OPERAZIONE “NUOVO IMPERO”, 35 ARRESTI PER DROGA TRA ROMA E SUD PONTINO
Sono 35 gli ordini di custodia cautelari emessi dal gip del tribunale di Roma nei confronti dei componenti di due associazioni a delinquere dedite al traffico di droga e che operavano a Roma e nel sud pontino. Tra questi anche 3 donne. Questo è il bilancio dell’operazione «Nuovo Impero» messa a segno all’alba dai militari del Gico della guardia di finanza al termine di 3 anni di indagini coordinate dal pm della direzione distrettuale antimafia di Roma, Leonardo Frisani.
Nel corso dell’operazione sono stati posti sotto sequestro preventivo beni mobili e immobili per un valore di oltre 5 milioni euro tra cui 53 autoveture, 18 moto, 26 stabili, 12 terreni e diverse quote societarie. L’operazione ha consentito di sequestrare complessivamente 30 kg di cocaina e 500 di hashish. Le indagini partite nel 2003 si sono concentrate sul traffico di stupefacenti nella capitale collegato a clan camorristici.
Poteva contare su contatti costanti con la criminalità organizzata campana, in particolare su un clan camorristico, che gli riforniva continuamente la droga e aveva ormai assunto il controllo del quartiere romano di Tor Bella Monaca, l’organizzazione criminale che operava a Roma e nel sud pontino, smantellata con l’operazione «Nuovo Impero». Il reato accertato per i componenti del gruppo è di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti aggravata per il quale è prevista una pena detentiva fino a 20 anni. Le operazioni antidroga sono iniziate nel 2005 e si sono svolte sul tratto autostradale dell’A1 tra Napoli e Roma, in diverse zone della Capitale ed anche ad Olbia, dove l’organizzazione aveva ottimi mercati.
La droga proveniva in alcuni casi anche dalla Spagna e dal Marocco e quella sequestrata avrebbe portato profitti superiori ai 12 milioni di euro. L’operazione, che ha impiegato 180 militari delle fiamme gialle, si è concentrata nell’ultima fase sugli accertamenti patrimoniali che hanno portato al sequestro preventivo di beni per oltre 5 milioni, nonostante venti degli arrestati non avevano dichiarato alcun reddito al fisco oppure irrisorio. Quest’operazione «è la prova di come da parte della camorra ci sia il tentativo di approfittare del traffico di droga per poter investire in vario modo nel territorio del Lazio» ha detto il procuratore capo del Dda di Roma, Giancarlo Capaldo, intervenendo alla conferenza stampa in cui sono stati resi noti i dettagli dell’operazione.
«È stato portato a termine un intervento importante – ha sottolineato Capaldo – perché l’aggressione dei beni patrimoniali è per chi delinque una sanzione più dura della misura cautelare». D’accordo il comandante della Guardia di finanza provinciale, Andrea De Gennaro, che ha spiegato come il sequestro dei patrimoni «non consente ad un’organizzazione criminale di continuare nell’attività o di rigenerarla» e che da parte dei clan camorristici «non c’è un radicamento diretto sul territorio» laziale ma «un tentativo di infiltrazione».