EURES, CITTADINI DEL LAZIO TEMONO CRIMINALITA’ MA NON A LATINA

19/03/2009 di

Cresce l’insicurezza tra i cittadini del Lazio, soprattutto a Roma e nei grandi comuni. La domanda di sicurezza continua ad essere al centro delle priorità e dei bisogni dei cittadini, soprattutto di chi è stato vittima di reati. E a sentirsi più insicuri sono proprio le vittime dei reati. Donne e soprattutto anziani. L’insicurezza si correla anche all’integrazione sociale, più sicuri si sentono i laureati, meno quelli con un basso livello di scolarizzazione. È quanto emerge dai dati del rapporto redatto dall’Eures “La percezione di sicurezza tra i cittadini del Lazio”.

L’istituto di ricerche economiche e sociali ha condotto un indagine su in campione di 2005 persone. Dalle interviste è emerso che la criminialità diffusa è percepita in crescita nelle province di Frosinone, Roma e Rieti. Al comune di Roma si può parlare di ‘Effetto Caffarellà, dove infatti risulta particolarmente diffusa la percezione dell’aumento dei reati compiuti da stranieri. Media, politici e isolamento sociale, i cooresponsabili per i cittadini dell’aumento della paura. La mancanza di risposte adeguate da parte delle Istituzioni, così come l’elusione o la sottovalutazione del problema, sono percepite come cause dell’aumento della paura, anche perchè la convivenza e la dinamica sociale, condizionate dall’insicurezza, generano comportamenti e atteggiamenti di diffidenza, di chiusura e di rifiuto dell’altro. Ne è una conseguenza, spiega l’Eures, la crescente tensione e paura nei confronti degli stranieri così come la lettura della devianza come ‘questione principalmente individualè. Il quadro che emerge dal campione Eures, è di una società che in larga misura si autoassolve, vedendo nell’autore di reato un ‘diversò, un ‘altro da sè anche come quando, come le statistiche oggettive certificano, ha spesso il volto di un familiare, di un conoscente, di un collega o di un amico.

Dall’indagine Eures realizzata su un campione di 2.005 persone nel mese di febbraio emerge che il 45% degli intervistati si sente più insicuro, rispetto all’anno precedente, nel proprio comune o quartiere. Nella provincia di Roma la percentuale sale al 50,1%. A sentirsi più insicure soprattutto le fasce ‘debolì: Il 50,3% delle donne e il 52% degli ultrasessantaquattrenni intervistati. Più grande è il comune più aumenta l’insicurezza. Nei comuni con fino a 15mila abitanti il 34,1% dei cittadini si sente ‘più insicurò. L’insicurezza sale al 40,5% dei cittadini nei comuni tra 15-50 mila abitanti, al 47,1% in quelli con 50-250 mila abitanti. A Roma raggiunge il 51,2%. Si sente sicuro nel proprio quartiere poco più della meta del campione intervistato, il 58,7%. Più sicure risultano le province di Rieti e Latina con appena il 17,5% e il 17,7% di intervistati “insicuri”. Segue Frosinone con 31,3% di ‘insicurì e Viterbo con 39,9%. Il valore più negativo si conferma quello di Roma (dove si sente insicuro il 47% dei cittadini, raggiungendo il 50,1% nella sola Capitale). 

 

L’INDAGINE EURES SULLA SICUREZZA

Cresce l’insicurezza, soprattutto a Roma e nei grandi comuni – La grande attenzione al tema della “sicurezza” nelle cronache e nel dibattito politico-istituzionale, trova pieno riscontro nelle opinioni e nei vissuti dei cittadini del Lazio: il 45% degli intervistati dichiara infatti di sentirsi più insicuro, rispetto all’anno precedente, nel proprio comune/quartiere (il 50,1% nella provincia di Roma), mentre soltanto il 4,5% si sente più sicuro e il 50,5% non rileva cambiamenti significativi. A sentirsi più insicure rispetto all’anno precedente sono soprattutto le fasce “deboli”, con indicazioni che raggiungono il 50,3% tra le donne (a fronte del 39,2% tra gli uomini) ed il 52% tra ultrasessantaquattrenni. L’aumento dell’insicurezza nell’ultimo anno risulta correlato alla dimensione demografica dei comuni di residenza, con una crescita più bassa in quelli fino a 15 mila abitanti, dove il 34,1% dei cittadini si sente “più insicuro” (a fronte del 3,4% “più sicuro” e del 62,4% “ugualmente sicuro”), che sale al 40,5% nella fascia 15-50 mila abitanti, al 47,1% in quella 50-250 mila, fino a raggiungere il 51,2% nel Comune di Roma.

Ma la più forte perdita di sicurezza si rileva tra le vittime dei reati: si sente infatti più insicuro ben il 74% di quanti negli ultimi tre anni hanno subito più di un reato, il 67,1% di quanti hanno subito un solo reato e appena il 35,6% di quanti non ne hanno subito alcuno. 

Anche a fronte dei cambiamenti segnalati, attualmente si sente sicuro nel proprio comune/quartiere poco più della metà degli intervistati (il 58,7%, di cui soltanto il 6,3% “molto sicuro” e il 52,3% “abbastanza”), mentre oltre 4 cittadini su 10 (il 41,3%) esprimono la percezione opposta (il 36,7% si sente “poco sicuro” e il 4,6% “per niente”). Più sicure risultano le province di Rieti e Latina (con appena il 17,5% e il 17,7% di intervistati “insicuri”), seguite da Frosinone (31,3% di “insicuri”) e Viterbo (39,9%), mentre il valore più negativo si conferma quello di Roma (dove si sente insicuro il 47% dei cittadini, raggiungendo il 50,1% nella sola Capitale). L’insicurezza percepita si correla alla qualità dell’integrazione sociale del campione, con una più alta percezione di sicurezza tra i laureati (il 67,7% si sente “molto” o “abbastanza sicuro”), e una inferiore tra i diplomati (56,4%) e nel campione con la scolarità più bassa (54,5%).

Ma è ancora l’esperienza di vittimizzazione il fattore discriminante: si sente infatti “molto” o “abbastanza sicuro” nel proprio comune/quartiere il 67,1% degli intervistati che negli ultimi tre anni non hanno subito alcun reato, il 40,4% di quanti ne hanno subito uno e appena il 28,3% (contro il 71,7% di “insicuri”) di quanti hanno subito più di un reato. 

Donne e anziani, vittime “seriali” della criminalità – Tre intervistati su 10 (il 28,7%) dichiarano di aver subito negli ultimi tre anni uno o più reati (in particolare il 22,4% del campione ha subito un solo reato e il 6,3% più di uno), evidenziando una diffusione della vittimizzazione che sembra investire, almeno nel medio periodo, la quasi totalità dei cittadini. Più frequentemente vittime di reato risultano essere le donne (il 21,9% ha subito un reato e l’8,6% più di uno, a fronte di valori pari al 23% e al 3,7% tra gli uomini) e, soprattutto gli anziani, tra i quali ben il 33,4% ha subito almeno un reato negli ultimi 3 anni (il 25% un solo reato e l’8,4% più di uno); sul fronte opposto i meno colpiti risultano i giovani, tra i quali l’esperienza di vittimizzazione scende al 26,1%. Ancora più significativo risulta il dato territoriale: nel comune di Roma, unica realtà della regione con oltre 250 mila abitanti, le vittime di reati negli ultimi 3 anni raggiungono l’incidenza più alta (36,4%), con scarti di circa 15 punti percentuali sul campione residente nei comuni delle fasce inferiori. 

Criminalità diffusa e stranieri, i due volti della paura. “Effetto Caffarella” nel comune di Roma, e a Latina è allarme criminalità organizzata – Sono i reati di criminalità diffusa, quali furti, scippi e borseggi (con il 46,6% delle citazioni), e quelli compiuti dagli stranieri (36,2%) i due fenomeni criminali più in aumento secondo la percezione del campione intervistato; seguono i reati legati al traffico di stupefacenti (27,4%), le violenze sessuali (21,2%) ed i reati commessi dai minori (21%). Inferiori le citazioni per la criminalità organizzata (11,8%, che salgono al 35,4% nel campione della provincia di Latina), la criminalità violenta (10,9%) e la corruzione (8,2%), aumentata più della prostituzione e delle truffe (entrambe con il 7,7%). La criminalità diffusa è percepita in crescita soprattutto dal campione della provincia di Frosinone (53% delle indicazioni), di Roma (52,2%) e di Rieti (44,5%), mentre per il comune di Roma si può parlare di un “effetto Caffarella”, risultando particolarmente diffusa sia la percezione dell’aumento dei reati compiuti da stranieri (45,8%) sia delle violenze sessuali (31,8% delle citazioni, con scarti di circa 20 punti percentuali sui comuni di dimensioni inferiori); le violenze sessuali raccolgono inoltre maggiori citazioni tra le donne (25,1% contro il 16,8% tra gli uomini) e tra i giovani della fascia 18-34 anni (26,3%, con valori decrescenti nelle fasce di età successive).    

Analoga è la graduatoria dei reati che secondo gli intervistati, dovrebbero essere al centro dell’azione di contrasto da parte delle Istituzioni: al primo posto è infatti la criminalità diffusa (45,5% delle citazioni), seguita dai reati compiuti dagli stranieri (38,7%), dal traffico e spaccio di stupefacenti (28,2%) e dalle violenze sessuali (27,9%). Inferiori le citazioni per la lotta al crimine violento (14,8%), per i reati commessi da minori (14%) e per la criminalità organizzata (13,5%, che sale al 34,6% nel campione della provincia di Latina).

 

 

L’aumento dell’insicurezza, tra percezione e realtà – Secondo il campione intervistato l’aumento della percezione di insicurezza nell’opinione pubblica deriva soltanto in parte dall’effettivo aumento dei reati (51,6% delle indicazioni), mentre un peso significativo è attribuito alla perdita di coesione e solidarietà nelle famiglie e nella società (20,1%), all’atteggiamento allarmistico dei media (14,4%) e alle strumentalizzazioni del mondo politico (13,9%), fattori che, complessivamente, “spiegano” il fenomeno per quasi la metà del campione. Sono i laureati ad attribuire meno degli altri l’aumento di insicurezza all’effettivo incremento dei reati (46,4%), riconoscendo più responsabilità ai media (16,8%) e alle strumentalizzazioni dei politici (16,7%). Analogamente gli uomini attribuiscono all’allarmismo dei media (15,6% contro il 13,3% delle donne) e alle strumentalizzazioni dei politici (14,2% contro il 13,7%) maggiore peso nella genesi dell’insicurezza, mentre gli anziani e le donne citano più frequentemente la perdita di solidarietà e di coesione sociale (rispettivamente 25,2% e 20,8%).

 

La panacea della certezza della pena. E la paura erode la cultura dell’integrazione – Una delle conseguenze più rilevanti della perdita di sicurezza rilevata tra i cittadini consiste nella progressiva erosione della cultura dell’integrazione sociale quale antidoto al proliferare di comportamenti devianti. Al contrario, nell’esprimersi su quali iniziative siano necessarie per aumentare la sicurezza dei cittadini il campione chiede diffusamente la certezza della pena (62% delle citazioni), seguita dalla richiesta di una maggiore presenza delle Forze di Polizia sul territorio (44,1%), ampiamente più auspicata di un maggiore impiego dei Militari (17,7%); nella graduatoria emersa (erano possibili 3 risposte) numerose citazioni chiedono regole e controlli più rigidi sull’ingresso degli stranieri (36,2%), mentre più contenute sono le richieste di riqualificazione urbana e delle periferie (29,1%) e quelle relative a maggiori investimenti da destinare all’integrazione delle fasce marginali (17,3%). Anche l’aumento della videosorveglianza riceve numerosi consensi (25%), mentre minore efficacia sembra attribuita alla ipotesi di realizzare una banca dati del dna (11,4%) e, soprattutto, alla liberalizzazione delle armi da fuoco (3,9%).

 

La devianza? Un fatto individuale – La quasi totalità del campione (98,9%) afferma che quando un adulto commette un reato ne è in prima persona responsabile (mentre soltanto l’1,1% ritiene che lo sia “poco” o “per niente”, rifacendosi al “determinismo sociale” o a quello “biologico”); soltanto la metà del campione considera invece corresponsabile la società (48,8%) o l’esperienza familiare dell’autore (52,6%). Più bilanciato il piano delle responsabilità nel caso in cui l’autore di reato sia un minore: la responsabilità individuale (88,6% delle citazioni), pur raccogliendo un altissimo numero di citazioni, è sovrapponibile a quella familiare (88,8%) e soltanto di poco superiore a quella sociale (77,5%); anche per i minori, dunque, la devianza è vista come fatto principalmente individuale, attribuibile al “libero arbitrio”, pur associato a concause di ordine familiare e sociale. Molto particolare appare al riguardo l’atteggiamento del campione di Latina, che tende ad “assolvere” quasi del tutto la famiglia e la società nella genesi dei reati compiuti da adulti (rispettivamente con il 15,4% e il 4% delle citazioni di responsabilità).

 

Strada senza uscita: sempre più bassa la fiducia nel recupero sociale – Il 70,1% dei cittadini del Lazio intervistati afferma che per chi ha commesso un reato grave non ci sono reali possibilità di reintegrarsi (“poche” per il 58,3% e “nessuna” per l’11,8%), mentre soltanto il 29,8% del campione esprime l’opinione contraria (il dato scende al 25,1% tra gli over64). L’indicazione emersa caratterizza trasversalmente l’intero campione; interessante risulta tuttavia il fatto che maggiori possibilità di recupero per gli autori di reato siano riconosciute dagli intervistati residenti nei piccoli comuni (con il 43,4% delle citazioni), mentre sono i residenti della Capitale, vittime di una “grande paura”, a evidenziare la maggiore sfiducia, con appena il 19,9% che considera possibile il reinserimento sociale. È tuttavia la mancanza di progetti di reinserimento sociale (44,5% delle indicazioni) la causa prevalente del mancato recupero degli autori di reato, accompagnata dalla diffusa presenza di pregiudizi (18,7%), mentre un peso inferiore è attribuito alla natura degli individui (36,8% delle citazioni).