Niente da fare per Latina e Gaeta: la Capita della cultura 2026 è L’Aquila
Dopo Pesaro per il 2024 e Agrigento per il 2025 è l’Aquila la città scelta come capitale italiana della cultura 2026. A proclamarla è stato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano nel corso della cerimonia che si è svolta a Roma, nella Sala Spadolini del ministero, alla presenza della giuria presieduta da Davide Maria Desario e composta da Virginia Lozito, Luisa Piacentini, Andrea Prencipe, Andrea Rebaglio, Daniela Tisi, Isabella Valente, e dei rappresentanti di tutte e dieci le città finaliste: oltre all’Aquila, Agnone (Isernia), Alba (Cuneo), Gaeta (Latina), Latina, Lucera (Foggia), Maratea (Potenza), Rimini, Treviso, Unione dei Comuni Valdichiana Senese (Siena).
Niente da fare per Latina e Gaeta, le due città pontine arrivate in finale. Nel capoluogo pontino si è aperto un dibattito molto animato sulla candidatura e sulla qualità del dossier, rispetto ai livelli delle altre città concorrenti.
I VINCITORI
«L’Aquila è una città ricca di storia e di identità e merita certamente di essere capitale della cultura» dice parlando con i giornalisti Sangiuliano, che ricorda anche come la commissione sia «assolutamente autonoma e indipendente dalla mia persona». Il ministro avrebbe voluto dare «questo riconoscimento a tutte le città che erano candidate, questo purtroppo non era possibile. Adesso studieremo un modo per coinvolgerle in questo momento».
L’Aquila «si avvia a celebrare i 15 anni del terremoto – commenta il sindaco della città Pierluigi Biondi -. Essere capitale italiana della cultura non è un risarcimento, ma rappresenta un elemento attorno a cui ricostruire il tessuto sociale della nostra comunità». La cultura «è un elemento fondante, è recupero dell’identità e proiezione nel futuro – aggiunge – . Le altre città finaliste saranno parte di questo percorso. Vi garantiamo che saremo all’altezza del compito che ci assegnate… viva l’Italia».
Il progetto presentato dal capoluogo abruzzese è intitolato ‘L’Aquila Città multiverso ed è «un ambizioso programma di sperimentazione artistica per la creazione di un modello di rilancio socio-economico territoriale a base culturale, capace di proiettarla verso il futuro seguendo i quattro assi della Nuova Agenda Europea della Cultura: coesione sociale, salute pubblica benessere, creatività e innovazione, sostenibilità socio-ambientale», si legge nelle linee guida. «Siamo molto felici, è un altro segno di rinascita dell’Abruzzo – commenta Marco Marsilio, appena confermato alla presidenza della Regione -. Le soddisfazioni sono come le ciliegie, speriamo di continuare con questo passo».
Comunque «sapevamo di essere molto competitivi e che il dossier presentato era eccellente. La giuria lo ha riconosciuto». Il progetto dell’Aquila «ci ha convinto per la sua qualità, ma anche per aspetti come il budget, la capacità di includere per tutto l’anno i territori e per il coinvolgimento dei giovani» spiega Davide Maria Desario, presidente della giuria. Ognuno dei progetti delle città finaliste «rappresenta l’emblema dell’Italia come vorremmo che fosse, l’Italia del fare che guarda al Paese reale e che può crescere attraverso la cultura».
Per questo Desario torna a lanciare la proposta (poi accolta dal ministro, ndr) «che oltre oltre al premio alla città vincitrice si integri il bando con un riconoscimento anche alle altre finaliste». Complimenti all’Aquila, «ma anche a tutte le città arrivate in finale – commenta Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, capitale italiana della cultura 2024 -. Avete fatto un grandissimo lavoro di programmazione e progettazione per il territorio. A Pesaro stiamo vivendo questa bellissima esperienza da alcuni mesi e vi posso assicurare che è esaltante». Pur unendosi al coro di congratulazioni per l’Aquila delle altre città finaliste, il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad, sottolinea polemicamente che l’esperienza della Capitale della cultura «ci ha mostrato anche il lato peggiore e ahimè radicato del nostro Paese, con quella catena di invasioni di campo preventive scomposte anche da parte di chi dovrebbe essere super partes e poi di illazioni e di ombre che hanno velato la coda finale di quella che per i territori candidati non è una semplice competizione». «
È la regola del sospetto a cui neanche questa partita si è potuta sottrarre», aggiunge il primo cittadino di Rimini, che nei giorni scorsi aveva sottolineato come la corsa a Capitale italiana della cultura 2026 fosse finita a suo giudizio «nel frullatore delle elezioni regionali» in Abruzzo.