IL PARCO DEL CIRCEO ALL’EXPO DI SHANGHAI

13/09/2010 di

Presso il padiglione italiano dell’EXPO di Shanghai, si è svolto un seminario bilaterale italo-cinese sullo sviluppo sostenibile ed il ruolo delle aree protette rispetto a questo. Il Seminario, organizzato dalla Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Esteri in collaborazione con i Ministeri Cinesi dell’Ambiente, delle Finanze e dell’agricoltura, era rivolto ad 150 tecnici rappresentanti vari ministeri ed  are protette della Cina.

Tra i relatori è stato invitato anche il Presidente del Parco Nazionale del Circeo che, anche nella sua qualità di Co-Direttore Generale del WWF Italia,  ha svolto una relazione sul coinvolgimento dei privati per la tutela della biodiversità e sulle potenzialità dei marchi di parchi per la creazione di nuove opportunità economiche.

Benedetto ha inoltre partecipato ad una delle tre tavola rotonde previste, quella sullo sviluppo sostenibile, nella quale sono emerse le profondissime contraddizioni esistenti in un modello di società che non assume come riferimento prioritario della propria crescita la conservazione della natura.

In particolare i rappresentanti cinesi hanno evidenziando come anche loro stiano cercando di introdurre nuovi modelli come, ad esempio, quello dell’ecoturismo o della certificazione dei prodotti, per poter promuovere una crescita più armonica alle esigenze di conservazione.

Alla tavola Rotonda sullo sviluppo sostenibile, per la parte italiano hanna partecipato anch Il Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente Dott. Corrado Clini, il Prof. Fulvio Cerfolli dell’Università della Tuscia e il Prof. Franco Siccardi Presidente del Centro Internazionale di Monitoraggio Ambientale.

Oltre al Parco Nazionale del Circeo il Ministero degli Esteri ha invitato due altri parchi nazionali, quello dall’Arcipelago Toscano rappresentato dal Presidente Mario Tozzi, e quello del Gran paradiso rappresentato dal Direttore Michele Ottino. Mario Tozzi ha coordinato due delle tre tavole rotonde svoltasi, quella sullo sviluppo sostenibile e quella sugli ecosistemi marini. La terza tavola rotonda, che ha trattato dell’applicazione tecnologica nelle riserve naturali, è stata coordinata invece dal Prof. Lin Quijng Direttore del Dipartimento di Ecologia dell’Università di Pechino.

Particolarmente vivace è stata l’interazione con il pubblico che ha stupito sia i rappresenti dell’Ambasciata Italiana che quelli del Governo Cinese. Solitamente infatti il pubblico cinese preferisce non svolgere interventi e comunque non porre domande, in questo caso invece sono stati numerosi e vivaci gli interventi, che hanno sollevato anche problemi assolutamente delicati come l’influenza dei grandi gruppi economici nella gestione del territorio.

Qui sotto si riporta una sintesi dell’intervento di Gaetano Benedetto che è stato accompagnato anche da numerose immagini, molte delle quali scattate dell’Ispettoere Giuseppe Stolfa del Corpo Forestale dello Stato.

“Sino agli anni ’20 la Pianura Pontina era una palude parzialmente occupata da una vasta foresta. Le opere di bonifica a quell’epoca sono state tra gli interventi d’ingegneria più al mondo. Oggi, con l’evoluzione culturale che c’è stata, sarebbe possibile un intervento di quel genere?

L’intervento dell’uomo ormai ha raggiunto ogni parte del mondo, nonostante questo molte aree importanti si sono slavate anche molto vicino alle zone più industrializzate. L’analisi svolta dal WWF sulle aree prioritarie del Pianeta (Ecoregioni) dimostra come queste non siano solo in zone “selvagge”, ma soprattutto in Europa e nel Mediterraneo riguardino Paesi dove o lo sviluppo è molto cresciuto o dove la crescita dello sviluppo mette inevitabilmente a rischio la salvaguardia di questi  fondamentali territori. Creare modelli alternativi di sviluppo significa dunque  da un lato dare consapevolezza sull’importanza di queste aree, da un altro individuare nelle forme di gestione occasione di crescita economica per le popolazioni locali.

In Italia le aree protette occupano oltre il 10% del territorio che in buona parte è costituito da terreni privati su cui sono stati posti vincoli di tutela ambientale. A differenza di altri Paesi poi, il modello italiano comprende all’interno dei Parchi anche aree urbanizzate, soprattutto a carattere agricolo o turistico.  Tutto ciò rende ancor più necessario trovare nel coinvolgimento dei privati un elemento di sinergia per il raggiungimento degli obiettivi di tutela. Questo significa stabilire una corretta strategica di valorizzazione del sistema delle aree protette. Le aree protette italiane sono governate da due strumenti: il Piano del Parco e il Piano di Sviluppo Socio Economico. Il primo stabilisce i termini di gestione del territorio, il secondo definisce gli obiettivi dello sviluppo compatibile con gli obiettivi e gli obblighi di conservazione;  l’insieme dei due  strumenti, che vengono definiti con le rappresentanze delle comunità locali,  rende operativo quando stabilito sin dal 1992 nella Conferenza Mondiale su Ambiente e Sviluppo svoltasi a Rio de Janeiro: la salvaguardia della biodiversità passa attraverso la realizzazione dello sviluppo sostenibile.

Da vincolo ad opportunità. Così, in sintesi, si potrebbe descrive l’approccio di gestione che hanno i parchi italiani. Di particolare interesse, in questo contesto, sono le esperienze che hanno avviato azioni di marketing territoriale attraverso l’utilizzo del marchio del parco quale elemento di promozione di alcuni prodotti in affiancamento al riconoscimento delle certificazioni ambientali.  Questo ha permesso non solo di migliorare l’offerta turistica delle aree protette, ma anche consentito di caratterizzazione meglio i prodotti agroalimentari e artigianali.  La concessione del marchio del parco, che non sostituisce i marchi di qualità né le certificazioni ambientali, ha permesso di aumentare il livello di consenso degli operatori economici e quindi il legame di questi rispetto alle aree protette.  Esempio in portanti in Italia sono quelli della del Parco Nazionale delle Cinque Terre e del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi; sulla base di queste esperienze si fonda l’accordo con gli imprenditori locali fatto dal Parco Nazionale del Circeo.

Il Parco del Circeo ha sottoscritto con la categorie degli imprenditori locali (Camera di Commercio di Latina) un accordo per promuovere l’offerta turistica e i prodotti locali.  L’obiettivo è quello di migliorare la qualità dei prodotti caratterizzandoli maggiormente rispetto alla zona di produzione e  creando il presupposto per dare loro un livello di certificazione riconoscibile a livello internazionale. Il Parco col sul marchio, in questo caso, diventa messaggio immediatamente percepibile e quindi traino positivo per comunicare un valore di qualità.

Prospettive di sviluppo importanti ci potranno poi essere se i Parchi saranno capaci di cogliere l’occasione  che deriva dall’Unione Europea che consente l’utilizzo dei marchi DOP (Denominazione di Origine Controllata) ed IGP (Indicazione Geografica Protetta) per quei prodotti che hanno qualità e caratteristiche strettamente legate  ad uno specifico ambito territoriale fortemente caratterizzato per le particolari condizioni di qualità ambientale e per tecniche tradizionali di produzione.  I marchi DOP e IGP hanno una grande penetrazione di mercato e si prestano a promuovere, in forma indiretta, il valore dei territori dei prodotti che portano questo marchio.

Nel contesto delle aree protette italiane, e nella partecipazione dei privati alla gestione di questo, particolarissimo rilievo assumo le Oasi del WWF.  SI tratta di un sistema complesso, formato dal oltre 110 aree in parte di proprietà del WWF ed in parte di soggetti pubblici o privati. L’insieme di queste aree rappresenta gran parte della biodiversità italiana che è la più ricca d’Europa.

Nel corso degli anni il WWF ha acquisito aree importantissime impedendo la trasformazione di queste, ma anche garantendo la conservazioni di fondamentali specie simbolo della fauna italiana. Gli esempi più importanti  in tal senso sono quelli di Monte Arcosu in Sardegna dov’è stato salvato il cervo sardo, di Valle Averto a Venezia che rappresenta l’unica area protetta della Laguna di Venezia, di Siculiana in Sicilia sottratta alla speculazione edilizia,. Ma il WWF gestisce aree anche per conto di privati garantendo non solo la permanenza di elevati livelli naturalistici, ma consentendo una frizione controllata che altrimenti o non sarebbe possibile o potrebbe arrecare danni irreversibili; in questo caso l’esempio più importante è quello del Lago di Burano.  Inoltre il WWF gestisce un’area marina protetta (Miramare a Trieste), cinque riserve naturali dello Stato, e diverse aree regionali. Anche queste sono spesse volte costituiti da terreni privati destinati ad attività produttive e il WWF ha sempre  cercato una sinergia tra le attività sostenibili e le attività di conservazione; gli esempi più significativi sono  certamente quello delle Saline di Trapani e quello di Penne in Abruzzo. Il sistema dello Oasi del WWF ha consentito di creare poli di attrazione in piccole località sconosciute, permettendo così di portare forme di turismo leggere e sostenibili quali quelle del turismo naturalistico e del turismo scolastico o con finalità educative.

Anche  il WWF ha sfruttato l’opportunità di utilizzare il marchio delle oasi non solo per promuove prodotti realizzati all’interno del sistema di aree protette gestite, ma anche per sviluppare queste attività compatibili. È nata così la linea “Terra delle Oasi” che ha trovato notevole successo nel settore di mercato dei prodotti biologici. Come elemento di connessione tra i parchi nazionali e le Oasi del WWF, va segnalata l’esperienza delle Fattorie del Panda, cioè di strutture convenzionate all’interno delle quali i visitatori possono trovare un luogo ideale per conoscere non solo le caratteristiche naturali del luogo, ma anche le tradizioni e i prodotti tipici locali; le Fattorie del Panda sono anche strutturate per garantire ospitalità sotto forma di agriturismo e per essere utilizzate come strutture didattiche.

Abbiamo iniziato con una domanda, chiudiamo dunque con una risposta. Certamente no,  le paludi verrebbe preservate come ambiente naturale e nessuno in Italia penserebbe di abbattere migliaia di ettari di foresta per creare terreni agricoli.  Un progetto finanziato dall’Unione Europea porterà alla parziale ricreazione di zone umide laddove queste erano state bonificate. Si ricrea così un habitat naturale, ma attraverso la fitodepurazione si risponde anche all’esigenze di depurazione delle acque di un territorio  che ha significativi livelli d’inquinamento.  Anche in questo caso l’aumento della naturalità diventa un’opportunità per la vita dei residenti.

La gestione delle aree protette dunque non va affrontata solo come un vincolo e quindi come un’oppressione, molte sono le opportunità che nell’ambito della tutela si possono cogliere e i parchi possono certamente rappresentare sempre più  un simbolo positivo di sviluppo sostenibile.