Efficacia delle cure, i dati degli ospedali del Lazio

19/11/2012 di
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«Si chiama Programma valutazione esiti (Pne) ed è curato dall’Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Prendendo come riferimento 42 prestazioni erogate in 1.438 ospedali pubblici e privati italiani, valuta l’efficacia delle cure nel 2011. Una sorta di classifica che va valutata con grande prudenza: è evidente che in un importante ospedale vanno i casi più gravi e quindi ci sono più esiti negativi. Ma per il Lazio, comunque, il responso resta poco lusinghiero». Lo scrive in un servizio Il Messaggero.

«Osserva la Cgil che, su impulso del segretario laziale Claudio Di Berardino, ha rielaborato i dati. Altro elemento scoraggiante: nel Lazio ci sono centri di eccellenza e grandi policlinici, ma sono più i pazienti laziali che vanno a curarsi in altre regioni, di quelli che da altre zone d’Italia vengono a curarsi nel Lazio. Ma vediamo nel dettaglio le quattro tipologie di prestazioni prese in esame (utilizzando i dati del Programma nazionale esiti e del Prevale) dalla Cgil-Politiche della salute: per l’infarto miocardio acuto il grado di mortalità a 30 giorni dal ricovero; frattura del femore: operazione entro 48 ore; numero di parti con taglio cesareo; colicistectomia laparoscopica in regime ordinario: numero di ricoveri con degenza non superiore a 3 giorni.

INFARTO – Per la prima voce, quella dell’infarto nella classifica nazionale tra i dieci migliori ospedali d’Italia non ce n’è uno del Lazio, mentre nella triste classifica degli esiti sfavorevoli tra i primi dieci, su scala nazionale, ci sono l’Ospedale di Tivoli, il Ccas di Pomezia, l’Umberto I. In altri termini, su scala laziale: per la percentuale di mortalità nei 30 giorni successivi al ricovero, i risultati migliori arrivano dal Vannini, dal Sant’Andrea, dal San Giovanni, dal San Camillo e dall’ospedale di Colleferro. La percentuale di mortalità più alta, nei trenta giorni successivi, si registra a Tivoli, Pomezia, all’Umberto I, a Frosinone e Civitavecchia. Per l’arco temporale 2007-2011 risultano in miglioramento il Vannini e in San Camillo, in peggioramento l’Umberto I.

FEMORE – Per la frattura del femore è stato verificato se l’intervento chirurgico è avvenuto entro 48 ore. Neppure un ospedale laziale è tra i primi dieci in Italia, mentre tra i peggiori dieci c’è solo Palestrina. I cinque ospedali laziali con esiti in gran parte favorevoli (intervento entro due giorni dal ricovero) vedono al primo posto Aprila, seguito da Fatebenefratelli, Sant’Eugenio, Gemelli e Latina. Male Palestrina, Frosinone, Rieti, Pertini e Viterbo.

CESAREI – L’analisi sui parti con taglio cesareo è importante, in Italia c’è la percentuale più alta d’Europa. Il dato però va preso con le molle: in una casa di cura privata, con parto programmato, è più probabile che ci sia un cesareo. Nella media nazionale nessun ospedale romano è tra gli esiti favorevoli, mentre nella classifica delle ultime dieci in negativo c’è la Mater Dei. Su scala laziale, l’ospedale in cui si ricorre meno al cesareo è il Sant’Eugenio (su 100 media di 16,42), seguito dagli ospedali di Latina, Cristo Re, Viterbo e Anzio. La frequenza più alta è al Mater Dei, seguita da Alatri, Villa Pia, Colleferro e Rieti.

COLICISTECTOMIA – Ultima prestazione analizzata in questa ricerca: la colicistectomia laparoscopica (asportazione della cistifellea). In quanti casi la degenza è inferiore ai tre giorni (considerata una performance positiva)? Nessun ospedale laziale è tra i dieci migliori d’Italia. Su scala regionale la percentuale più alta (82,54 su 100) di esiti favorevoli è a Rieti, al San Carlo di Nancy, al Campus Biomedico, al Gemelli e al Vannini. I dati negativi: Latina, Policlinico Umberto I, San Giovanni Addolorata, Grassi di Ostia e Civitavecchia».