MARRAZZO AMMETTE: DAL TRANS ANCHE PER LA COCAINA

02/11/2009 di

Soldi e tanti. E non solo per gli «incontri mercenari», come li ha definiti il gip che ha convalidato la scorsa settimana gli arresti dei quattro carabinieri «infedeli». Ma anche, e forse sopratutto, per la droga, per sniffare quella polvere bianca, la cocaina, che compariva anche in tre strisce nel «promo» del video offerto a più di un quotidiano e settimanale dalle divise infedeli dei quattro carabinieri. L’ex governatore della Regione Lazio Piero Marrazzo, sentito oggi per oltre due ore dai magistrati che conducono l’inchiesta sul ricatto di cui è stato vittima, ha ammesso che i soldi, cinquemila euro in contanti, citati nell’ordinanza del gip Sante Spinaci come «il corrispettivo della prestazione» con il trans brasiliano Natalie, servivano anche per l’acquisto della cocaina.


Insomma l’ammissione che durante gli incontri si faceva uso di droga. Ma quei soldi, ha assicurato Marrazzo che è apparso si provato e stanco, ma determinato a rispondere e senza accusare crolli emotivi, erano si nella sua disponibilità ma non erano destinati in toto a pagare trans e droga. Il compenso per Natalie, fu infatti di mille euro. Marrazzo ha spiegato che la sera del 3 luglio aveva con sè una disponibilità di cinquemila euro, ma che soltanto mille sarebbero stati pattuiti con Natalie. Marrazzo ha ribadito che gli vennero sottratti i soldi dal portafoglio dai due carabinieri infedeli. Nessuna domanda, secondo quanto si è appreso, è stata fatta a Marrazzo sulla telefonata che il premier Silvio Berlusconi gli fece per avvertirlo che «girava» materiale video su di lui.

«Qualche volta poteva capitare che quei soldi servissero anche per la droga». Ha spiegato l’ex Governatore del Lazio ai magistrati romani che oggi lo hanno sentito, come testimone, nel quadro degli accertamenti sul presunto ricatto ordito ai suoi danni dai quattro carabinieri. Marrazzo, che era accompagnato dalla moglie, la giornalista Roberta Serdoz, e dal suo legale, l’avvocato Luca Petrucci, secondo quanto si è appreso, è entrato nel merito dei cinquemila euro che aveva pattuito con il trans Natalie in occasione dell’incontro sfociato nell’irruzione dei carabinieri nell’appartamento di via Gradoli a Roma. L’ex governatore è stato sentito dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli negli uffici distaccati della procura di Piazza Adriana, non lontano da piazza Cavour, una sede «blindata» per le incursioni di stampa e tv e utilizzata sovente dai magistrati di Piazzale Clodio in passato anche per sentire al riparo di «occhi» indiscreti, quelli di telecamere e obiettivi dei fotografi, altri personaggi famosi comparsi come testimoni o indagati. Ma ad attendere Marrazzo all’uscita degli uffici giudiziari c’era comunque una pattuglia di telecamere e fotografi: l’ex presidente per non farsi ritrarre in volto si è coperto con un cappotto. Nel corso del colloquio con gli inquirenti tenutosi negli uffici giudiziari di piazza Adriana, l’ex presidente della Regione Lazio ha ribadito di «non essere mai stato ricattato».

Inoltre Marrazzo ha sottolineato di considerare l’episodio di inizio luglio una rapina di ciò che c’era nel suo portafogli. ossia i duemila euro sottratti dai due carabinieri che fecero irruzione nell’appartamento di Via Gradoli. Marrazzo ha precisato che proprio il giorno dell’irruzione dei carabinieri non si sarebbe accorto che qualcuno stava girando un video aggiungendo inoltre di non avere visto in quell’occasione Gianguarino Cafasso, il pusher morto nel settembre scorso. Intanto Brenda, il transessuale che avrebbe avuto rapporti sessuali con Piero Marrazzo, è stato rintracciato dai carabinieri del Ros ed è stato sentito in procura come testimone, per chiarire principalmente la questione dell’esistenza di un secondo video. Nel corso della testimonianza Brenda ha inoltre spiegato di non essere piu« sicura di aver riconosciuto Marrazzo come la persona che avrebbe incontrato nei primi mesi del 2009 così come dichiarato in un primo momento al Ros. L’indagine sul ricatto a Marrazzo era partita da una inchiesta della Dda di Milano.