Arte a Roma, riapre la galleria Barberini
Via le cucine del circolo degli ufficiali, via anche il ‘grigio sordò che per anni ha rabbuiato lo splendore barocco del salone di Pietro da Cortona. Dopo sessant’anni di attese e di contese, apre finalmente a Roma, bellissima, la Galleria nazionale d’arte antica di Palazzo Barberini. Ed è un trionfo del restauro, dalla sapienza degli stucchi e dei colori alla grandiosità dell’architettura secentesca, forziere monumentale di capolavori assoluti, Guido Reni, Caravaggio, Poussin, Raffaello. «Una giornata memorabile», commenta il ministro dei Beni culturali Bondi, che annuncia per la prossima settimana la visita del premier Berlusconi e intanto anticipa l’intenzione di dare autonomia ai grandi musei, con direttori, «scelti con una selezione pubblica», ai quali affidare autonomia gestionale e finanziaria. Dietro di lui, la radiosa carnalità della Fornarina di Raffaello, che del nuovo museo sarà l’indiscussa icona. Per lei, che si spera possa richiamare a Roma le folle di turisti che al Louvre si accalcano per la Gioconda, si pensa ad una collocazione particolare, con una scenografia che ne racconti anche la storia d’amore con il grande pittore, anticipa il direttore per la valorizzazione Mario Resca. «Vogliamo lanciare un concorso per giovani talenti», dice. Sarà lei comunque la ‘padrona di casà del nuovo museo, l’opera simbolo, «inamovibile per decreto», quella che da oggi in poi dovrà portare nel mondo l’immagine del Barberini. Anche se poi nelle nove sale, allestite di fresco, del pian terreno e nelle cinque del piano nobile è tutto un inseguirsi di meraviglie da far girare la testa, dai Caravaggio alla Madonna Advocata e l’Annunciazione di Filippo Lippi, dall’Agave e l’Angelo di Poussin, al San Girolamo del Perugino. Tante anche le opere mai esposte prima. «Oggi si realizza il sogno di tre generazioni di storici dell’arte», sospira la responsabile del Polo museale di Roma, Rossella Vodret. Col tempo, assicura, dovrebbero tornare anche le oltre duecento opere prestate ad uffici e ambasciate quando qui non c’era modo di esporle («negli anni Ottanta erano seicento sparse da Tokio ad Asmara, oggi sono duecento», precisa). Il piano terra, dove per tanti anni è rimasto il circolo ufficiali, ha cambiato faccia, a cominciare dalla sala delle colonne, con tanto di affresco settecentesco, colonne di scavo, fontana monumentale: quasi impossibile, oggi, pensare che per decenni – come ricordava la direttrice Anna Lo Bianco – quei muri sono stati ricoperti di smalto da cucina mentre lo spazio era usato da dispensa per le attigue cucine. Completamente rinnovati, nell’infilata di sale che accolgono ora l’arte più antica, anche i colori delle pareti, diversi l’uno dall’altro, dal carminio all’ocra dorato, dal rosa al verde intenso: è l’opera di «40 restauratori che hanno lavorato giorno e notte sulle pareti del palazzo», rivela il direttore generale Mario Lolli Ghetti, mentre spiega che per le pareti colorate sono stati chiamati super esperti da Firenze. Molto è stato fatto, e «anche in anticipo sui tempi», sottolinea Bondi. Oggi si inaugura – questa sera la festa alla quale sono invitati anche i precedenti ministri della cultura -, i lavori proseguiranno. «Prima tappa i prospetti delle facciate interne», spiega la direttrice regionale del Lazio Federica Galloni, poi il secondo piano, quello che ospitava l«appartamentò dei Barberini. Venti, circa, i milioni spesi fino ad oggi (11 negli ultimi due anni) circa 10 quelli ancora da spendere, per lavori che dovrebbero essere risolti nel giro di un anno o due. Nell’altana, invece, resiste ancora l’istituto numismatico: »Per loro troveremo una collocazione e una soluzione degna«, assicura Bondi. Intanto si apre. Il via il 19 settembre con la grande festa che terrà aperto a tutti i cittadini il Palazzo dalle 19 alle 24.