Epatite C dopo una trasfusione, risarcita con 500.000 euro dopo 46 anni

09/06/2017 di
Blood donor at donation

Quarantasette anni fa una donna di Gaeta ha contratto l’epatite C a causa di una trasfusione di sangue infetto e solo ieri, 7  giugno 2017, all’età di 89 anni le è stato riconosciuto dalla Corte di Appello di Roma un risarcimento di oltre 500.000 euro.

L’ospedale Dono Svizzero di Formia è il luogo in cui la signora ha effettuato, tra il 1970 e 1978, le due trasfusioni  che non gli hanno lasciato scampo. Dopo aver perso in primo grado per  prescrizione del diritto al risarcimento del danno,  l’avvocato Renato Mattarelli ha impugnato la sentenza di prescrizione del Tribunale di Roma , secondo cui la causa doveva essere promossa entro i 5 anni dalle trasfusioni e la Corte di Roma ne ha accolto l’appello. Una volta accertati dal medico legale un quadro di indizi univoci, precisi e concordanti, la Corte d’Appello ha integrato la prova del nesso di causalità.

L’anziana  nel 2009 aveva ottenuto, grazie allo stesso avvocato, l’indennizzo della legge 210/1992 con un assegno mensile di 800 euro a vita e il Tribunale di Roma contestò il ritardo con cui era stato richiesto l’indennizzo in quanto la donna non poteva non conoscere il danno già nel 1992.

La Corte di Appello ha accolto invece la tesi dell’avvocato secondo il quale non si può confondere la consapevolezza della malattia, che è un concetto prettamente clinico, con la conoscenza del danno risarcibile, che è un concetto molto più complesso e soprattutto giuridico. In più, secondo i dati Sistra, il sistema informativo dei servizi trasfusionali, dal 2009 al 2016 non ha registrato nessuna notifica per la trasmissione di sacche di sangue infette da virus come Hiv, l’epatite B e C o sifilide.

Tra gli anni 60 e 90 il rischio di contagio di epatiti B e C nonché HIV e AIDS era molto alto, eppure la vigilanza e il controllo delle amministrazioni sanitarie, compresa quella di Latina, non ha imposto un controllo su quei pazienti  che erano stati probabilmente contagiati dalle trasfusioni di sangue infetto.

Se ciò fosse accaduto, l’89enne di Gaeta avrebbe saputo da subito di essere malata e non lo avrebbe scoperto solo nel 2008, riuscendo così a curarsi tempestivamente e prevenendo la cirrosi epatica e il conseguente tumore al fegato.

Di certo per questa donna la vittoria giudiziaria è una magra consolazione rispetto a una salute che non gli verrà mai restituita.