DELITTO DEL CIRCEO, GIUDICE DI SORVEGLIANZA: GUIDO TEME DI ESSERE RICONOSCIUTO
Per alcuni giorni, subito dopo essere tornato a casa dei genitori, nell’aprile 2008, Gianni Guido fece volontariato alla Caritas di Via Marsala, a Roma, distribuendo i pasti ai poveri e ai ‘clochard’ che affollano quotidianamente la mensa. Un lavoro però durato poco. «Tornò da me e mi disse che era costretto a non andarè più in quel luogo perchè qualcuno l’aveva riconosciuto», racconta all’ ANSA Paolo Canevelli il magistrato che ha firmato le due ordinanze, una del luglio 2007, l’altra dell’aprile 2008, che hanno consentito a Guido di uscire dal carcere, prima in semilibertà e poi in affidamento ai servizi sociali. «Non so se veramente fosse stato riconosciuto» come uno dei tre ragazzi della strage del Circeo, vero è però che – riferisce Canevelli – l’ex ragazzo della Roma bene, ormai 53enne, «non trova agevole stare in contatto con le altre persone. È una persona schiva, introversa. Ha preferito continuare a lavorare con la Caritas ma lontano dal pubblico».
La sorella della vittima: “Doveva restare in carcere”. «Appena ho letto sul Televideo che Gianni Guido era un uomo libero mi sono sentita male ed è stato in quel momento che ho perso qualsiasi residua fiducia nella giustizia». Lo dichiara in un’intervista a ‘La Repubblicà Tiziana Lopez, sorella di Rosaria, stuprata e uccisa nel ’75 al Circeo da Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira. «Doveva rimanere dentro per sempre. Come minimo. Dopo aver seviziato mia sorella per ore si prese una pausa per andare a cena a casa, a Roma, e poi tornò al Circeo a finire quello che aveva cominciato. Non si è macchiato solo di un delitto, è stato la personificazione del male in senso assoluto. E non ha affatto scontato la sua pena: è andato in Argentina, è scappato all’estero, ha fatto gran parte della condanna ai servizi sociali, ha usufruito di permessi. Mi chiedo con quale coraggio una persona così, con quello che ha fatto, ora giri libero». «Ora è tutto finito. Bisognava fare qualcosa prima, qualcosa che non ha nulla a che fare con la giustizia dei tribunali. Sì, dopo tanti anni sono arrivata alla conclusione che dovevamo fargliela pagare con la stessa moneta. Prenderli, portarli in un casolare di campagna, legarli e…Senza farli morire però. Dovevamo sperimentare a lungo quello che loro avevano fatto a mia sorella e a Donatella». Su Donatella, sopravvissuta al massacro, Tiziana ricorda: «È morta di cancro nel 2005: era distrutta moralmente e psicologicamente. Abbandonata dalle istituzioni. Avrebbe dovuto essere curata invece dal migliore psicoterapeuta di Roma, con i soldi delle famiglie Guido, Izzo e Ghira che l’avevano ridotta all’incapacità di vivere».
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Ma quale Caritas, ma quali perizie e giudizi legali, qui si