L’ambulanza sbaglia indirizzo e una donna muore, il processo si farà

17/12/2011 di
tribunale-latina-0004762234

Si svolgerà il processo per la morte assurda di Annarita Saltarelli, la 49enne deceduta due anni fa, durante l’adunata degli alpini, mentre attendeva l’ambulanza giunta circa 43 minuti dopo la chiamata, a causa della ricezione di un indirizzo sbagliato dalla centrale operativa del 118. Lo ha stabilito il giudice per le indagini premilitari Guido Marcelli che ha sciolto la riserva dopo l’opposizione presentata dai familiari, assistiti dall’avvocato Oreste Palmieri.

Il sostituto procuratore Simona Gentile, dopo aver analizzato nel dettaglio gli atti d’indagine della commissione medica, che aveva indicato precise responsabilità, non aveva ravvisato un nesso di causalità tra il ritardo dell’ambulanza e il decesso della donna. In quel procedimento, che voleva archiviare, si ipotizzava un reato contro ignoti, nonostante fossero indicati gli operatori che avrebbero agito con negligenza.

Ora, non solo il gip ha ordinato al pubblico ministero di formulare un capo d’accusa, chiedendo implicitamente il rinvio a giudizio per omicidio colposo, ma ha anche stabilito il soggetto che ne dovrebbe rispondere. Il giudice individua nell’errore di un operatore del 118 la mancata possibilità, anche se minima, di salvezza di Annarita.

In quella chiamata il figlio della donna aveva richiesto un intervento in via Virgilio, mentre l’infermiere aveva spedito il mezzo in via dei Gigli a Latina scalo. Paradossalmente l’ambulanza si trovava in una postazione a soli due chilometri dal luogo esatto dell’intervento.
In pratica, secondo quanto ipotizzato, Annarita avrebbe potuto salvarsi se l’intervento fosse stato eseguito entro quindici minuti dalla prima chiamata.

  1. E se non fosse stata per l’insistenza della famiglia con un buon avvocato non vi sarebbe neanche il processo che già non garantisce giustizia tanto meno la riporterà in vita. Non le hanno dato la possibilità (fosse anche risicata) di salvarsi e vi sono pure dubbi? Ma chi si vuol proteggere? L’appaltatore o l’appaltante? O ambedue?