Caso Battisti, scoppia il caso diplomatico. Brasile terra d’asilo

02/01/2011 di
battisti-cesare

Un no secco, senza neppure la prevista comunicazione ‘riservatà alle autorità italiane. Cesare Battisti, ex terrorista originario di Sermoneta, non sarà estradato e il presidente brasiliano Lula, che oggi lascia il testimone a Dilma Rousseff, consegna la sua decisione a una nota letta alla stampa dal ministro degli Esteri Celso Amorim nel palazzo del Planalto. Ma la vicenda è «tutt’altro che chiusa» e L’Italia «farà valere i propri diritti in tutte le sedi»: è durissima la reazione del premier Silvio Berlusconi ed esplicita la «delusione, amarezza e contrarietà» del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, mentre la Farnesina decide di richiamare a Roma per consultazioni l’ambasciatore d’Italia in Brasile, Gherardo la Francesca, impostando immediatamente il contropiede diplomatico. L’ambasciatore, prima di lasciare – domani – il Paese, ha infatti consegnato un messaggio del ministro degli Esteri Franco Frattini alla neo presidente Dilma Rousseff nel quale si sottolinea la«ferma determinazione» del governo italiano ad «esperire tutte le possibili vie legali per ottenere l’estradizione in Italia di Battisti» e auspica che «il nuovo presidente possa rivedere la decisione del suo predecessore». Anche Napolitano, al quale la decisione «appare incomprensibile», afferma di «confidare in una seria considerazione, nelle competenti sedi brasiliane, delle nuove istanze che saranno prodotte dalle autorit… italiane». La battaglia giuridica è quindi ancora aperta. E anche se, sottolinea il ministro della Difesa Ignazio La Russa, «la fiducia che avevamo nei confronti del governo brasiliano» viene «completamente meno», il dopo Lula cambia, almeno in parte, le carte in tavola. Era stata la stessa Rousseff, nei mesi scorsi, a fare aperture sull’estradizione dell’ex terrorista dei proletari armati per il comunismo che, ora, il titolare della Farnesina mette in campo. «Non dimentichiamo le parole di Dilma Rousseff» ricorda Frattini, che disse: «se sarò eletta rimanderò Battisti in Italia». È dunque sull’era Rousseff che il governo italiano punta per riaprire la partita, partendo dal ricorso alla Corte suprema. Ma, mettendo sul piatto, anche, un possibile e sostanzioso contraccolpo economico: la mancata ratifica di una serie di accordi bilaterali, prevista inizialmente tra gennaio e febbraio. Sfumerebbero commesse e appalti per almeno dieci miliardi di euro che peserebbero, è vero, sulle imprese italiane, ma sarebbero anche un problema per Brasilia e per il suo miracolo economico bisognoso di investimenti e di trasferimenti di tecnologie avanzate. Di tempo, ce nè ancora un pò. Battisti non potrà essere scarcerato prima della formalizzazione dell’atto da parte dell’Alta Corte che, però è chiusa fino a febbraio per la pausa estiva. Solo allora, l’ex terrorista forse sarà libero e forse avrà un passaporto. Non avrà lo status di rifugiato politico, ma verrà considerato un ‘normalè immigrato

BATTISTI: BRASILE IRRITATO, DOSSIER SU TAVOLO DILMA  – Domani, sul suo tavolo nella sede della presidenza del ‘Planaltò, il nuovo capo dello Stato brasiliano Dilma Rousseff troverà un dossier che avrebbe probabilmente volentieri evitato: quello su Cesare Battisti, caso al centro del cortocircuito diplomatico tra il colosso latinoamericano e l’Italia. Dopo il suo insediamento di oggi, Dilma aprirà quindi sul fronte internazionale la sua presidenza con una spinosa «crisi diplomatica», ricorda il quotidiano O Globo, concetto ripreso anche da altri analisti e media locali. Il Brasile rimane irritato da un caso che il presidente uscente Lula voleva veder chiuso entro il 31 dicembre, prima cioè del cambio della guardia con Dilma. Ma negli ultimi giorni le cose si sono complicate, finendo su una carreggiata che ha di fatto rinviato la decisione finale sulla spinosa ‘extradicaò di Battisti. L’annuncio ufficiale sulla permanenza dell’ex terrorista in terra brasiliana, fatto ieri dal governo Lula, era atteso da tempo, in particolare dopo il parere in questo senso dato dal presidente dall’Avvocatura dello stato brasiliano. La grande sorpresa Š venuta invece dalle prese di posizioni di una nota diffusa, sempre ieri, dal Brasile e letta in modo secco dal ministro degli Esteri, Celso Amorim. Incontrando la stampa, Amorim aveva infatti spiegato come il governo Lula considera «sovrana» la decisione sull’ estradizione, definendo nel contempo come «impertinente» il comunicato reso noto giovedì nel quale Palazzo Chigi contestava il ‘nò all’estradizione. Poco dopo, l’Italia ha richiamato per consultazioni l’ambasciatore a Brasilia, Gherardo La Francesca. Tali concetti sono stati ribaditi nelle ultime ore dal nuovo ministro della giustizia, Josè Eduardo Cardozo: «è assolutamente normale che il governo italiano si manifesti nel modo che vuole sul caso. Ed è altrettando legittimo che il Brasile eserciti la propria sovranità nel prendere le proprie decisioni», ha sottolineato Cardozo poco prima dell’ insediamento del nuovo governo. Sempre al centro dei media negli ultimi giorni, il caso Battisti è oggi stato ‘copertò dall’insediamento della Rousseff: in corso in queste ore a Brasilia ci sono infatti le lunghe celebrazioni per il cambio della guardia Lula-Dilma, alla presenza dei leader e rappresentanti di una trentina di Paesi, tra i quali il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton.

BRASILE, TERRA D’ASILO E DI LATITANZE VI CERCÒ RIFUGIO ANCHE TOMMASO BUSCETTA – Il Brasile è da tempo un paese nel quale latitanti italiani – e anche super-latitanti, come Tommaso Buscetta – cercano rifugio, a tale punto che più di una decina di anni fa, nel 1999, il Servizio Centrale Operativo della polizia chiese alle autorità locali di tracciare una «mappa» dei numerosi mafiosi che vi risiedevano, oltre ai 16 per i quali già allora si era richiesta l’estradizione. Buscetta, noto come «il boss dei due mondi» fu arrestato in Brasile il 24 marzo del 1983, e successivamente estradato in Italia, dove – sconvolto dal tradimento di Pippo Calò – iniziò a collaborare con il giudice antimafia Giovanni Falcone, dopo essere stato separato dalla sua giovanissima moglie brasiliana, Cristina. Ma Buscetta è solo il nome più noto di una lunga lista, che include anche Antonino Salamone, il boss della famiglia mafiosa di San Giuseppe Iato, che fu arrestato nel 1993, quando aveva 75 anni, nella sua casa di San Paolo. Brasile rifugio di mafiosi e narcotrafficanti, ma anche di terroristi e militanti di gruppi estremisti, di destra e di sinistra, come Cesare Battisti. Ma anche Gaetano Orlando, ex appartenente al neofascista Movimento di Azione Rivoluzionaria (Mar) arrestato a Foz de Iguacu nel maggio dell’83 e successivamente estradato in Italia. Luciano Pessina, ex Brigate Rosse, arrestato nell’agosto del 1996 a Rio, riuscì invece a sfuggire all’estradizione, giacchè il Tribunale Federale Supremo (Tfs) stabilì che due dei delitti per i quali era stato condannato erano prescritti e il terzo doveva essere considerato come un’azione politica, e non un atto terroristico. Lo stesso avvenne tre anni prima con Achille Lollo, ex Potere Operaio, condannato per l’attentato contro la casa di un esponente missino a Roma, nel quale morirono tra le fiamme due figli del politico: il Tsf ritenne che l’intervallo di 11 anni fra una prima sentenza di assoluzione nel 1975 e la condanna nel 1986, in base alle leggi brasiliane, invaliderebbe il secondo processo. Tutte le risoluzioni riguardanti le estradizioni di italiani latitanti, tanto per fatti di criminalità comune come per violenza politica, sono però state prese autonomamente dal Tsf, contrariamente al caso di Cesare Battisti, in cui è la presidenza a dire l’ultima parola. Ma i due casi più noti di mancata estradizione di latitanti stranieri in Brasile non concernono l’Italia. L«ex dittatore paraguayano Alfredo Stroessner morì in esilio a Brasilia nel 2006, dopo essere stato condannato nel suo paese per crimini contro l’umanità nel 1997, e Ronald Biggs, il britannico protagonista della mitica Grande Rapina al Treno (1966) che dopo 35 anni di esilio dorato sulle spiagge di Rio è tornato volontariamente in Inghilterra nel 2001.

  1. se io ero uno dei familiari delle vittime… me lo andavo a prendere io a Battisti….