Sbarra come persona impegnata nel riciclaggio delle risorse illecite nel settore immobiliare e nell’attività… usuraria. Il collaboratore Pasquale Galasso riferiva, invece, dell’attivit…à di riciclaggio svolta da Sbarra in favore di Antonio Malventi, figura di spicco dell’associazione camorristica «Nuovo Famiglia»: per conto di questi negli anni Sbarra aveva realizzato degli investimenti immobiliari, anche nella Repubblica Dominicana, assicurando supporto logistico ad affiliati, anche latitanti, a Roma. Un altro ‘pentitò riferì dei collegamenti di Sbarra con esponenti della «Banda della Magliana» che attraverso lui investivano i proventi del traffico di stupefacenti e dell’usura nel settore immobiliare. E ancora enormi flussi finanziari sin dal 1996 sono intercorsi tra Sbarra e Rolando Gaglieti della «Banda della Marranella».

IL SEQUESTRO DI BENI. Quarantasette unità immobiliari a Vieste (Foggia), 2 terreni siti a Sabaudia (Latina) ed un terreno sito a Latina, 7 unità immobiliari a Sabaudia (Latina), 5 autovetture (Pontiac, Mercedes, Volkswagen, Smart) quote societarie di 7 società operanti nel Lazio e conti correnti per un valore totale di stima pari a 26.118.725 euro. Questi i beni confiscati agli eredi di Danilo Sbarra, imprenditore romano già condannato per usura e riciclaggio anche se mai per associazione a delinquere di stampo mafioso, dalla guardia di finanza. Il provvedimento di confisca, delegato dalla Corte di Appello di Roma ed eseguito dalle Fiamme Gialle del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Capitale, conclude un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale nei confronti di Danilo Sbarra, notissimo immobiliarista romano, pluripregiudicato, deceduto nel 2006. All’esito del lungo iter processuale, che ha visto l’intervento anche della Suprema Corte di Cassazione, è risultata assolutamente provata la qualificata pericolosità sociale dello Sbarra. Inserito da circa trent’anni in contesti criminali dediti soprattutto alla commissione di reati quali l’usura, la bancarotta fraudolenta ed il traffico internazionale di stupefacenti, la vigorosa ascesa economica dell’imprenditore è risultata indissolubilmente legata al suo ruolo di riciclatore, non solo per conto di noti gruppi criminali operanti nella Capitale, quali la «Banda della Magliana» e la «Banda della Marranella», ma anche di esponenti di spicco di «Cosa Nostra» siciliana e della «Nuova Famiglia» di matrice camorrista, da qui il nome dell’operazione. A parlare del suo presunto ruolo di riciclatore sono stati, i collaboratori di giustizia Pasquale Galasso e Maurizio Abbatino che lo indicavano anche come persona molto vicina al noto Pippo Calò. Sul punto, già Salvatore Contorno, figura di rilievo di «Cosa Nostra» e collaboratore di giustizia, qualificava il Calò come persona legata alla mafia «vincente» dei «Greco-Riina», e referente, in Roma, del crimine organizzato mafioso, con interessi nella «Sbarra Costruzioni», impresa all’epoca titolare di numerosi cantieri nella Capitale. Lo stesso Contorno narrava di essere giunto a Roma per rintracciare il Calò, allo scopo di vendicare la morte di Stefano Bontade, riconosciuto capo di Cosa Nostra prima della violenta ascesa dei corleonesi di Riina, apprendendo che costui investiva, nel settore immobiliare, i proventi dei traffici illeciti avvalendosi «di un tale Sbarra come prestanome». I collaboratori di giustizia Antonio Mancini e Maurizio Abbatino, segnalavano lo Sbarra come persona impegnata nel riciclaggio delle risorse illecite nel settore immobiliare e nell’attività usuraria. Il collaboratore Pasquale Galasso riferiva, invece, dell’attività di riciclaggio svolta dall’imprenditore in favore di una figura apicale dell’associazione camorristica denominata «Nuova famiglia», per conto del quale il proposto, negli anni ’80, secondo il Galasso, aveva realizzato degli investimenti immobiliari, anche nella Repubblica Dominicana, assicurando supporto logistico ad affiliati, anche latitanti, in Roma, per realizzare gli obbiettivi criminosi dell’organizzazione. Analogamente, altro collaboratore riferiva dei collegamenti del proposto con esponenti della Banda della Magliana che, per tramite dello Sbarra, investivano i proventi del traffico di stupefacenti e dell’usura nel settore immobiliare. Parimenti, all’esito delle indagini svolte dal G.I.C.O. sono stati ricostruiti enormi flussi finanziari intercorsi, dal 1996 tra Sbarra ed esponenti di primario livello della «Banda della Marranella».

  1. Armandino cosa hai da esultare ?? Che resti sulla Poltrona di una Provincia come questa? E te Principe del Granducato di Fazzonia sei contento dei tuoi trecento emendamenti per far restare il tuo compare seduto in questo territorio? Qui siamo in ginocchio..o anche questo è un caso isolato?Avete lasciato questo territorio in mano alla criminalità organizzata e al malaffare:VERGOGNA!!!…Onore al Prefetto Frattasi!!!! SEMPRE!!!

  2. Questa e’ gente che operava dai tempi della prima repubblica anni 70′ 80′ quando i cusani e i fazzoni erano bambini….anni in cui in carcere andavano soltanto ladri di polli e criminali puri….questi erano CRIMINALI-IMPRENDITORI…INTOCCABILI….ma comunque su queste persone ci sono faldoni alti metri….!!!!! Detto questo le province andavano abolite in toto,solo chi ci lavora sostiene il contrario.

  3. Tutto passa. Niente produce effetti. Neanche le dichiarazioni di Cusani di qualche anno fa sui “casi isolati” e sul fatto che a Latina non ci fosse radicamento criminale.

    Dopo le indagini della magistratura, le relazioni del Prefetto in un altro Paese un politico del genere avrebbe finito la propria carriera.

    Questo rischiamo di trovarcelo in Parlamento, in buona compagnia.