Aborto: al via la pillola Ru486 nei consultori, Lazio primo in Italia

06/04/2017 di

Negli anni ’70, dietro lo slogan “Io sono mia“, migliaia di donne hanno lottato perché l’aborto divenisse legale, gratuito ed assistito. Oggi, dopo 4o anni dall’approvazione della 194, abortire in Italia non è ancora così semplice. Dopo la polemica per l’assunzione a Roma di ginecologi che non fossero obiettori, al fine di garantire l’interruzione di gravidanza, il Lazio fa parlare ancora di sé in materia di aborto. Infatti, la regione ha approvato un piano di de-ospedalizzazione dell’aborto chimico, una sperimentazione di 18 mesi che permetterà, dalla prossima estate, di abortire con la pillola Ru486 anche nei consultori. Questo tipo di aborto prevede la somministrazione di due pillole, a due giorni di distanza.

“Gli aborti nel Lazio – spiega la Regione – sono diminuiti, nel 2015 le cifre si muovono intorno ai 9000 casi, la metà rispetto a dieci anni fa. Al centro del nostro lavoro restano la donna e la sua salute, quello a cui teniamo di più. In questi anni la regione Lazio ha lavorato responsabilmente per mettere in campo politiche attive a favore della maternità, infanzia e salute della donna, Abbiamo potenziato i consultori, i centri antiviolenza e gli sportelli rosa. Contraccezione e prevenzione: questi i settori su cui stiamo insistendo”.

Non mancano aspre critiche nei confronti dell’attuazione di tale pratica, soprattutto dalle organizzazioni prolife. Olimpia Tarzia, vicepresidente della commissione cultura e presidente del Gruppo Lista Storace in Consiglio regionale del Lazio, ha presentato un’interrogazione urgente per chiedere chiarimenti a Zingaretti, visto che a suo dire l’aborto chimico può essere praticato solo negli ospedali ed in poliambulatori adeguatamente attrezzati. L’aborto nei consultori, secondo la Tarzia, sarebbe quindi una pratica illegittima.

Sono subito arrivate le repliche del Movimento per la vita, tramite il presidente Gianluigi Gigli,  il quale accusa Zingaretti di essere andato contro la legge del 405/1975 che regola il funzionamento dei consultori. I consultori, secondo Gigli, non solo devono tutelare la vita della madre, ma anche quella del nascituro e tentare di aiutare la madre attraverso l’analisi della situazione ad evitare l’IVG, supportandola. Non è mancata la replica anche della Chiesa, attraverso una nota diffusa dalla Radio Vaticana della diocesi di Roma, che invita la regione a tornare sui suoi passi, poiché tale pratica potrebbe non solo sminuire la percezione del valore della vita umana ma lasciare ulteriormente le donne da sole ad affrontare il dramma dell’aborto.