BIMBO MORTO A ROMA, IL GIORNO DI DOLORE DEI GENITORI

29/08/2010 di

Dobbiamo dirglielo, dobbiamo dirglielo. Il padre di Mario, il bambino rom morto l’altra notte nell’incendio di un accampamento abusivo di Roma sud è impietrito dal dolore, ancora sotto choc. Ha gli occhi asciutti, e pensa alla moglie che ancora non sa che il loro piccolo, di soli tre anni, non c’è più. Non gliel’hanno ancora detto, ed è convinta che sia ricoverato in ospedale.


Lui stesso, ieri sera, era ancora ignaro di tutto. La notizia gliel’hanno data i parenti, stretti attorno a lui. Hanno dovuto, perchè dopodomani ci sarà l’autopsia. Marian Firu ed Emilia Parinescu, i genitori di Mario, hanno solo 23 e 21 anni e un altro figlio, Marco Giovanni, tre mesi appena, ricoverato al policlinico Gemelli di Roma, nel reparto di Terapia intensiva pediatrica. Ha ustioni di secondo e terzo grado su oltre il 40% del corpo, e lotta ancora tra la vita e la morte. Ci vorranno almeno altre 48 ore per sapere se si salverà. Oggi mamma e papà sono andati a trovarlo nel primo pomeriggio, hanno parlato con i medici. Poi i due giovani sono andati via, pare, in una riservata struttura comunale. Solo poche ore prima al Policlinico era stato in visita il sindaco di Roma Gianni Alemanno: »Ci auguriamo e preghiamo tutti – aveva detto – affinchè non ci sia una seconda vittima di questo terribile incendio«. E da Lourdes, dove si trovano in pellegrinaggio, sono arrivati il cordoglio e le preghiere del cardinale vicario di Roma Agostino Vallini e del presidente della Regione Lazio Renata Polverini. Il primo ha definito la tragedia »inammissibile« e ha detto rivolto ai fedeli: »Noi siamo tutti nomadi nella vita«, mentre per la governatrice »non è più possibile in un paese come l’Italia far accadere questi drammatici incidenti«. Il sindaco ha chiesto al prefetto di convocare per lunedì una riunione per fare il punto degli accampamenti abusivi »pericolosi sia per la sicurezza dei cittadini che per chi ci abita. Bisogna dare alternative, e l’unica è il piano nomadi«, ultima iniziativa per cercare di sciogliere un nodo, quello dei rom, con cui da 30 anni a questa parte ogni sindaco della Capitale ha dovuto fare i conti. Il loro afflusso massiccio in città risale agli anni ’80, quando la crisi economica in Jugoslavia e le porte chiuse di Francia e Germania spinsero molti gruppi verso l’Italia. Nel 1987 a Roma erano quasi duemila, più altri mille stanziali. Nel 1990 erano 6000, e 13 i campi autorizzati. Nel 1995 erano 6.500, 7.000 nel 1998. Il progetto dell’ex sindaco Walter Veltroni, poi ritirato, era di creare quattro grandi villaggi attrezzati della solidarietà. L’idea di Alemanno è invece quella di costruire 13 campi: lo stesso numero del 1990. Per il sindaco però la questione è ben più ampia: »Servono strategie nazionali e comunitarie – ha detto – per fare in modo che i flussi nomadi possano avvenire in un contesto di sicurezza per tutti. Senza risposte di carattere europeo le città finiscono per essere incapaci di fronteggiare la situazione da sole«. E in attesa di una risposta definitiva dalle istituzioni, i nomadi della capitale hanno deciso di riunirsi proprio per affrontare la »questione« campi abusivi.