L’allegra gestione urbanistica a Latina, ecco tutti i nodi da sciogliere e le indagini aperte

29/05/2016 di
comune-latina-municipio

sequestro-palazzo-malvaso-borgo-piave-1A pochi giorni dal voto amministrativo pesa come un macigno la questione dell’urbanistica. Vediamo tutti gli aspetti cruciali, emersi negli ultimi mesi, e i nodi  ancora da sciogliere.

PPE e Print. Urbanistica bocciata. Annullamento con effetto immediato. È questa la pronuncia da parte del Servizio Politiche di Gestione e Assetto del territorio, Patrimonio e Demanio del Comune sulle varianti di revisione ai 6 Piani Particolareggiati Esecutivi sospesi dal commissario prefettizio Giacomo Barbato lo scorso 26 febbraio. “ Le gravi irregolarità riscontrate, le acclarate violazioni sulla normativa urbanistica impongono e rendono doveroso l’azione dello ius poenitendi”, si legge nella relazione dell’architetto Giovanni Della Penna. Varie, dunque, le illegittimità: dall’iter procedurale, aggirato dalla Giunta, fino ai voli sulle volumetrie, che avrebbero fruttato quasi 700 mila metri cubi in più di cemento. Senza contare, in merito alla zona H (tra il quartiere Isonzo e la Marina), l’edificazione di circa 8 milioni di metri quadrati di terreno agricolo con aggiunta di quasi 2 milioni di metri cubi in nuove costruzioni. Cifre che emergono dai documenti relativi ai Print, ovvero gli 89 Piani Integrati di Intervento urbanistico proposti da privati e che Barbato ha prontamente cancellato lo scorso aprile a causa di “difformità e discrasia con quanto previsto dalla relazione programmatica” e di “incidenza sul tessuto agricolo periurbano con impatto dimensionale devastante e con peso insediativo aggiuntivo”. Il tutto grazie ad U maxi-piano che prevedeva un’ingente serie di cambi di destinazione d’uso. Una Prospettiva che il Commissario Prefettizio pare aver scongiurato (ma non del tutto) grazie alla revoca della delibera del dicembre 2012, rimettendo un potenziale nuovo percorso di interventi di questo genere ad una nuova decisione del Consiglio Comunale

comune-latina-municipioAnni di gestioni “allegre” dell’assetto urbanistico e speculazione edilizia hanno fatto più danni della Camorra. Finalità dell’azione amministrativa: ripristino della legalità e garanzia del contraddittorio, in una cornice in cui l’Autorità Giudiziaria è molto attiva”, si legge nella relazione di fine mandato pubblicata sul sito del Comune dal prefetto Barbato, riguardo i suoi netti interventi in ambito urbanistico. Un sistema, anche secondo i tecnici della Regione, considerato tutt’altro che trasparente. Un indizio riguardo la situazione complessiva ce lo aveva dato (e lo ha ribadito in questi giorni in Commissione Antimafia) il questore Giuseppe De Matteis, nel novembre 2014 durante la conferenza stampa della famosa operazione Evergreen: “Qui le cose peggiori non le ha fatte la camorra. Il vero core business a Latina è il cambio di destinazione d’uso. Mi raccontano dei villini sequestrati a Sabaudia, alla storia dell’hotel di un signore che faceva l’amministratore pubblico, terreni agricoli che miracolosamente diventano edificabili”. O, andando a ritroso nel tempo fino al 2009, il monito del prefetto Bruno Frattasi al termine del suo incarico a Latina: “Bisogna fare attenzione allo sviluppo edilizio ed in particolare dalle insidie rappresentate non solo dalla criminalità, ma anche dai fenomeni speculativi”. Un intreccio di interessi portati avanti, dunque, grazie ad una gestione “allegra” delle varie amministrazioni di centro-destra, che dal ‘93 ha la maggioranza in Consiglio. Dei veri e propri orrori in ambito urbanistico che hanno spianato la strada allo sfregio edilizio a cui è stata e continua ed essere sottoposta non solo la città di Latina, ma l’intera provincia.

L’urbanistica è oramai un aspetto endemico al dibattito politico (e giudiziario) degli ultimi anni. Un nuovo Piano Regolatore è la “chimera”. Ad essere sotto la lente d’ingrandimento della magistratura è praticamente tutto il sistema urbanistico ed edilizio pontino degli ultimi vent’anni, con una maxi-inchiesta affidata al sostituto procuratore Giuseppe Milano. Dai piani alle varianti, fino alle singole concessioni e permessi a costruire, senza dimenticare le sanatorie. Una trama i cui atti hanno accompagnato la storia più o meno recente del capoluogo. È ancora impressa nella memoria dei latinensi la vicenda, datata 2001 e finita alla ribalta della stampa nazionale, del Piano Regolatore Generale redatto dall’architetto bolognese Pierluigi Cervellati, progetto costato 400 milioni di vecchie lire e proposto dall’allora sindaco Ajmone Finestra con l’appoggio delle opposizioni. Dovettero intervenire i vertici da Roma (la famosa lettera di Berlusconi) per evitare le dimissioni di Finestra, tirato per la giacca da Forza Italia – l’alleato di maggioranza, quello che ai tempi a Latina chiamavano il “partito dei palazzinari” – che di un nuovo PRG non voleva proprio saperne. Un piano che venne poi approvato in Consiglio, per essere poco dopo decapitato dal Tar a seguito di un ricorso di alcuni costruttori pontini.

Il Piano Regolatore della città di Latina è datato 1971. Un progetto con errore di base: è impostato su una previsione del tutto sbagliata sulla crescita della numerosità della popolazione. Lo sviluppo urbano permesso è in funzione di una crescita demografica fino ad oltre i 200 mila abitanti, a fronte dei circa 130 mila attuali. Un problema di fondo che ha reso il nucleo abitativo della città sproporzionato al numero effettivo dei residenti. “Un piano di sviluppo a macchia d’olio, di crescita indefinita ed infinita”, avvertiva l’architetto Cervellati, che con il suo progetto si proponeva di ridisegnare l’assetto urbanistico della città, contenendo l’utilizzo di nuova cubatura.

Uno sviluppo urbanistico a colpi di varianti e cambi di destinazioni d’uso poco limpidi. Si è deciso tuttavia di non dotare la città di un nuovo PRG, di non stabilire un definito schema generale di direttive e di vincoli necessari più adatti alle condizioni territoriali e alle esigenze della popolazione, ma si è preferito porre in attuazione le obsolete linee guida in materia di urbanistica dando un maggior peso allo strumento dei Piani Particolareggiati Esecutivi. Un mezzo meno vincolante rispetto al PRG che l’ultima amministrazione, a colpi di varianti, ha utilizzato per mettere le mani su impianti di interesse pubblico, per modificare la suddivisone degli isolati in lotti edificabili e gli elenchi catastali delle proprietà da vincolare. E nella maggior parte dei casi, si è dimostrato un vero e proprio meccanismo a carattere “elusivo”

Una politica dal “mattone facile”: gli aggiramenti sulle volumetrie per capitalizzare nuova cubatura. La matrice di tali interventi sembra essere orientata verso una precisa direzione: una sovrastima nel numero dei residenti che, unita a un sistema di concessioni facili, produce nuove volumetrie edificabili a discapito di un aggiustamento al ribasso di quelle già costruite. Tale costume è direttamente riscontrabile nell’analisi degli atti relativi ai PPE annullati, in cui viene evidenziata l’attribuzione al Comune di terreni di poco valore in cambio di cubatura e lotti edificabili. Come nella variante al piano R3 Prampolini – questione saltata all’attenzione dell’opinione pubblica per un cambio di destinazione d’uso che convertiva l’area dello stadio, catalogata come “verde attrezzato”, in “verde pubblico” per capitalizzare terreni edificabili nel quartiere – la quale prevede 1100 abitanti in più di quelli attuali, con diversi casi di nuova edificazione e ricostruzioni con premi di cubatura.

O come nel caso della revisione al PPE R6-Isonzo, in cui i metri cubi in più sono 240 mila. Proprio riguardo l’assetto urbanistico del quartiere Isonzo è partita un’indagine del Nucleo Investigativo della Forestale che ha portato a indagare su Michele Nasso, noto costruttore ed ex-assessore allo Sport, all’Innovazione e ai Rapporti con Comuni, Giuseppe Di Rubbo, ex assessore all’Urbanistica – entrambi esponenti di vecchio corso di Forza Italia – iscritti al registro degli indagati per l’acquisto dei diritti di un terreno (tra via dell’Agora e Via Veneto, da parte di una società, la Isonzo Residence srl, riconducibile a soggetti vicini a questi ultimi, subito dopo il cambio di destinazione d’uso in edificabile approvato in Commissione Urbanistica nel febbraio 2009. Di Rubbo, attuale coordinatore provinciale del partito, parla di un “linciaggio mediatico” nei suoi confronti. Intanto il Procuratore capo Andrea De Gasperis al sostituto Cristina Pigozzo procedono con l’esamina delle carte.

Variante Malvaso. Ma delle varie indagini sull’asse urbanistica-edilizia, l’unica che per il momento è arrivata a conclusione è quella relativa alla variante Piave, con il rinvio a giudizio di un altro noto costruttore pontino ed ex consigliere forzista (nonché candidato al Consiglio con una delle liste di Alessandro Calvi) Vincenzo Malvaso, e Giuseppe Di Rubbo, l’assessore che propose tale piano attuativo, nonché del progettista Antonio Petti e dei tecnici comunali Marco Paccosi e Fabio De Marchi. Falso ideologico, abuso d’ufficio ed abuso edilizio (e pare anche lottizzazione abusiva) sono le ipotesi di reato contestate dal procuratore aggiunto Nunzia D’Elia, esposte lo scorso gennaio. Ancora una volta le illegittimità riguardano i giochi sul calcolo delle volumetrie, con la riduzione delle cifre su vani scala e androni di edifici già costruiti per ottenere nuovi metri cubi edificabili (quasi 7000 in più rispetto a quelli previsti) nel lotto di proprietà di Malvaso.

Una vicenda che contribuì a sferrare il colpo di grazia (dopo che volarono gli stracci per la questione del cda di Acqualatina) all’amministrazione Di Giorgi con Forza Italia che – in seguito all’emergere dell’inchiesta e all’arrivo del responso negativo della Regione alla richiesta del sindaco Di Giorgi riguardo gli interventi in materia di urbanistica – votò la mozione di sfiducia presentata dall’opposizione, causando lo sgretolamento della coalizione di maggioranza formata con Fratelli d’Italia e la scioglimento del Consiglio Comunale. “A mio modesto parere il vero problema è l’urbanistica. Ho trovato un muro, un solco che oggi vi porterà a votare la sfiducia. Sono uno sprovveduto perché non so bene cosa realmente ci sia dietro l’urbanistica e neanche lo voglio sapere”, le parole pronunciate dall’ex sindaco durante il discorso in aula il giorno della sfiducia.

Molti ipotizzarono un nuovo asse Fazzone-Moscardelli per mandare a casa Di Giorgi. Sorgono dei dubbi, tuttavia, sul fatto che quest’ultimo fosse del tutto estraneo ai giochi di potere in ambito urbanistico che lui stesso ha denunciato, dal momento che rischierebbe l’imputazione per l’ipotesi di corruzione, sempre riguardo al caso della “variante Malvaso” ( sulla quale scaturì un’indagine separata in cui ha scampato il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio), con un appartamento comprato a prezzi favorevoli da una società riconducibile proprio allo stesso costruttore calabrese.

Un excursus che evidenzia quanto, sia esponenti politici che dirigenti comunali siano collusi con una sistema ben radicato volto ad approfittare dell’ambiguità di alcune norme; e soprattutto di quanto esso sia centrale nelle trame politiche della città.

Determinante sarà per l’esito delle urne una posizione netta in merito al responso dell’istruttoria e alle linee guida da attuare per lo sviluppo urbanistico. In questo quadro generale, in cui i dettami dello sviluppo urbanistico sono prostrati alle regole e agli interessi dell’edilizia privata, è sconcertante la situazione dell’edilizia popolare, ferma dal 1989. Ammontano a 100 milioni i fondi investiti da Ater, Comune e Ministero in progetti mai realizzati. L’ultimo piano di assegnazione delle aree è datato settembre 2014, con il Consiglio Comunale che approvò la realizzazione di circa 200 alloggi , rientrante nel piano decennale di edilizia economica popolare.

E in tutto ciò, la campagna elettorale delle controparti politiche si è incanalata su proposte a cosiddetta “cubatura zero”, in controtendenza rispetto a quanto operato fino all’altro ieri. Sarà fondamentale, per le dinamiche del voto, una presa di posizione netta e concreta in materia di urbanistica, i cui destini saranno, appunto, noti tra pochi giorni; rendere conto agli elettori di una gestione per certi versi scellerata, mettere sul piatto delle proposte reali. Una su tutte quella di un nuovo PRG, di regole chiare ed possibilmente non aggirabili, la cui necessità appare oggettiva.

E bisogna constatare che, quantomeno ad oggi, il contributo maggiormente tangibile, non in termini di programmazione, argomento rimandato al futuro Consiglio Comunale che si insedierà a Giugno, ma di impostazione di base per una strumentazione urbanistica in termini di legalità, di riqualificazione e di contenimento dell’espansione edilizia (e non crescita indefinita e sproporzionata), ci è stato pervenuto da uno il commissario Barbato che un “politico” non è. Memoria beneficio rum fragilis est, iniuriam tenax.” La memoria è labile nel ricordare i benefici, ma tenace nel ricordare i torti”, diceva Seneca. Certamente la cosiddetta “politica del disfattismo” quasi mai è la soluzione. Ma a Latina troppo spesso si sono osannati presunti “benefici”, dimenticando i “torti”. E prendere quantomeno coscienza di questi ultimi rappresenterà sicuramente un crocevia fondamentale per le dinamiche future della città.

  1. avete mai visto questo film “Le mani sulla città” ve lo consiglio.

  2. @Cinico. Hai perfettamente ragione.
    Forse non hanno capito che la speculazione urbanistica è figlia della camorra….o ci fanno o ci sono!!

  3. Latina non è l’unico caso in Italia dove i PRG sono vecchi non più corrispondenti alla realtà di sviluppo che le attività umane richiedono, se non vengono aggiornati o meglio riprogettati completamente è perchè conviene ai furbetti modificarli di volta in volta con nuovi PPE e similari per favorire interessi particolari e non collettivi.