BIMBO MUORE A ROMA IN INCENDIO IN CAMPO NOMADI

27/08/2010 di

Una baracca di legno con a terra le candele accese nella notte per difendersi dai topi. Poi improvvisamente le fiamme e la fuga da quella trappola di fuoco con un bimbo di tre mesi tra le braccia. Ma il piccolo Mario di tre anni in pochi minuti era invece già carbonizzato, con i genitori impotenti di fronte alle vampate che hanno divorato, nell’incendio della scorsa notte, quattro baracche del campo rom abusivo popolato da romeni a Roma, nel quartiere periferico della Magliana. Qui aleggiava anche il racket delle baracche. A perdere la vita, mentre probabilmente ancora dormiva, è stato Mario, anche se i genitori ancora non lo sanno, mentre il fratellino è in condizioni critiche al Policlinico Gemelli di Roma, con ustioni di secondo e terzo grado su oltre il 40% del corpo. I genitori sono rimasti lievemente feriti e altre quattro persone sono riuscite a scappare dalle quattro baracche coinvolte nell’incendio, divampato all’1.30 e probabilmente causato dalle candele. Dopo venti minuti di quelle baracche è rimasto un mucchio di cenere dove stamani si distinguevano solo le reti dei materassi, un passeggino e il corpo di Mario carbonizzato, che era ancora sul lettino. «Quando ci siamo accorti che la nostra casa andava in fiamme siamo scappati fuori dalla baracca prendendo in braccio Marco Giovanni, il nostro secondo figlioletto di tre mesi. Poi istintivamente abbiamo pensato di rientrare per tirare fuori Mario, ma non ci siamo riusciti. Era impossibile, ormai la baracca era completamente avvolta dalle fiamme. Allora lo abbiamo cercato invano fino all’ultimo nel campo, sperando che fosse scappato prima di noi», hanno raccontato in lacrime dei genitori del bimbo, Marian Firu ed Emilia Parinescu, di 23 e 21 anni, che si erano trasferiti in quel campo con i figli da poco e venivano da Brescia. Attorno a loro i familiari che gli diranno solo domani del figlio morto. I giovani genitori, sotto choc, sono convinti, pur sapendo di non essere riusciti a portare via Marius dalla baracca, che entrambi i piccoli siano vivi e ricoverati al Policlinico Gemelli. Gli abitanti delle altre baracche incendiate sono stati svegliati dalle grida e dalla puzza di fumo. «Siamo subito scappati fuori con i nostri bambini – hanno detto – e voltandoci abbiamo visto la nostra casa in fiamme. Sembrava un incubo». Poi l’intervento dei carabinieri e dei vigili del fuoco. E se a distruggere quattro baracche sono state le fiamme, le altre sono state portate via dalle ruspe. A qualche ora dalla tragedia, le trenta baracche dell’insediamento abusivo, messo in piedi cinque anni fa e costruito in un’area privata non messa in sicurezza, sono state smantellate e tutti i 74 abitanti sgomberati. Solo qualche ora e i nomadi hanno raccattato le proprie cose prima di salutare per sempre il campo. Di questi, 41 hanno accettato l’assistenza per un alloggio temporaneo nelle strutture del Comune in via Salaria, con i bagagli al seguito e ancora le lacrime per quanto accaduto. A parlare di «grave lutto che colpisce la nostra città» è stato il sindaco di Roma Gianni Alemanno, per il quale «sono i terribili rischi e i drammi che si vivono negli accampamenti abusivi che da troppi anni esistono a Roma». Il Comune ha già fatto sapere che i funerali del bambino saranno a carico dell’amministrazione. Dalla tragedia alla speculazione. L’episodio, che ha messo sotto i riflettori un luogo degradato e dimenticato, ha fatto emergere anche un giro di racket delle baracche e della prostituzione, in quel campo e in altri insediamenti abusivi, con minacce a suon di scimitarra. I prezzi per un singolo posto dove poter costruire da soli una baracca si aggirano intorno ai 200 euro al mese per 20 metri quadri di spazio all’interno di un insediamento abusivo, mentre per un posto dove dormire solo con un cartone vengono pagati 20-30 euro al mese. Il tutto gestito da clan di romeni. E non è escluso che uno di loro si aggirasse nel campo subito dopo la tragedia.