CAMORRA, DROGA, ESTORSIONI E USURA A LATINA: 23 ARRESTI
Usura ed estorsioni nel sud della provincia di Latina e droga sul litorale romano. Tutto gestito da un accordo tra clan della camorra e della ‘ndrangheta, secondo quanto emerso nell’operazione «Coast to coast». Tutto è nato dagli accertamenti su un personaggio considerato il tramite fra il clan Longobardi-Beneduce e il territorio al confine con il Garigliano.
L’uomo, titolare di un’impresa edile, «avvicinato» da esponenti della camorra flegrea, aveva cominciato a pagare il pizzo. Diversi gli episodi di intimidazioni con mezzi bruciati e anche minacce di morte, oltre a irruzioni notturne presso l’abitazione della vittima. Successivamente un altro imprenditore era finito nella morsa dell’usura, come documentato da diverse intercettazioni, sempre riconducibile al clan Longobardi-Beneduce.
Nel corso delle indagini della direzione distrettuale antimafia di Napoli è emerso anche il collegamento, per quanto riguarda lo spaccio di stupefacenti, con il clan Gallace della ‘ndrangheta operativo nella zona di Nettuno. Questa mattina sono state eseguite le ordinanze con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata a estorsione, usura e traffico di droga. Tra i personaggi di spicco finiti in carcere a Pozzuoli Gennaro Cavaliere, 39 anni, ritenuto a capo del gruppo. «È un’operazione frutto di un’indagine di spessore – ha commentato Nicolò D’Angelo, questore di Latina – che ha consentito di smantellare un’organizzazione di assoluta importanza».
LE MINACCE – La violenza nelle intimidazioni contro gli imprenditori taglieggiati emerge dalle intercettazioni eseguite nell’inchiesta che ha portato alla notifica di 23 ordinanze di custodia cautelare, il cui personaggio centrale è Gennaro Cavaliere, 39 anni, esponente di primo piano del clan Beneduce – Longobardi. Cavaliere, secondo gli investigatori, era responsabile sia dello spaccio di droga nella zona compresa tra il litorale domitio e Nettuno sia del «recupero crediti» quando gli imprenditori taglieggiati non pagavano con puntualità. Centinaia di telefonate intercorse nel 2005 tra Cavaliere e i debitori del clan sono contenute nell’ordinanza di custodia emessa dal gip Nicola Miraglia del Giudice su richiesta dei pm Antonello Ardituro e Catello Maresca. Le minacce rivolte ad un imprenditore di Minturno sono da brivido: «Ci vediamo giovedì all’una da te. Mi devono morire le bambine: ti taglio la testa e te la butto a mare, quando è giovedì! Tu se giovedì mi fai trovare un euro mancante, mannaggia la morte, ti attacco dietro alla macchina io! Ti faccio prendere collera malamente, Luigi, mi devono morire le creature!». Il malcapitato imprenditore non riusciva a procurarsi il denaro dovuto al clan e cercava di prendere tempo. Cavaliere lo incalzava con una ferocia via via crescente, per giunta coprendolo di insulti: «È saltata già tutta la settimana, Luigi. Ma tu mi credi? Se ti piglio davanti ti alzo in aria a te, tu non mi credi tu? Poi ti faccio vedere io, Luigi. Non so a questi qua più che gli devo dire: te li vedi a casa sicuramente oggi, comunque!». Nonostante la violenza delle intimidazioni subite, l’uomo, nel tentativo di blandire Cavaliere, addirittura gli offriva pesce fresco e gli procurava case per la villeggiatura a Scauri. Un altro imprenditore di Giugliano (Napoli) fu costretto a riparare a Brescia per sfuggire al clan, ma anche nella città lombarda subì l’incendio di un camion.