Mafie, Di Cesare: il caso Fondi non è chiuso

06/04/2014 di
elvio-di-cesare

«Ci siamo sempre rifiutati di considerare chiuso il caso Fondi e la ripresa degli attentati incendiari di queste settimane lo conferma. Le preoccupazioni, anzi, aumentano, ora che pare stiano saltando gli equilibri che hanno garantito una sorta di “pax mafiosa” tra le grandi organizzazioni criminali, presenti sul territorio».

A parlare è Elvio Di Cesare, segretario dell’associazione «Antonio Caponnetto», dopo le condanne emesse dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Ce), che hanno segnato la conclusione della prima fase delle indagine condotte sull’intreccio di interessi criminali sul Mercato Ortofrutticolo di Fondi (Mof).

Le condanne riguardano nove appartenenti tra il clan dei Corleonesi e dei Casalesi, coinvolti nella gestione dei trasporti del Mof, individuati, per un totale di 74 arresti, con l’operazione condotta dalla Squadra Mobile di Caserta e dalla Dia di Roma, tra il maggio 2010 e il gennaio 2012.

È proprio nelle pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che si legge il nome dell’associazione «Caponnetto»: «spunti investigativi forniti», in quanto osservatorio speciale, per vocazione e operatività, delle dinamiche criminali del territorio, in particolare del Sud Pontino.

«La mafia a Fondi non è solo il Mof, sarebbe un grave errore crederlo, poiché essa pervade tutto il tessuto sociale ed economico. In un territorio di mafia – racconta Di Cesare – non c’è foglia che si muova che la mafia non voglia. In quest’ottica gli incendi e gli attentati di questi giorni a Fondi potrebbero provare due cose: o che la mafia non controlla il territorio e che essi potrebbero essere quindi, attribuiti alla criminalità comune, estorsori, cravattari e altra genia del genere non necessariamente collegata con camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra; o che ci sono atto dei sommovimenti che potrebbero portare a nuovi equilibri e, quindi, a nuovi scenari».

«Siamo partiti, molti anni fa, da una nota dei carabinieri di Cefalù (Pa) – racconta il segretario spiegando il contributo alle indagini sul Mof, fornito con le intuizioni dell’associazione – in cui si parlava di un incontro in una villa di Fondi di una persona in odor di mafia, tra elementi di spicco della camorra campana e Cosa Nostra. Questo fatto ci ha portati a pensare che su Fondi, ci fosse stata una saldatura tra le varie composizioni criminali. Il passo successivo è stato evidenziare che un’azienda si occupava in particolare dei trasporti da Fondi (Lt) a Gela (Ct). Così esternammo queste condiserazioni agli inquirenti».

«Comunque, siamo solo all’inizio di un processo di individuazione di questa presenza a Fondi, come nel Sud Pontino – spiega ancora Di Cesare – perchè purtroppo bisogna lamentare una certa lentezza da parte degli organismi istituzionali, che non hanno prestato abbastanza attenzione fino all’arrivo a Roma del procuratore Pignatone, del vice Prestipino, del colonnello dei carabinieri Russo e dl capo della squadra mobile, Cortese. Proprio per questo, stiamo facendo una continua richiesta di un rafforzamento dei presidi delle forze di polizia, dei tribunali, delle procure, perchè nel Lazio i ritardi sono notevoli. Basta considerare che, fino a qualche anno fa, il tribunale di Roma, non ha mai emesso una condanna in tema di 416 bis, neanche per i componenti della ‘banda della Maglianà. È inquietante, così come sapere che sia ‘ un fatto culturale, per cui se c’è un clima negazionista, la giurisprudenza si adeguà, come sostenuto da Otello Lupacchini, sostituto procuratore generale della Corte d’Appello».

«Le frizioni di queste settimane fanno sospettare che ci siano in atto sommovimenti che potrebbero mettere in forse quella pax di cui stiamo parlando. Il che deve destare molte preoccupazioni – sottolinea il segretario dell’associazione Caponnetto – perché, a a parte le possibili ricadute che potremmo registrare su altri versanti, ad esempio quello della vita pubblica, situazioni del genere si sa come iniziano e non si sa come si evolvono e finiscono».

«Una cosa ci appare certa: la cabina di regia che ha guidato finora tutti i processi di una pacifica convivenza non appare più adeguata a salvaguardare lo status quo e sembra saltata. Non so quali siano le chiavi di lettura di chi indaga, mi auguro che non siano le stesse dell’inchiesta ‘Damascò, che hanno portato a risultati minimi e insoddisfacenti dal nostro punto di vista. La situazione è complessa, bisognerebbe tenere in considerazioni i collegamenti che ci sono con la politica, o con certi pezzi della politica», conclude.

  1. ..E sarebbe ora che si iniziasse anche a parlare di Latina, ove ormai le infiltrazioni sono un lontano ricordo ed i radicamenti nel territorio…una triste realta. In tutto questo ,di aprire una sezione della DIA a Latina ancora non se ne parla…che tristezza!!!