Fabio D’Achille racconta il viaggio a Berlino: i ragazzi hanno compreso la follia del nazismo

10/02/2020 di

Ho affrontato questo viaggio a Berlino con l’entusiasmo di un amministratore che porta, insieme alla delegazione della propria città un messaggio di cordoglio e di pace nella “Giornata Internazionale della Memoria”. La delegazione era composta dagli assessori alle Politiche Giovanili e all’Istruzione e dalle rappresentanze degli istituti comprensivi della città composta da 65 studenti, professori e presidi. Insomma uomini e donne, ragazzi e ragazze si sono recati nel campo di concentramento di Sachenhausen a cercare ancora di capire, partiti dall’Italia, con un aereo di linea, verso la Germania, a Berlino, a trent’anni dalla caduta del Muro e della Guerra fredda, ad affrontare la crisi gigantesca del XX secolo, l’olocausto e quello che ne è seguito con la crisi USA/URSS.

Per me, a 50 anni oggi, è ancora fresca nella memoria quella crisi USA/URSS e il sollievo della caduta del Muro di Berlino, mentre resta incredibile e immondo, l’orrore della Shoah soprattutto poi di un cittadino, oggi amministratore, della città che avrebbe edificato e voluto Benito Mussolini firmatario nel Settembre 1938 delle leggi razziali in seguito al Manifesto della Razza e responsabile di tantissime deportazioni di ebrei, di zingari, di omosessuali, di oppositori politici, di disabili e poveri derelitti che invece hanno attraversato l’Italia prigionieri sui treni che arrivavano in Germania e in Polonia nei vari campi di concentramento e sterminio.

I ragazzi e le ragazze sono stati conquistati subito dalle guide (ricercatori assennati e preparatissimi) e le hanno tempestate di domande e richieste di chiarimenti sui metodi della “morte pianificata” del contenimento strategico di migliaia di persone di ogni età, impiegate perfino nelle industrie belliche a produrre munizioni, e laddove “inutili” uccisi, assassinati, “gasati”.

A Berlino nel Campo Zero di Sachenhausen i deportati entravano dall’edificio A dove sul cancello d’ingresso si legge “HARBEIT MACHT FREI” che provocatoriamente significa “IL LAVORO RENDE LIBERI”, con la speranza di poterne uscire vivi ma gli aguzzini nazisti indicavano il camino della Stazione Z che fumava color pece, sostenendo che quello era l’unico modo per uscire dal lager! Inceneriti, “docciati” perché nemmeno sapevano che sarebbero stati uccisi con un colpo alla nuca e poi cremati. La speranza moriva ogni giorno nei campi. Tutto questo orrore, ci è stato rivelato, è stato creato a tavolino, dalla follia nazi-fascista, per cancellare questa UMANITÀ, questi uomini e donne, bambini e bambine, anziani e anziane. Una fenice risorge dalle ceneri grazie alle narrazioni dirette degli ultimi testimoni della Shoah che in tutto il mondo ed in Italia come Sami Modiano e Liliana Segre che saranno insigniti della cittadinanza onoraria della Città di Latina.

È stato bello ed emozionante notare che quegli studenti così attenti e motivati alla visita del lager, all’analisi di una storia terribile dalla Prima Guerra Mondiale in poi, hanno compreso la follia e la voracità del potere a danno delle generazioni che si sono susseguite dalla Diaspora al Muro di Berlino, che sarà anche caduto, quello, ma sanno benissimo, quei ragazzi e quelle ragazze, dei nuovi lager, dei nuovi muri appena fuori dalla comunità europea (non tutti!), dei tanti uomini e donne che hanno necessità di democrazia e di speranza e che lottano tutti i giorni per il miglioramento delle loro condizioni di vita a prescindere dalla loro razza, religione, situazione economica; vederli che si tenevano per mano nelle due aree di Berlino Est e Ovest tra le sbarre del muro ricostruito al Memoriale a simbolo del passato, mi ha toccato il cuore, mi ha cambiato credo, mi ha lasciato un segno indelebile tra le lacrime che si congelavano davanti alle camere a gas di Sachenhausen mentre i militari e i civili lasciavano garofani bianchi sul Monumento alle vittime.

Consiglio questa esperienza a tutti gli studenti, a tutti i professori, a tutti i cittadini, a tutti gli amministratori. Io non dovevo essere convinto dell’atrocità del Nazismo e di tutti gli altri regimi, non dovevo esser convinto dell’aberrazione di ogni muro o barriera fisica o ideologica, ma dovevo essere altrimenti convinto di quanto i nuovi giovani e di quanto i nuovi formatori fossero fermamente umani, ambasciatori di pace e socialmente assertori della democrazia, dei suoi processi, dei suoi simboli e dei suoi limiti e dei tanti orrori da non ripetere!

Fabio D’Achille

Presidente Commissione Cultura e Istruzione del Comune di Latina