Festa a Gaeta per il marittimo liberato, il sindaco: “Il più bel regalo di Natale”

22/12/2011 di
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Incubo finito per i cinque marinai italiani ostaggio da febbraio dei pirati somali: la petroliera Savina Caylyn e i 22 membri dell’equipaggio sono stati liberati oggi scatenando la gioia a Procida, Sorrento, Trieste e Gaeta, città natale dei cinque.

A bordo con altri 20 componenti dell’equipaggio anche il marinaio di Gaeta Antonio Verrecchia. La moglie non regge all’emozione ma dopo mesi di angoscia invita ad «aspettare l’ufficialità dalla Farnesina». Arrivata poco dopo, insieme al coro unanime di congratulazioni per la conclusione della vicenda. Festa in città per la liberazione del marittimo. Il sindaco, Antonio Raimondi: «E’ il miglior regalo di Natale che potessimo ricevere».

IL GOVERNO. Grande soddisfazione delle istituzioni, espressa dal presidente Giorgio Napolitano, il premier Mario Monti e dal ministro degli Esteri Giulio Terzi. La Farnesina e la società armatrice Fratelli D’Amato sottolineano che nell’operazione «non c’è stato nessun blitz, nétantomeno pagato un riscatto».

Il governo italiano, recita una nota del ministero degli Esteri, ha «evitato qualsiasi azione di tipo militare» per garantire la sicurezza dei 5 italiani e non ha «mai contemplato» l’ipotesi di una «trattativa con i pirati» o il «pagamento di riscatti» per la liberazione della nave. I pirati somali affermano invece che per la liberazione dei cinque italiani e di 17 indiani hanno ricevuto «11,5 milioni di dollari» in due tranche. Dopo aver recuperato «8,5 milioni di dollari lanciati da un elicottero», gli indiani sono stati rilasciati su piccole barche. Successivamente «sono stati lanciati altri 3 milioni e abbiamo lasciato la nave e liberato i cinque italiani», ha detto un membro della banda di pirati che teneva la nave in ostaggio. L’attacco alla petroliera italiana (da 105 mila tonnellate) è avvenuto in pieno Oceano Indiano l’8 febbraio scorso.

L’ATTACCO. Il comandante, l’italiano Giuseppe Lubrano Lavadera, originario di Procida come il terzo ufficiale Crescenzo Guardascione, ha tentato di sfuggire all’assalto compiendo delle manovre evasive, con repentini cambi di rotta e velocità, ma i malviventi non hanno esitato a usare mitra e lanciarazzi Rpg, riuscendo così a salire a bordo e ad impossessarsi della nave. Nelle loro mani sono finiti anche Gianmaria Cesaro di Sorrento, Antonio Verrecchia di Gaeta, ed Eugenio Bon di Trieste. Poi mesi di privazioni, minacce, violenze.

IL GRIDO DI VERRECCHIA. «Ci stanno torturando, stiamo morendo, aiutateci», ha detto Verrecchia poche settimane fa, in una telefonata a ‘Chi l’ha vistò. «Ogni volta che si avvicinano o navi militari o un elicottero in perlustrazione per noi sono problemi grossi, prendiamo botte, violenze, insulti», gli ha fatto eco in quell’occasione Eugenio Bon. In questi mesi si sono susseguiti appelli, cortei, fiaccolate per chiedere lo loro liberazione.

GLI ALTRI CASI. Nelle mani dei pirati somali restano altre 200 persone, sottolineano i responsabili della missione navale antipirateria dell’Ue, Atlanta, che definiscono la situazione «una tragedia umanitaria». «Ci sono 199 uomini e una donna attualmente ostaggio delle bande di pirati in Somalia», si legge in una nota dell’organizzazione. Dall’inizio della missione, a dicembre del 2008, sono stati complessivamente presi in ostaggio 2.317 marinai, rimasti in ostaggio mediamente cinque mesi, 19 mesi in casi record. Almeno 60 di loro sono morti, mentre altri «hanno subito torture e sono stati vittime di abusi». Atlanta mette in guardia contro la ‘nuova tecnicà utilizzata dai pirati somali: rilasciare le navi ma tenere in ostaggio parte degli equipaggi per scambiarla con i compagni arrestati.