Protesi al seno, una donna di Latina malata di tumore

Si è ammalata di tumore al seno una donna di Latina, alla quale è stata impiantata una protesi al seno Pip che poi si è rotta. La notizia è pubblicata oggi dal Messaggero.
«Già un paio di anni dopo l’intervento – racconta la donna al quotidiano – ho cominciato ad avvertire dei dolori diffusi, specialmente nella zona dell’ascella. Fastidi che sono durati a lungo e che mi hanno spinto ad effettuare degli accertamenti. Inizialmente non sembrava nulla di grave, ma poi i medici hanno appurato che la protesi si era rotta».
I dolori aumentavano e dopo una serie di visite specifiche, risonanza magnetica, ecografie e prelievi con ago aspirato, le viene diagnosticato un tumore al seno. «Sono caduta nel panico – racconta al Messaggero – ed è iniziato il periodo più difficile per me. Dovevo capire cosa fare, a chi rivolgermi, come agire al più presto. La cosa che più mi ha ferito sono state le parole, non certo umane, di un medico di Latina che mi ha invitato a farmi operare a Milano spendendo 8.000 euro, era disposto a fornirmi un indirizzo, ma io non ho queste possibilità economiche in questo momento. Così mi sono rivolta al chirurgo estetico che, nel 1998, mi aveva operata inserendo la protesi. Per fortuna lui è stato più disponibile e ha contattato subito dei colleghi oncologi: sarò operata nei prossimi giorni a Roma per l’asportazione del tumore e della protesi rotta, tutto sarà effettuato gratuitamente in una struttura pubblica».
Poi la scelta di partecipare alla class action per chiedere un risarcimento dei danni. «Mi sono recata nella sede di Latina del Codacons – racconta – dove mi stanno seguendo in maniera adeguata per partecipare alla class action nazionale».
Secondo il Codacons per oltre 10 anni nessun controllo sulle protesi Pip è stato mai effettuato in Italia. Tutto ciò nonostante le numerose segnalazioni di rotture delle protesi e di effetti secondari e nonostante già nel giugno 2000 la Food and Drug Administation avesse riscontrato a seguito di ispezione seri problemi nella produzione e nel sistema di qualità della fabbrica, seppure con riferimento a protesi saline.
CODACONS CONTRO LE PROTESI PERICOLOSE. Da anni in Italia vengono importate le protesi PIP di marca francese, le quali sono state impiantate in circa 4.300 donne italiane. Nel 2010, l’autorità francese ha riscontrato, in un sopralluogo effettuato presso l’azienda produttrice, che i materiali utilizzati per il confezionamento delle protesi non corrispondevano a quelli per cui vi era stata l’autorizzazione CE, ma, invece, venivano utilizzati componenti molto pericolosi e non autorizzati dalla CE. Pertanto, il Ministero della Salute francese, dietro segnalazione del fatto da parte dell’autorità preposta, ha ordinato che tali protesi venissero tolte dal mercato e che l’operazione di espianto delle protesi PIP fosse posto a carico del servizio sanitario nazionale per tutte le donne che le hanno impiantate, non solamente per quelle che hanno subito danni fisici. In Italia, in data 01/04/2010 l’Autorità Italiana, dopo numerose segnalazioni di donne italiane di rottura di protesi PIP, fastidi, irritazioni, noduli al seno, diramava una circolare con cui si invitavano tutti gli operatori sanitari interessati a non utilizzare i dispositivi PIP. In data 30 giugno 2010, il Ministero della Salute comunicava a tutti gli operatori sanitari di richiamare le loro pazienti a cui erano state applicate PIP per sottoporle a visita clinico-diagnostica e per effettuare un follow-up ravvicinato. Successivamente, il Consiglio Superiore di Sanità, in data 22/12/2011, esprimeva il seguente parere: “le protesi mammari cosiddette PIP sono composte da materiale che non corrisponde agli standard internazionali…. Per le protesi PIP non esistono prove di maggior rischio di cancerogenicità, ma sono state evidenziate maggiori probabilità di rottura e reazioni infiammatorie…. Il S.S.N. si farà carico degli interventi medico-chirurgici, laddove vi sia indicazione clinica specifica’.
In data 29/12/2011 seguiva l’Ordinanza del Ministero della Salute, la quale, tuttavia, nulla riferiva in ordine agli interventi di rimozione e sostituzione delle protesi da porsi a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Ma il Ministero della Salute e quello dello Sviluppo Economico, in base all’art. 17 del D.lgs 24.2.1997, n. 46, per come modificato da ultimo dal D.lgs.25.1.2010, n. 37, avrebbero dovuto da tempo controllare la commercializzazione di queste protesi. Infatti questi Ministeri, direttamente o tramite organismi autorizzati, possono in ogni momento effettuare controlli presso il produttore, i grossisti, gli importatori, i commercianti e gli utilizzatori, con accesso nei luoghi di fabbricazione o con esame di laboratorio sui campioni.
Ciò è disarmante. Sono sinceramente dispiaciuto per tutte quelle signore (e non solo forse) che hanno avuto questi problemi. Avete tutta la mia solidarietà.
Però a volte mi chiedo…non era meglio accontentarsi di quello che madre natura vi aveva dato?Mica son due tette più grandi a far la felicità…o sbaglio?
Toltomi questo sassolino dalla scarpa rinnovo la mia solidarietà alle persone colpite.