Bimba picchiata, il convivente della mamma: “L’ho sempre trattata come un fiore”

24/01/2011 di
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«L’ho sempre trattata come un fiore, l’ho cambiata, vestita e gli ho dato da mangiare». Lo sostiene Settimo P., di 31 anni, convivente di Manuela e ora indagato per maltrattamenti. Settimo ammette che era da solo in casa quando la bambina ha avuto delle convulsioni. Racconta all’ANSA che da alcuni giorni la piccola aveva l’influenza.

«La febbre saliva di giorno – spiega – e la notte si abbassava. Manuela così venerdì decise di non andare al lavoro e di portare la bambina dalla pediatra. Io non sono andato, sono rimasto a casa. Quando è tornata mi ha raccontato che la pediatra, vedendo i lividi, voleva presentare una denuncia, ma lei l’ha pregata di non farlo. Sono le sue parole. È questo quello che mi ha raccontato».  «Sabato mattina la bambina stava bene: si è svegliata, l’ho cambiata e verso le 11,30 gli ho dato la minestrina con l’omogeneizzato. Ha giocato con me e poi si è addormentata. Verso le 12 Manuela che era al lavoro è venuta un attimo a casa perchè doveva andare in bagno. Mi ha chiesto della bambina e gli ho risposto che stava dormendo. Io ogni 5 minuti, poichè si era addormentata,andavo a controllarla, come si fa sempre in questi
casi quando una bimba dorme. Verso le 3 la piccola aveva gli occhi spalancati, mi sono avvicinato ma lei non si muoveva, l’ho presa in braccio ed aveva come delle convulsioni. A quel punto ho chiamato mia sorella e dopo il 118 -aggiunge- La bimba era sotto shock aveva come una crisi epilettica. Nel frattempo ho cercato di rintracciare Manuela, ma non ci sono riuscito e così siamo saliti in ambulanza». Settimo quasi urla la sua innocenza e rivendica il fatto di aver trattato la bambina come se fosse sua figlia: «Mai e poi mai l’ho trattata male, anzi l’ho trattata come
un fiore», conclude l’uomo il quale parlando con un amico si è detto contrariato dell’atteggiamento tenuto in un primo momento dalla sua compagna nei suoi confronti.

LA MADRE: QUEI LIVIDI C’ERANO GIA’ PRIMA – «Il colpevole lo accerteranno gli inquirenti ma quei lividi c’erano già prima». Michela, la madre della piccola ricoverata al Gemelli col sospetto di essere stata oggetto di maltrattamenti, parla all’ANSA nascondendosi dietro la porta del suo appartamento al centro di San Felice Circeo. «La bambina viveva con il padre – racconta la donna – ma quando ho visto quei segni sul corpo l’ho portata con me». Al cronista che gli chiede come mai avendo notato i segni non abbia denunciato il fatto, la donna replica: «Si fanno tanti sbagli, si pensa di fare il meglio e poi…. Ma la mia colpa è che vado a lavorare e devo lasciare la bambina». Poi scoppia a piangere. «Ho solo un fortissimo dolore per mia figlia che sta lottando tra la vita e la morte. Chi è stato lo dovranno accertare gli inquirenti. Ma di sicuro quei lividi c’erano già prima», aggiunge. E poi un accenno al suo convivente ora indagato: «Non lo so dove è, non lo so, ora basta».

IL PARROCO: “E’ UN DRAMMA DEL PRECARIATO” – «Occorre grande cautela, nel parlare di quello che è accaduto. Attorno a questa famiglia dobbiamo alzare una cortina di comprensione e stare vicini al dramma». Don Carlo Rinaldi, il parroco di Santa Maria degli Angeli, a San Felice Circeo, commenta in questo modo l’episodio della bimba di dieci mesi, ricoverata al Gemelli di Roma, in seguito ai maltrattamenti subiti. Dove si può trovare una chiave per leggere quello che è accaduto? «Si può pensare forse alla situazione di isolamento che vive chi non riesce a uscire dal precariato – risponde nel merito – di chi non riesce a trovare lavoro, in modo stabile». «Comprensione e cautela, comunque, non vuol dire omertà – aggiunge – non vuol dire reticenza, perché altrimenti si fa pensare alla gente che chissà cosa si intenda nascondere. Vuol dire cercare di capire la situazione che davvero vive questa famiglia, mentre gli organi inquirenti fanno il loro lavoro». «Stiamo parlando di persone che hanno altri figli, due bambini che frequentano rispettivamente la prima e la terza elementare – ha continuato -. Non montiamo anche qui il caos mediatico che abbiamo visto montare in Puglia». Il parroco fa capire di avere avuto dei contatti con alcuni familiari della bimba, «ma non vogliono essere coinvolti e non sarebbe corretto tirarli in ballo».

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