Fibula prenestina, caso risolto: è autentica

06/06/2011 di

Vera o falsa? Il caso della Fibula prenestina, esposta nel Museo nazionale etnografico ‘Luigi Pigorinì di Roma, è finalmente risolto. L’autenticità della preziosa spilla, datata al VII secolo a.C., e della sua iscrizione, ritenuta la più antica testimonianza della lingua latina, è stata confermata dalle indagini condotte da Daniela Ferro dell’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismn-Cnr) e da Edilberto Formigli, restauratore con incarichi di insegnamento all’Università ‘La Sapienzà di Roma e all’ Opificio delle Pietre Dure di Firenze. I due studiosi, che da anni conducono analisi multidisciplinari sulla tecnologia orafa antica, presentano oggi, presso il Museo ‘Pigorinì, i risultati delle indagini micro-analitiche condotte nel laboratorio di microscopia elettronica a scansione del Dipartimento di Chimica dell’Università ‘La Sapienzà. La Fibula, trovata a Palestrina, l’antica Praeneste, fin dalla sua presentazione ufficiale nel 1887 da parte dell’archeologo tedesco Wolfgang Helbig è stata oggetto di accesi dibattiti, in merito alla sua autenticità e al contesto di appartenenza. Nel 1979 fu dichiarata un falso dalla celebre studiosa Margherita Guarducci che attribuì l’iscrizione allo stesso Helbig. Il gioiello d’oro, lungo 10.7 cm, reca incisa sulla parte esterna della staffa l’iscrizione latina «Manios med fhefhaked Numasioi», in latino classico ‘Manius me fecit Numeriò ovvero ‘Manio mi fece per Numeriò che in quanto datata attorno alla metà del VII secolo a. C. risulta la più antica pervenutaci. «Lo studio di un reperto impone la scelta di metodi analitici non distruttivi e non invasivi», spiega Daniela Ferro dell’Ismn-Cnr. «L’utilizzo della microscopia a scansione elettronica, accoppiata alla microsonda elettronica a raggi X a dispersione di energia, consente osservazioni ad alta risoluzione della superficie e, contemporaneamente, permette di acquisire dati sulla composizione chimica in elementi. In particolare, la fibula è stata studiata con una strumentazione dotata di una camera porta campioni che permette di muovere agevolmente l’oggetto, investigandone ogni parte senza danneggiarlo». Se per l’oro non sono stati ancora trovati metodi di datazione è possibile risalire ad una contestualizzazione dell’oggetto attraverso le tecnologie applicate alla sua costruzione. Le apparecchiature scientifiche utilizzate hanno reso possibile accertare metodologie e composizione chimica compatibili con la datazione attribuita alla spilla al VII secolo a.C., nonostante gli interventi di pulitura e lucidatura eseguiti nell’800. Anche l’iscrizione è risultata antica sulla base delle indagini microstrutturali delle aree interessate ai solchi, confermandola come la più antica testimonianza in lingua latina. «La spilla è un manufatto di alta oreficeria, realizzato utilizzando leghe d’oro di diversa composizione secondo la funzione d’uso delle varie componenti», continua la ricercatrice. «È stata anche individuata una riparazione originale che conferma l’uso prolungato dell’oggetto in età antica. È improbabile che un falsario ricostruisse tali dettagli senza una conoscenza delle procedure dell’oreficeria antica che, tra l’altro, non avrebbero potuto essere rilevate se non con sofisticate strumentazioni tecnologiche disponibili solo ai nostri giorni». La preziosa spilla è stata oggetto non solo di dibattiti sull’autenticità, ma anche di tormentate vicissitudini. Donata nel 1889 al Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, nel 1900 fu trasferita al Museo nazionale preistorico etnografico e kircheriano del Collegio Romano e riunita (nonostante l’appartenenza non sicura) al corredo della principesca Tomba Bernardini di età orientalizzante, scoperta a Palestrina nel 1876. Nel 1960 il corredo di questa tomba fu trasferito al Museo di Villa Giulia, mentre la fibula rimase al Collegio Romano.