Camorra all’assalto del Sud Pontino, una guerra che dura da 30 anni

24/08/2012 di
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di Marco Cusumano *

La guerra tra clan nel Sud Pontino ha radici lontane. Sin dagli anni Novanta, dopo l’operazione «Spartacus» che decapitò il clan dei Casalesi, alcuni affiliati tentarono di radicare i propri interessi nell’area del Basso Lazio. In alcuni casi però si scontrarono con esponenti della criminalità locale, in altri si crearono nuove alleanze, spesso utili ai campani per entrare nel tessuto economico di un territorio a loro quasi sconosciuto.

Nel maggio scorso, durante il processo al clan Mendico in corso nel tribunale di Latina, il colonnello dei carabinieri Ilario Vaccari tracciò davanti ai giudici un inedito e dettagliato quadro della criminalità pontina. «Il clan Mendico – disse Vaccari – inizialmente non ci sembrava un vero e proprio clan ma più che altro un gruppo di affiliati provenienti dai Casalesi.

Dopo l’operazione Spartacus i Casalesi avevano subito dei grossi sequestri patrimoniali e dunque avevano bisogno di denaro. Inoltre c’era stato un fuggi fuggi dalla Campania, molti cercarono di inserirsi nel Sud Pontino».
Fu l’inizio dell’infiltrazione della criminalità organizzata che negli anni successivi prese forme e strade diverse. Ci fu anche un tentativo dei Casalesi di entrare negli affari di Latina attraverso il clan Ciarelli, ancora oggi attivo nel capoluogo e recentemente al centro di una sanguinosa guerra criminale culminata nel 2010 con due omicidi in un solo giorno.

Oggi il Sud Pontino è terreno fertile per lo sviluppo della cosiddetta «Quinta mafia», che si espande da Roma fino ai confini con la Campania. In una recente relazione di «Libera» si parla di una crescita esponenziale: «Oggi la Quinta mafia è nella fase della contaminazione di persone e settori dell’economia e della politica locale e della criminalità autoctona. Le mafie nei nuovi territori, dapprima investono, poi tendono a contaminare. Il pericolo è rappresentato da un sistema di criminalità economica che contamina i territori dal punto di vista sociale e culturale. Così a Fondi i cittadini hanno più paura dei mafiosi autoctoni che dei Tripodo». Fondi, suo malgrado, è diventata la cittadina simbolo dell’infiltrazione criminale. Nel dicembre scorso il giudice Lucia Aielli condannò 23 persone per complessivi 110 anni di carcere. Si tratta degli imputati del processo «Damasco 2» sulle infiltrazioni nel Comune di Fondi per la gestione degli appalti pubblici. Sempre a Latina, nel 2010, fu condannato all’ergastolo Michele Zagaria, il capo del Casalesi, per l’omicidio di Pasquale Piccolo, avvenuto nel 1988 a Gaeta. Il giovane di appena 21 anni fu punito per i legami con il clan Bardellino.
Solo un mese fa, in pieno centro a Nettuno, un commando di sicari ha freddato Modestino Pellino, uomo di punta del clan napoletano dei Moccia. Anche in questo caso è quasi certo un regolamento di conti per il controllo del territorio. E su Terracina aleggia l’ombra del clan campano dei Mallardo che ha allargato i suoi interessi nel Sud Pontino.

* Il Messaggero 24-08-2012

  1. Eppure i Politici locali dicono che la Camorra e le altre organizzazioni non ci sono in questa Provincia, vedi il Sindaco Procaccini che afferma : “LA CAMORRA NON HA AFFARI IN CITTA’” (vedi http://www.romah24.it/terracinaomicidio-in-spiaggia-freddato-il-boss-di-camorra-gaetano-marino/#comment-170)

    Perché dicono che non esiste invece di dire che faranno di tutto per combatterla? Mi ricorda quando prima di Falcone in Italia si diceva che la Mafia non esisteva…