PREMIO CAMPIELLO, TUTTI CON ANTONIO PENNACCHI

22/05/2010 di

Undici giurati, 11 voti per ‘Canale Mussolinì di Antonio Pennacchi, indiscusso favorito, finalista oggi a Padova nella selezione Cinquina del Premio
Campiello.

antonio_pennacchiIl libro, edito da Mondadori, racconta la migrazione dei ‘polentonì verso le bonifiche delle paludi pontine, quell’esodo da Nord verso Sud di cui poco o nulla si sapeva, e che ha messo d’accordo al primo colpo tutti i componenti della giuria: fatto unico, che arriva solo alla 48/a edizione della competizione letteraria promossa dagli imprenditori veneti.

«Sono contento che tutta la giuria l’abbia segnalato – ha detto il regista Giuseppe Tornatore, presidente della Giuria dei Letterati, venendo meno al classico no comment in vista del voto finale – se lo merita, è un’opera importantissima: un grande romanzo epico, un grande racconto di cronaca storica e anche un saggio antropologico, tutto tessuto con la stessa tensione».

Una storia di emigrazione al contrario, sottolinea, che «interessò migliaia di italiani del Nord, che durante gli anni del fascismo abbandonarono le proprie terre per trasferirsi nell’Agro Pontino, a bonificare». «Contadini emiliani, veneti, friulani – recita la sinossi – che lasciarono le proprie terre, dove non rimaneva altro che stare a ‘puzzarsi di famè, diventando i primi attori del nuovo sogno italico di grandezza».

Tra le migliaia di coloni, la famiglia dei Peruzzi, con lo zio Pericle, fascista che non si fa dettare ordini. «Il racconto è avvincente come un giallo, sta in rapporto lieve con la storia ufficiale – continua Tornatore – ma anche con le sue pieghe magiche e poetiche», dove si staglia la figura di Armida, quasi una strega che «si circonda di api».

Ma l’entusiasmo di Tornatore è ben distribuito: per sottolineare l’abbondanza di opere meritevoli di entrare in finale ha provocatoriamente proposto di estendere la cinquina ad almeno 10 libri pervenuti. Con otto segnalazioni è passato invece “Scintille. Una storia di anime vagabonde” di Gad Lerner (Feltrinelli), che tra biografia e reportage, parla del suo universo familiare.

Con sette voti ciascuno sono entrati in cinquina Laura Pariani, con ‘Milano è una selva oscurà (Einaudi), per protagonista un libraio antiquario diventato barbone, e Gianrico Carofiglio con ‘Le perfezioni provvisoriè (Sellerio), dove ad essere oscura è una Bari vissuta da un avvocato stupito del suo mutare. Infine, con sei punti, Michela Murgia, con ‘Accabadorà (Einaudi), ambientato nella Sardegna degli anni ’50, dove una tradizione carica di fascino passa dall’anziana alla giovane, attraverso il gesto pietoso di chi accompagna alla morte.

Tutti i giurati hanno sottolineato la qualità delle opere pervenute, ma «il rischio – ha detto controcorrente il linguista Salvatore Nigro – è che da una letteratura distante dalla realtà si arrivi ora a un neorealismo». Lo scrittore Riccardo Calimani ha invece sottolineato l’attenzione al linguaggio riscontrata nella maggior parte degli autori: sia di chi «usa il dialetto con valenza che supera il localismo – ha affermato – sia dei diversi autori stranieri, che scrivono in italiano. E lo fanno bene».