CORRUZIONE A FONDI, MAXI-INCHIESTA DELLA DDA

14/08/2008 di

SEGUENDO il filo delle carte processuali si arriva dritti al cuore del problema: la corruzione convive con le istituzioni.


Nel caso del procedimento denominato Damasco, le carte spingono l’osservatore qualche scalino più su, in una posizione da cui si può scorgere con chiarezza che in provincia di Latina, non soltanto a Fondi, la corruzione abita nei palazzi comunali, veste i panni della politica ed è sempre pronta a scambiarli con quelli indossati dal crimine organizzato. E’ un film, piuttosto un documentario, che inizia nel 2005, con il procedimento penale n. 36857 a carico di tre fondani; è materia della Dda, in ballo c’è un’indagine sul controllo dei locali notturni, delle agenzie di pompe funebri e delle imprese di pulizie, una rete che secondo gli inquirenti si estende tra Fondi, Monte San Biagio, Itri, San Felice Circeo e Terracina.

Ciascuno dei tre indagati, stando a quello che si legge negli atti appena raccolti in un paio di voluminosi faldoni messi a disposizione degli interessati, si occupa di un settore in particolare. Ma è un filone complesso, l’indagine stenta ad indovinare lo sbocco naturale dei provvedimenti successivi e rimane confinata alle intercettazioni. Non senza aver offerto agli investigatori lo spunto per battere altre piste non meno interessanti. E’ dalle intercettazioni di quel procedimento che nasce il nuovo filone che approda subito nelle stanze del Comune di Fondi. E’ il 21 settembre 2007 quando il pubblico ministero della Dda Diana De Martino dispone la formazione di un nuovo procedimento penale contro Riccardo Izzi, Romolo Del Balzo e Massimo Anastasio Di Fazio: i reati ipotizzati sono l’associazione per delinquere di stampo mafioso, l’abuso d’ufficio e la concussione. A spingere il magistrato su quel nuovo versante è una dettagliata informativa dei carabinieri del Nucleo Operativo di Latina: sono loro che hanno colto una serie di elementi capaci di sostenere uno dei passaggi cruciali dell’informativa. «E’ stata individuata l’attiva presenza di un’organizzazione che, pur non essendo organica a quella investigata (i tre soggetti indagati, ndr) ne favorisce gli interessi e le attività – scrivono gli uomini del colonnello Leonardo Rotondi – attraverso la sistematica consumazione di delitti contro la pubblica amministrazione.

Tale organizzazione – prosegue l’informativa – avvalendosi della posizione d’impiego che parte dei sodali rivestono nell’ambito di settori della pubblica amministrazione (politico, amministrativo, giudiziario, esecutivo) attraverso una rete clientelare di scambi di favori e corruzioni, riescono a gestire e controllare parte dell’attività istituzionale del Comune di Fondi accaparrandosi illeciti vantaggi nell’ambito di altri enti pubblici». Dieci righe. Questo stralcio dell’informativa dei carabinieri datata 2 settembre 2007 riassume l’intera trama investigativa. Perché i carabinieri «offrono» quell’informativa direttamente alla Direzione distrettuale antimafia, senza transitare per la Procura della Repubblica di Latina? Lo spiega il pm De Martino: la rete di interessi ha finito per coinvolgere anche la Procura di Latina, dove qualcuno vicino agli indagati era in grado di attingere informazioni sullo stato dei procedimenti in corso. Si fa cenno anche ad una informativa già trasmessa a Perugia, il che avvalora il sospetto che tra i magistrati di via Ezio vi possa essere una talpa. E quali sarebbero gli altri enti pubblici all’interno dei quali gli indagati riuscivano ad accaparrarsi illeciti vantaggi? E’ sufficiente seguire il reticolato delle conversazioni telefoniche del Consigliere regionale azzurro Romolo Del Balzo per comprendere che l’influenza della politica è a tutto tondo. Lui che è un capo assoluto in materia di sanità, gestisce concorsi, prove scritte, test di ammissione ai corsi di laurea, grazie ad una serie di relazioni che vanno da Aprilia al Garigliano. Con un po’ di attenzione si riesce anche a comprendere che Del Balzo, oltre alla clientela personale, deve occuparsi anche degli input che arrivano dal partito provinciale, e che da quando Claudio Fazzone è senatore, il ruolo chiave all’interno della Regione Lazio è demandato al consigliere Del Balzo. Che sponsorizza nomi e candidati servendosi dell’assist del presidente del Consiglio comunale di Latina, o dei servizi dell’entourage di Fazzone, vedi il Natan che spunta ogni tanto nelle conversazioni di Del Balzo.

Isolati sul fronte delle raccomandazioni spicce, impegnati a trasmettere e poi recapitare ai beneficiati di turno i fax con le risposte dei test d’ingresso a questo o quel corso per infermieri o radiologi, i nostri appaiono un gruppo di vecchi democristiani di provincia piuttosto che l’agguerrito sodalizio criminale prospettato dai carabinieri e dalla Direzione antimafia. Non fosse che accanto alla parte becera della politica, quella della cura delle clientele, Del Balzo, Izzi e compagni sembrano strutturati anche per rispondere alle pressanti richieste di gente che non va a caccia di un posto da infermiere ma di incarichi, appalti e servizi. I tre signori indagati perché in odore di associazione per delinquere di stampo mafioso, gli stessi che governano pulizie, agenzie funebri e night club tra il Circeo e Sperlonga, sono anche loro sempre al telefono, a rincorrere pagamenti di fatture, a spingere per rilascio di concessioni e a frenare i sopralluoghi dei vigili urbani in situazioni di abusivismo edilizio. Ogni giorno due mondi si «sposano» negli uffici comunali dopo un quotidiano «corteggiamento » per telefono. E a fare la parte dell’uomo, non sono mai coloro che ufficialmente detengono il potere. Esemplare è il contenuto dell’intercettazione nella quale un noto avvocato si rivolge ad un noto pregiudicato affinché intervenga presso l’assessore per ottenere finalmente il pagamento di una parcella. Un «quadretto» che riesce a scandalizzare perfino i carabinieri e i magistrati inquirenti. E’ solo clientelismo? Sono solo raccomandazioni? La misura e il peso della situazione riesce a darcelo un’altra circostanza emersa dalle carte del procedimento «Damasco».

Nei primi giorni di gennaio 2008, all’indomani del secondo incendio d’auto di cui Riccardo Izzi è vittima, il giovane assessore di Fondi viene interrogato dai carabinieri. «Non so chi possa essere stato» riferisce Izzi a proposito degli incendi dolosi delle sue automobili. Salvo tornare il giorno dopo per riferire i due anni di inferno, contrassegnati dall’esperienza della cocaina, che lo hanno avvicinato a Di Fazio, a Trani, a Zizzo, a Garruzzo ed altri. Siamo al 3 gennaio. La Procura Antimafia è allertata, e i pubblici ministeri Diana De Martino e Francesco Curcio convocano Riccardo Izzi a Roma per la data del 9 gennaio 2008. Il giorno precedente, l’8 gennaio, l’assessore riceve una telefonata dal padre che lo avverte: «Ti cerca Claudio Fazzone». L’incontro avverrà negli uffici dell’impresa di Mario Izzi: il senatore è al corrente di tutte le dichiarazioni rese da Riccardo Izzi ai carabinieri, e sa che l’indomani lo attendono i magistrati dell’Antimafia. «Ti devi dimettere subito. Devi lasciare il Comune di Fondi. So cosa vai a fare domani a Roma». Come poteva il senatore Fazzone essere al corrente, e in maniera dettagliata, delle dichiarazioni rese qualche giorno prima da Riccardo Izzi ai carabinieri? Una domanda che resta sospesa nel vuoto. E che ne introduce altre, se possibile peggiori. (Alessandro Panigutti, Latina Oggi 14-08-2008)

Gli articoli di Latina Oggi sono consultabili agli indirizzi:

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http://www.dagolab.eu/public/LatinaOggi/Archivio/14_08_2008/pag03latina.pdf

http://www.dagolab.eu/public/LatinaOggi/Archivio/14_08_2008/pag04latina.pdf

http://www.dagolab.eu/public/LatinaOggi/Archivio/14_08_2008/pag05latina.pdf