PENNACCHI, CANALE MUSSOLINI E LA SAGA DEI PERUZZI

10/03/2010 di

Il ‘fasciocomunistà Pennacchi sceglie questa volta i toni della saga in stile Giovanni Verga e costruisce un ritratto (potente) di una famiglia contadina, sradicata dalla sua terra d’origine nella bassa padana (tra Rovigo e Ferrara) e trasportata in terra laziale per popolare terre sottratte alla malaria: le paludi pontine.


Uno dei maggiori risultati del fascismo che riuscì laddove avevano fallito in molti – e importanti – nel corso dei secoli precedenti. La famiglia – una sorta di condensato delle molte (circa 30 mila persone in tre anni) trasferite a semiforza e «per fame» dal Veneto, dal Friuli, dall’Emilia nel basso Lazio – è quella dei Peruzzi, capeggiati dal carismatico e coraggioso zio Pericle, fascista eterodosso, ma pur sempre fascista, che unisce alla mistica del lavoro un ingegno pronto e uno spirito indomito. Trasfigurata dalla vera famiglia dell’autore, i Peruzzi prendono possesso del podere loro assegnato in una pianura fino a pochi anni prima malsana e ostile, popolata di banditi e reietti. Decisi a reiventarsi tutto ciò di cui sono stati privati nella loro terra d’origine dall’odiato conte «Zorzi Vila».

Il mondo della loro famiglia è l’eterno universo contadino, con le sue leggi e i suoi valori, ma diverso da quello che incontra nelle ex paludi: da una parte c’è una società, «la cispadana», molto più aperta di quella locale,i «marocchini». La prima è composta da uomini forti, donne indipendenti, volitive («gonne corte e sgargianti») che scelgono i loro amanti e non si tirano indietro; la seconda è chiusa, sospettosa, arretrata, arcigna. In questo incontro-scontro c’è molto del libro, ma non tutto. A svettare sono i Peruzzi: da Pericle al vanitoso Adelchi, ai fratelli Iseo, Treves e Turati, dal nome legato a vecchie ideologie. Ma soprattutto c’è l’Armida, moglie del Pericle: vero e proprio perno intorno al quale ruota molto del romanzo. Amante e strega, sempre circondata dalle ‘suè api che le ronzano intorno e le parlano ammonendola nei presagi che non la salveranno, tuttavia, dalla sorte tragica che l’attende.

C’è poi Paride, il nipote prediletto, e che, fedele al nome dell’eroe che porta, sarà causa della sfortuna dei Peruzzi per la sua storia con Armida. In mezzo c’è l’Agro Pontino – solcato dal fecondo Canale Mussolini – le sue città sorte dal nulla – come Latina (ex Pontinia) che Pennacchi conosce bene – e la Storia delle paludi, simbolo del fascismo vincente con spada e aratro. Poi la caduta del regime, la guerra, la morte, la dispersione. Insomma, è il libro (dedicato al fratello di Antonio, il giornalista Gianni da poco deceduto, e a ‘tutti i nostri morti«) per cui l’autore dice »di essere venuto al mondo«. »Ogni altra cosa che ho fatto, bella o brutta che sia, l’ho sempre sentita – avverte – come preparazione e interludio a questa«. »Fin da bambino – spiega ancora – ho sempre saputo di dover fermare questa storia – le storie infatti non le inventano gli autori, ma girano nell’aria cercando chi le colga – e raccontarla prima che svanisse, Nient’altro. Solo questo libro«.

  1. Ho appena finito di leggere il libro…bellissimo, due ore di Peruzzi al giorno e adesso mi sento un Peruzzi anch’io….Grazie ancora allo scrittore per questo saga familiare..adesso ho voglia di visitare l’agro pontino..grazie ancora

  2. Nota su “Latina (ex Pontinia)”: Il precedente nome di Latina era Littoria. Pontinia è una cittadina della provincia ancora così chiamata. Quindi “Latina (ex Littoria)”.