DELITTO DEL CIRCEO, GUIDO AL GIUDICE: VIVEVO DI EGOISMO
Fu il «modo di vivere» fatto «di puro egoismo e divertimento» a «portarmi a commettere l’episodio per cui sono stato condannato», ovvero la strage del Circeo. Con queste parole Gianni Guido, libero dopo aver scontato la pena per il massacro, descriveva nel giugno del ’94, dopo essere stato arrestato a Panama dove era latitante, al giudice Guido Salvini «i fatti del Circeo», come li chiamava lo stesso Gianni Guido.
«Voglio premettere che la mia vita – spiegava Guido nell’interrogatorio, datato 4 giugno 1994, davanti al giudice Salvini che in quel periodo stava indagando sull’eversione nera – sino ai fatti del Circeo del settembre del ’75, è stata sostanzialmente quella di un ragazzo romano di buona famiglia, con simpatia a destra, ma non con militanza a destra». Un ragazzo, si descriveva ancora, «portato come molti in quell’epoca a vivere l’esistenza in termini di puro egoismo e divertimento». È stato, si legge ancora nell’interrogatorio, «questo modo di vivere a portarmi a commettere l’episodio per cui sono stato condannato». Guido parlò anche dei suoi rapporti con Angelo Izzo, autore assieme a lui della strage nella villa del Circeo, spiegando che all’epoca viveva «in un contesto di volontà di far soldi per spenderli, anche se eravamo tutti di famiglia agiata». Negli anni della latitanza, invece, «la mia personalità è cambiata e mi sono reso perfettamente conto della gravità di ciò che ho fatto quando ero ragazzo».